Avere vent’anni: RAMMSTEIN – Sehnsucht

Trainspotting: A differenza del miserabile Belardi, e di tanti altri che la pensano come lui, io non identifico i Rammstein negli album a partire da Mutter, che peraltro per me è anche il loro peggiore. Per me i capolavori dei Rammstein sono i primi due; e so che nella recensione di Herzeleid ho scritto che quello era il mio preferito, ma è il classico caso di dischi talmente belli che non saprei davvero quale scegliere. Sehnsucht fu un fulmine a ciel sereno perché con quella cassa battente rappresentava una versione socialmente accettabile di quella mia perversione musicale di cui ho parlato qui ma sulla quale, per ovvi motivi di decenza, non amo soffermarmi. Insomma in Sehnsucht i berlinesi erano ancora belli ruspanti, senza troppe leccature e senza che dovessero ancora dimostrare niente a nessuno; potevano incidere una serie di pezzi il cui ritmo era semplicemente TUM TUM TUM TUM TUM TUM con un riffone stritolaossa sotto, con tanti saluti al ritornello da passare sulle radio rock e alle velleità da gruppo raffinato e avanti per far sentire meno in colpa il metallaro che non voleva passare per traditore del sacro fuoco della fede dell’acciaio. Sehnsucht è anche il disco in cui i Rammstein giocano più evidentemente con una certa estetica che-non-può-essere-nominata, a metà tra l’immaginario neofolk/postindustriale, le discoteche techno berlinesi nei capannoni sovietici e Ilsa la belva delle SS, probabilmente sapendo che oltreconfine già l’uso del tedesco in sé dà un’impressione di ambiguità; comunque: i muscoli, il testosterone, la marzialità, i vestiti anni ’30, buck dich!, il video di Du Hast eccetera. Senza neanche voler scendere nell’ovvietà e citare il video della meravigliosa cover di Stripped, interamente composto da spezzoni dell’Apoteosi di Olimpia di Leni Riefenstahl. Il tutto concorre a rendere Sehnsucht un capolavoro assurdo, al livello del precedente Herzeleid – che era più vario e libero ma aveva qualche calo, a differenza di questo, più quadrato e in cui non c’è una nota fuori posto. Anche David Lynch lo ha recentemente omaggiato, lui che già aveva inserito due pezzi di Herzeleid in Strade perdutefischiettando il giro di Engel in una puntata della nuova stagione di Twin Peaks. Peraltro ora che l’ho riascoltato ho la sensazione che non se ne andrà molto presto dalla mia autoradio.

Marco Belardi: Affermare all’uscita di Sehnsucht che ti piacevano i Rammstein era una cosa che poteva fare incazzare qualcuno. Sebbene all’epoca la gente impazzisse per i Prodigy e i Chemical Brothers, ed era non a caso il periodo di Block Rockin’ Beats e Breathe, ricordo di avere avuto ai tempi delle scuole superiori accesi diverbi con fruitori di musica ben più leggera, come i Gamma Ray o tutto ciò che nel mio immaginario è appeso in maniera meticolosa nella cameretta di Cesare Carrozzi. Il concetto delle discussioni riguardava ciò che era possibile ascoltare -o non- se ti consideravi un metallaro. Era un fenomeno tipico di quel periodo e che più avanti per fortuna è un po’ scomparso o perlomeno scemato, fattostà che i metalhead hanno iniziato ad accettare i Rammstein soprattutto da Mutter in poi, quando si stava palesando il fatto che si sarebbero affermati come una delle band più importanti del nuovo decennio. 

Ammetto che Herzeleid non mi ha mai fatto impazzire. È troppo acerbo per una band che fa dell’impeccabilità del suo stile marziale il punto di forza assoluto. Sehnsucht fu invece una di quelle cose che in parte ripudiai di primo acchito, per poi venire totalmente digerito dalla sua incontenibile tamarraggine. È un disco che funziona, ma non ci vedo -ancora per poco- i Rammstein all’ apice della carriera, inteso come livello di qualità raggiunto e non di fama. La verità è che Till Lindemann era nettamente migliorato come vocalist, la band aveva reso maggiormente quadrato ed efficace lo stile danzereccio ereditato palesemente dagli OOMPH! e i singoli iniziavano a comparire con merito. Du Hast ed Engel, ancora oggi considerati due dei principali cavalli da battaglia della band tedesca, qua erano affiancati da pezzi di ottima fattura come i brani che rispettivamente aprono e chiudono Sehnsucht (in Küss Mich si intravede chiaramente il modello chitarristico tipico dei lavori seguenti) o la trasgressiva e potente Bück Dich, posta al centro di una tracklist non priva di cali di tensione.

In linea di massima ciò che fa fare il vero e proprio salto di qualità a Sehnsucht è l’ispirazione delle sue parti elettroniche, e ciò accade soprattutto in occasione dei due celebri singoli. Sono esattamente quelle ad entrarti con immediatezza nella testa, mentre in seguito saranno soprattutto i riff. Per il resto, la sensazione che i lavori fossero ancora relativamente in corso è forte, e sarà come detto il successivo Mutter a delineare verso la perfezione lo stile dei Rammstein: chitarroni di stampo heavy/thrash freddi, ripetitivi e pesanti. Industrial Metal con una componente elettronica sensibilmente ridotta ma ancora importante, e strutture ridotte all’osso per una migliore fruibilità on stage. Ne gioverà il numero dei singoli e con esso la qualità generale del lavoro: Mutter è il capolavoro assoluto della band tedesca e non verrà mai eguagliato; qua c’era ancora della strada da percorrere, perché anche se in molti hanno criticato il corso easy listening intrapreso dai crucchi e palesato specialmente in Reise Reise, questi hanno a mio avviso dato il meglio di sé proprio optando per la semplicità assoluta.

Il Messicano: I Rammstein sono un gruppetto del cazzo, una banducola da quattro soldi, degli scalzacani crucchi senza né arte né parte. Questo sono i Rammstein. Chiaro? Chi è che ha una passione smisurata per questo gruppo? Le puttanelle dementi che non capiscono niente di musica (ma solo di cazzi e sperma nelle orecchie, che è cosa buona e giusta), i mentecatti che li alternano a Grignani o all’indie italiano, le tardone innamorate di quello scemo che canta, gli infami da questura, la gente col q.i. basso e altri fenomeni da circo moldavo vari ed eventuali. Hanno avuto un gran culo questi qua. Grandissimo. Hanno preso un po’ (parecchio) dai loro connazionali KMFDM, qualcosa dai Ministry, cazzi, mazzi ed eccoli qua: milioni di copie e vaffanculo, in particolar modo con questo disco. Ma poi alla fine sono anche carini, eh. Prendiamo questo disco: se lo ascolti una volta ogni cinque anni, per dire, non è nemmeno troppo male, ma poi basta. Ma che cazzo volete da me, dico io. ‘Sti Rammstein di merda.

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