Il Godzilla che non ce l’ha fatta: RAVAGER – The Third Attack

Alla fine è accaduto ciò in cui speravo; nei Ravager hanno sensibilmente prevalso le origini. Due anni fa li descrissi come tedeschi che giocavano a voler fare gli americani, con un estratto degli Exodus più violenti spinto un po’ a forza in un contesto velatamente tedesco. Ma perché un contesto tedesco dovrebbe mai esser velato, se è la band stessa ad essere tedesca? Venvia.
Parto da un presupposto: un tedesco che fa thrash metal non riuscirà mai a nascondere che proviene da lì, che si tratti di Bassa Sassonia, della regione della Ruhr o del cazzo che vi pare a voi. Sarà un tedesco che suona thrash tedesco, in tutto e per tutto. Non ho ben capito se in Thrashletics il fattore Bay Area costituisse un gradevole elemento di spicco oppure un vero e proprio disturbo, unito a quella sfacciata copertina in stile Ed Repka ritraente una sorta di Godzilla affetto da un notevole ritardo mentale, inseguito, a scopo presumo precauzionale, da svariati elicotteri e cacciabombardieri.
I Ravager ritornano nel 2021 con The Third Attack, un titolo tutt’altro che brillante, ma perlomeno non del tutto citazionista come i due precedenti. Ritorna anche Godzilla, che stavolta ha invaso un pianeta lontano dove si diletta a tirar giù le astronavi con una catena, vestito di merda e tallonato da truppe che presumibilmente non risolveranno il problema, andando presto incontro all’estinzione. La cosa mi ha ricordato il terzo e mai nato capitolo di Machete.
Il salto di qualità c’è e glielo fa fare il cantante, non certo l’obbrobriosa mascotte. Philip Herbst è una vera e propria forza della natura, nonché il chiaro segnale della spavalda cruccaggine a tutto tondo che pervade il sound dei Ravager in questo loro terzo atto discografico. Il ricordo sbiadito di un giovane cantante sguaiato, urlante, e direi scarsamente efficace, resta legato a quel poco convincente Eradicate… Annihilate… Exterminate, pubblicato quattro anni orsono, quando la mascotte della band altro non era che una sveglia vecchio stampo che comandava le esplosioni, già vista, oltre che nell’LP di debutto, anche nel precedente EP Alarm Clock Terror. Due quinti della line-up avevano appena raccolto i cocci di una scarsamente longeva formazione locale, gli Excavator, un nome che rasentava la perfezione e che fu lasciato lì a marcire come l’esplosiva sveglia un paio d’anni più tardi. Era un periodo incerto per i Ravager.
Oggi, grazie a Philip Herbst, la band ha la possibilità di ambire a un livello successivo che non sarà mai equivalente allo status di band di punta del fenomeno retro-thrash a cui ormai assistiamo da più di due lustri. Ma sapranno certamente distinguersi. Philip ha plasmato (e vagamente imitato) uno stile canoro paragonabile al Mille Petrozza che lanciò indimenticabili inni in Extreme Aggression e Coma of Souls, ed emblematico è – in tal senso – il break centrale di Back to the Real World, forse la miglior canzone dell’intero lotto.
I riff americani non sono del tutto scomparsi, ma il mood impostato dai Ravager ci appare oggi una versione più aggressiva e velocizzata del thrash melodico eppur possente di Coma of Souls, piuttosto che di quello asciutto e ricercato dell’album precedente di Petrozza e soci, con un fattore americano comunque più limitato rispetto a quello percepibile in gemme nazionali quali Agent Orange o Interstellar Experience rispettivamente di Sodom e Assassin. I Ravager sono tedeschi e finalmente se ne vantano: mettete su la title track per assistere definitivamente alla loro svolta.
Non mancano alcuni elementi di spicco. In Beyond Reality viene citato alla lontana Renewal e la sua atmosfera decadente; in Destroyer si innalza il minutaggio come già avvenuto con Slaughter of Innocents dal precedente album, e i risultati sono incoraggianti in virtù di un ottimo ritornello e di un dinamismo incalzante.
Non credo affatto che i Ravager saranno il nuovo fenomeno thrash metal degli anni Venti; come più volte ribadito, se dovessi fare un solo nome farei quello degli Hazzerd, miei personalissimi pupilli nei quali credo ciecamente. Sono però convinto che la parabola dei tedeschi vada in senso crescente da ormai quattro anni e tre dischi, una statistica non eclatante ma neppure così insignificante da poterla ignorare. The Third Attack, con la speranza che si cambi al più presto mascotte, è certamente il loro miglior lavoro e se siete alla ricerca di un thrash metal melodico meno chitarristico rispetto a quello degli Hazzerd, e meno classico rispetto a quello degli ultimi Flotsam & Jetsam, ma aggressivo, teutonico, zuppo di birra fino al midollo, allora concedetegli una chance. (Marco Belardi)