Incantation/ Suicidal Causticity/ Vilemass @Circus club, Scandicci (FI) 18/05/2018

La sfiga si è abbattuta su di me come una scure dopo che, al termine di un’attesa durata anni, ero finalmente riuscito a vedermi dal vivo gli Incantation all’ennesimo passaggio per le terre toscane. In passato erano stati gli imprevisti dell’ultimo minuto e soprattutto la febbre a farmi desistere, stavolta si è messo di mezzo il computer. Il mio vecchio ASUS è imploso. Probabilmente ha ceduto il processore, dopo otto o nove anni di onorato servizio in cui mi aveva dato qualche avvisaglia solamente nel corso degli ultimi mesi, e lo ha fatto mentre mettevo a posto le foto di questa serata (una minima parte delle quali già riversata sul cellulare, il resto forse lo recupererò fra un po’ di tempo). In compenso mi ritrovo a scrivere di ieri sera su un portatile che mi sento totalmente impedito nell’utilizzare, come un anziano alle difficoltose prese con quei telefoni Brondi dai bottoni larghi diversi centimetri. Devo farcela, lo devo a Kyle Severn, il taglialegna.

La data non è andata per niente male: ero rimasto più scioccato ai Necrodeath,in occasione del cui concerto mi sarei aspettato un pubblico più folto, ma anche ieri sera è stato l’inizio a decollare troppo a rilento. A farne le spese i pugliesi Vilemass, che a locale praticamente vuoto si sono ritrovati a dover salire sul palco in un contesto che aveva l’aspetto della sala prove settimanale. A un certo punto mi sono girato e c’erano una trentina di persone: la cosa è però migliorata gradualmente, e chi era presente ha potuto godersi il loro death metal essenziale, debitore nei confronti dei Cannibal Corpse e di buona fattura. Semplici e dritte al punto le linee di batteria, nonostante il mixaggio ne penalizzasse non poco la cassa; ottimo il growl, e, se proprio devo trovare un difetto, probabilmente lo cercherei nella tranquillità con cui hanno tenuto il palco, quel palco su cui si sarebbe di lì a poco avvicendata gente a dir poco indemoniata. Ma li promuovo, specie per l’umiltà e la passione, ma anche per la stoffa . 

I Suicidal Causticity giocavano in casa, il che è un grosso punto a favore. Il locale si è nel frattempo riempito e agli strumenti fanno la comparsa membri, ed ex membri, di Sickening e Subhuman. Tengono il palco che è una bellezza, nonostante la prima impressione fosse stata quella dell’ennesimo gruppo all’insegna di un brutal death ottimamente suonato, ma a cui servirebbe un po’ più d’anima. E invece no: i brani hanno un bel tiro ed è come te li presentano, come cazzeggiano col pubblico spinti da un affiatamento corale da veterani, a farli funzionare doppiamente. Se capiteranno dalle vostre parti non perdeteveli a nessun costo.

E poi è successo che hanno suonato gli Incantation. Chuck Sherwood già gironzolava tra il pubblico mostrando fiero una maglietta del De Mysteriis DOM Sathanas, Sonny Lombardozzi è stupendo con la sua bandana ai limiti di un Tom G. Warrior con meno freddo alla testa, e poi John McEntee, che criticai ai limiti dell’ingratitudine per quando prese tutto sulle sue spalle in seguito alla perdita di Craig Pillard. Effettivamente sulle prime non fu un successore all’altezza, ma il tono che ha saputo conferire al gruppo negli anni recenti, e in particolar modo da Vanquish In Vengeance in poi, è in gran parte merito suo. Adesso ne ha il pieno controllo, e si vede, anche a livello vocale. E poi sul palco è una bestia, agita quei capelli grigi o biondi o solo lui sa come sono, e lo fa senza tregua tranne che per alzare le corna al cielo, bestemmiare in italiano all’esperto pubblico fiorentino, e cannoneggiare tutto e tutti a suon di vocalizzi dall’oltretomba. Idolo. Ma il mio pallino è Kyle Severn, uno di quei batteristi (parlavamo giusto poco fa dei Cannibal Corpse) che trattano la batteria come se tagliassero la legna e senza pensare troppo a quali filler o arrangiamenti tirar fuori per l’occasione. Ride per tutto il tempo, ha voglia di suonare, non è di certo qui per timbrare il cartellino e, quando hai gente così, tutto il resto ne risente al rialzo. La scaletta era più o meno quella romana: classici come Devoured Death intervallati dai pezzi fortunati del periodo meno fortunato, come Rotting With Your Christ o Decimate Christendom, assonanze con un unico comune denominatore sotto mira. E gli Incantation lo sanno, di essere nelle condizioni di scrivere album migliori che allora, e tu finisci per vivere il concerto di oggi non tanto come un tour promozionale ma come la celebrazione di un qualcosa che è uscito fuori davvero bene – così come immagino, possa essere stato per Dirge Of Elisyum. Da Lus Sepulcri passando per Messiah Nostrum e Rites Of The Locust, tutto quanto va a meraviglia e in direzione inferi. Tranne quando sono uscito per un minuto scarso, perdendomi l’attacco di The Ibex Moon che in sostanza era anche il pezzo che attendevo maggiormente. Menzione d’onore anche ad un pubblico sufficientemente numeroso che ha partecipato con grinta e risposto ad armi comunque impari ad un gruppo che, a praticamente trent’anni dal suo debutto, continua a sputare fuoco. (Marco Belardi)

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