I MUST MAKE WAR: dieci pezzi per andare a fare la guerra

Ottemperare ad una missione più alta e più grande di noi stessi, in adempimento al dovere morale di instradare lungo sicuri sentieri le coscienze di chi ci segue e ripone in noi la sua fiducia, è il nostro primario obiettivo. Consacriamo la massima diligenza nel soddisfare quei bisogni immateriali ed inespressi che turbano le vite dei nostri lettori nella loro quotidiana lotta. Per questo motivo ci pregiammo di offrirvi una guida esaustiva ai dieci dischi spaccosi per spaccarsi in palestra ( e parte) e vi insegnammo come districarvi nel mare magnum del metallo pesante segnalandovi le dieci canzoni che ogni metallaro che si rispetti dovrebbe conoscere a memoria, esautorandovi dall’improbo compito. Quello strano della brigata, addirittura, ritenne opportuno stilare una lista di cinque dischi da ascoltare mentre si va a pescare, perché pensava che potesse tornarvi utile un giorno, ma vai a capire cosa succede nella testa di un toscano e chissà se lo scopriremo mai. Consapevoli, dunque, della responsabilità che ciò comporta, anche in termini di aspettative sempre più alte da parte vostra, abbiamo studiato, approfondito e duramente lavorato per presentarvi un vademecum definitivo sui dieci pezzi guerrafondai per andare a fare la guerra.

Il tetto è già in fiamme. Iniziamo.

10. PRIMO VICTORIA. E iniziare dai Sabaton è abbastanza d’obbligo. Amatissimi autori dell’immortale Gott Mit Uns (che, per inciso, parla della battaglia di Breitenfeld combattuta nel 1613 tra i protestanti guidati dal Re di Svezia, Gustavo Adolfo, e le armate cattoliche), brano ispiratore del motto più bello di tutti i tempi: GOAT MIT UNS. Ahimè, non tutti i miei compari di blog condividono questa irrazionale passione per Brodén e soci, chissà perché: forse provano a razionalizzarli e ciò non ha senso. Ci sono dei gruppi, tipo i Sabaton o i Powerwolf, che vanno presi così come sono, visti e piaciuti. Il mio problema, adesso, era quello di scegliere il brano più rappresentativo tra un centinaio di pezzi che trattano di questo o di quell’evento bellico. Inizialmente avevo optato per To Hell and Back perché ispirato all’omonimo libro autobiografico di Audie Leon Murphy, pluridecorato soldato americano, e alla sua partecipazione allo sbarco degli Alleati sulle spiagge a nord e a sud di Anzio (a proposito, nella riserva militare di Torre Astura se scavate venti centimetri nella sabbia rischiate ancora oggi di trovare proiettili ed elmetti risalenti al ’44). Ma dopo aver intonato per l’ennesima volta l’immortale inno CROSSES GROW ON ANZIOOO, ha prevalso La vittoria prima di tutto anche perché mi era tornata a mente dopo aver rivisto, dopo anni, l’epico Prima Vittoria (In Harm’s Way) con John Wayne e Kirk Douglas, film ambientato nei momenti successivi l’attacco di Pear Harbour. Il pezzo dei Sabaton, invece, racconta i momenti precedenti lo sbarco ad Omaha Beach vissuti in prima persona da un soldato di fanteria che sta prendendo parte all’Operazione Overlord. Ad ulteriore conferma della grandezza dei Sabaton, sappiate che in febbraio è stato inaugurato un nuovo canale Youtube, il Sabaton History Channel, dove ogni settimana viene caricato un nuovo episodio che racconta una delle tante storie che ispirano i loro pezzi, col supporto di studiosi, di storici e di tanto metallo. E niente, sto imparando tante belle cose violente di guerra grazie ai Sabaton che prima non sapevo.

THROUGH THE GATES OF HELL, AS WE MAKE OUR WAY TO HEAVEN
THROUGH THE NAZI LINES
PRIMO VICTORIA

9. DAGOR BRAGOLLACH. Il Beleriand era già stato sconquassato da violente battaglie allorquando l’Oscuro Signore Morgoth, rinchiuso nella prigione di ferro di Angband, riuscì a spezzare il secolare assedio dei Noldor vomitando fuori dalle Thangorodrim orchi e balrog, guidati dal feroce Gothmog, e riversando sulla pianura di Ard-galen fiamme e fiumi di fuoco che bruciarono vivi elfi e uomini beoriani. Scatenò anche il malvagio Glaurung, padre dei draghi, mettendo in fuga i figli di Fëanor, distrusse i loro reami e segnò il suo completo trionfo sulle terre del Nord.

IN THE YEAR 455 IT BEGAN THE BATTLE OF RAPID FIRE

8. HOLY WARS… THE PUNISHMENT DUE. Avevo pensato a Take No Prisoners ma poi mi sono ricordato che non sono mai stato in grado di apprezzarla più di tanto a causa di quella voce da paperino troppo evidente in un pezzo dove è il testo, un bel testo, a prevalere sulla forma canzone. Holy Wars è invece idonea per l’occasione, con quella smitragliata iniziale velocissima, intricatissima, sebbene concettualmente sarebbe sbagliato inserirla nell’elenco in quanto trattasi fondamentalmente di un brano pacifista (il titolo stesso dell’album deriva da una frase che Dave aveva letto da qualche parte e che, se la memoria non mi inganna, faceva più o meno may all your nuclear weapons rust in peace) ed è pure musicalmente un bel guazzabuglio, che prosegue con quel bridge acustico che non ci azzecca apparentemente niente e poi si svolge in un altro modo ancora. Come noto, il pezzo parla per la prima metà del conflitto israelo-palestinese e nella seconda di altro (una specie di dedica al personaggio dei fumetti Il Punitore). Ma la cosa più divertente è la storiella intorno alla scrittura di questo pezzo che narra di un Dave Mustaine in trasferta in Irlanda: vede dei tizi che vendono magliette dei Megadeth non ufficiali, sbrocca e va per fargli chiudere bottega ma gli viene detto che, hey, il ricavato è destinato alla Causa, quale causa fa lui, totalmente all’oscuro di tutto quello che succede fuori dal suo steccato come ogni buon americano che si rispetti, ma come quale, finanziare l’IRA, no? E niente, se ne torna a casa e scrive uno dei pezzi sulla guerra più belli mai scritti, quindi qui in mezzo ci doveva stare per forza, anche perché se non era per il conflitto nordirlandese non stavamo qui a parlarne.

DO YOU KILL ON GOD’S COMMAND?

7. A GRAND DECLARATION OF WAR. Regoliamo l’alzo a 0, prendiamo la mira e facciamo fuoco. La sparo? Ok, la sparo: la carriera dei Mayhem poteva pure finire qui. Ma sì, insomma, alla fine questo è l’unico disco che ha reso interessante il loro secondo corso. Dopo di questo solo grandi rotture di palle.

WE DECLARE NOT PEACE BUT WAR

6. SEEK & DESTROY. Sempre a proposito di Paolino “Dave” Paperino, ricordiamo che qui ci suonava lui, ricordiamoglielo sempre. Dichiaro di averci messo i Metallica solo perché sennò poi qualcuno mi critica che non ci avevo messo i Metallica. For Whom the Bell Tolls e Disposable Heroes, tutto sommato, hanno un testo un po’ sfigatello, ‘che la prima, tratta dal noto libro (lo devo dire sennò poi qualcuno mi riprende perché non hai detto che è tratta dal noto libro?), parla di soldati che scappano dai fascisti e che fanno pure una brutta fine, mentre l’altra è di fatto una critica al concetto di guerra che è proprio l’opposto di quello che andiamo sostenendo qui. Allora, se proprio ci devo mettere i Metallica vado a pescare da No Life ‘til Leather e al primo pezzo (se non ricordo male) mai registrato dai ‘Tallica, che è anche uno dei miei preferiti in assoluto e uno dei più tamarri che abbiamo mai composto. Quando i californiani erano ancora cattivi e buzzurri e non dovevano stare appresso agli eventi benefici vestiti in giacca e cravatta ma pensavano solo a scrivere grandi canzoni nelle quali minacciavano di morte i loro nemici.

DON’T TRY RUNNING AWAY `CAUSE YOU’RE THE ONE WE WILL FIND

5. V. Ci ho messo i Megadeth, ci ho messo i Metallica, dunque scordatevi gli Slayer e gli Iron Maiden, anzi beccatevi gli Spite Extreme Wing. Bisogna avere il coraggio delle proprie idee e dire una volta per tutte come stanno realmente le cose, affermando una verità incontrovertibile: gli Spite Extreme Wing sono stati la migliore band black metal italiana di sempre. Siamo tutti d’accordo?

RIMBOMBA L’OBICE NEL CIEL DI GORIZIA

4. HEATHENPRIDE. Nel caso in cui voleste muovere guerra ai cristiani, infami, usurpatori ed invasori, nulla di meglio di questa dichiarazione di orgoglio pagano e di feroci intenti di vendetta, tratta direttamente dalle sacre scritture di Odino, tradotte in linguaggio a noi comprensibile dai mai troppo lodati Falkenbach.

REVENGE!!!

3. TOTAL WAR – WINTER WAR. Arrivati a questo punto è come tirare la proverbiale monetina in aria, o scegliere la pagliuzza dal mazzo: un pezzo qualsiasi da M-16 o da Massive Killing Capacity poteva andare benissimo, come pure la War di Bathory o l’omonima dei Sepultura. E invece, cari i miei fomentatori di odio, la scelta è caduta sugli Impaled Nazarene perché arriva sempre un momento nella giornata in cui avverti una certa impellenza, un bisogno irrefrenabile, una necessità che ti impedisce di fare altro e ti distrai, perdi la concentrazione perché devi fare quella cosa e non riesci a pensare ad altro. Cosa sarà mai questa cosa se non quella di ammazzare qualche comunista? In questo delicatissimo pezzo gli ImpNaz ci ricordano come andò a finire la guerra del ’39 tra finlandesi e sovietici (over 200.000 communists dead, If they want a new war, this time will kill them all) che da una parte rappresentò un trionfo per Hitler (tanto a uscirne a pezzi fu la Finlandia), dall’altra l’inizio della sua fine, perché a seguito di questa vittoria pensò fosse affare relativamente semplice invadere l’Unione Sovietica.

DO YOU WANT TOTAL WAR? YES WE WANT TOTAL WAR!
DO YOU WANT FUCKING WAR? YES WE WANT FUCKING WAR!

2. TSAR BOMBA. E i russi non le mandavano di certo a dire. Infatti, come loro ci insegnano, è sempre bene menare per primo per menare due volte e un’arma termonucleare è il modo migliore per mettere le cose in chiaro da subito. Avrete presente più o meno il casino che fece la Little Boy a Hiroshima? Ecco, quisquilie e pinzillacchere in confronto alla Tsar Bomba, sobrio gingillo sovietico soprannominato anche Big Ivan, in onore al feroce Zar Ivan IV il Terribile. Il prototipo che fu fatto brillare nell’unico test del ’61 (in codesto remoto et ameno loco) sviluppò un inferno tremila volte più potente della nota bomba americana e considerate che si trattava solo di un modellino giocattolo dalla potenza ridotta del 100% rispetto al progetto iniziale. In un video didattico sul tubo ho appreso che l’onda d’urto, conseguenza della simpatica reazione a catena di fusione nucleare, fu avvertita 3 volte, cioè fece il giro del mondo tre volte. Anche i Necrophobic sono persone che non scherzano per niente e con Mark of the Necrogram suggellano uno dei picchi più alti toccati dal death metal svedese degli ultimi dieci anni, rendendo il massimo onore possibile a cotale sfoggio di megatoni col brano indubbiamente più cazzimmoso del 2018.

VANYA KUZKINA MAT

1. WARRIORS OF THE WORLD UNITED. Con cosa pensavate che potessi finire questa virulenta carrellata? No, seriamente. Un pezzo di un gruppo che la parola guerra addirittura la porta nel nome e che la ripete tipo in ogni testo innumerevoli volte non poteva mancare e i Manowar in generale non possono mai mancare in qualsiasi lista, elenco o classifica vogliate fare, in cadauno degli ambiti dell’umano sapere vi addentriate. Avrei potuto scegliere, che so, Shell Shock o Violence and Bloodshed, perché trattano della guerra in Vietnam (però, semmai poi ci facciamo uno spin-off in quanto quelli sono pezzi sul ritorno dalla guerra), ma poi ho pensato che avrei potuto anche scegliere un pezzo qualsiasi, perché in un modo o nell’altro tutti i pezzi dei Manowar sono buoni, a partire dalla scazzottata in birreria per finire al conflitto non convenzionale che prevede l’uso di armi di distruzione di massa. Nel merito ho optato per questa per due motivi: primo perché Warriors Of The World è sempre stato trattato come un disco di serie B e io invece lo trovo bellissimo, vaffanculo; secondo perché sono più di dieci anni che ormai usano questo brano verso la fine dei concerti a ribadire il valore ecumenico del messaggio guerrafondaio manowariano, che afferma di agire sempre con la stessa sacrosanta spietatezza nei confronti dei nemici del vero metal che cercano di ostacolarci in ogni modo, fuck you, fuck off, a morte, die!

BROTHERS EVERYWHERE RAISE YOU HANDS INTO THE AIR
WE’RE WARRIORS
WARRIORS OF THE WORLD

E come in ogni disco degli anni ’90 che si rispetti, abbiamo pure la ghost track, che lo so che ve la aspettavate. Ma questa si commenta da sola. (Charles)

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