XIX AGGLUTINATION @ Senise (PZ), 10.08.2013

Agglutination20133Doveva essere una specie di meeting di Metal Skunk, ma alla fine l’unico del blog a presenziare sono stato io. Ciccio Russo e Charles Buscemi, in verità, hanno avvertito con largo anticipo della propria assenza, e nulla si può loro contestare. Nunzio Lamonaca e Giovanni Pontolillo, al contrario, hanno semplicemente deciso di bidonare così alla vigliacca alle due di pomeriggio del giorno stesso, nonostante avessero confermato la loro presenza fino alla sera prima: per questo verranno ribaltati e gettati in un cassonetto della spazzatura da Charles, che su MS svolge anche il ruolo di raddrizzatorti ed esecutore materiale delle sentenze. Dunque i miei fidi compagni di macchinata sono sempre loro: Mancio e il Messicano, stolidi e storici compari di tanti Agglutination, che da ora saranno ufficialmente conosciuti come LI MEGGHIU MEGGHIU, e non mi sento in dovere di tradurre visto il contesto decisamente terronico di tutto l’insieme.

Siamo arrivati un po’ in ritardo per vari problemi, legati a questioni lavorative (è un mondo difficile), di sfighe meteorologiche e del fatto che ci hanno messo tre quarti d’ora a trovarmi l’accredito. Per cominciare un saluto obbligatorio va ai tre compari salentini amici di Mancio che prima di entrare ci hanno obbligato a giocare a una specie di padronanza (un gioco terrone con le carte napoletane il cui scopo è fondamentalmente bere tantissimo e in fretta) al bar fuori dal campo sportivo di Senise, gestito dalla signora Caterina la quale, dato che a causa del giochino ordinavamo due birre ogni cinque secondi, ci ha gentilmente offerto arachidi (vi porth le ara’kth”), noccioline (“nocc’l’n”) e olive piccanti (“ol’v pkknth”). A causa della padronanza ci siamo persi la fine del set degli ELDRITCH (che io mi sarei comunque perso dato che il mio accredito si era perso nel vuoto cosmico) ma davvero non potevamo rifiutare anche perché due dei compari salentini suonano nell’Impero Delle Ombre, gruppo figherrimo che peraltro Stefano Greco ha intervistato qui.

"Tu! Portaci quattro carbonare, veloce!"

“Tu! Portaci quattro carbonare, veloce!”

Quando entriamo hanno appena cominciato i MARDUK, che avevamo visto anche nell’edizione del 2004. Un pensiero va subito ai FOLKSTONE, con tutta probabilità il miglior gruppo folk metal italiano, che neanche questa volta sono riuscito a vedere; ma di loro parleremo alla fine dell’articolo, per vari motivi. Insomma, la band di Morgan Hakansson ha suonato bene, come al solito: Mortuus è ormai rodatissimo, e ha definitivamente smesso l’abito grim & frostbitten che si era portato dietro dai tempi dei Funeral Mist (assolutamente da recuperare, quantomeno Salvation). Ora anche lui si è adattato all’atmosfera caciarona e pastasciuttara dei Marduk, nonostante non potrà mai essere al livello di tamarraggine del mitologico Legion (che Belzebù lo abbia sempre in gloria). I momenti più alti sono comunque nei pezzi dei vecchi dischi, veri e propri inni black metal per degli ipotetici scaricatori di porto col vizietto del face painting. Parliamo di pietre miliari del black svedese a bassa scolarizzazione tipo Slay the Nazarene, Christraping Black Metal, With Satan and Victorious Weapons, 502, fino alla vecchia Materialized in Stone (da Opus Nocturne), l’unico pezzo realmente atmosferico e, diciamo, serio dei citati.

Gli STRATOVARIUS sono un bel pezzo della mia adolescenza. Peraltro hanno cominciato a fare schifo più o meno quando dall’adolescenza ci sono uscito, pure se recentemente si sono rimessi in carreggiata. Gli Strato sono stati il mio secondo concerto metal in assoluto: era il 1998, avevo sedici anni e mi feci cinquecento chilometri per vederli insieme ai Rhapsody e ai Sonata Arctica. Adesso, come ho già detto, ormai degli Stratovarius gli è rimasto solo il nome, ma va bene lo stesso. Interpretano la cosa nel modo migliore possibile, e cioè divertendosi e divertendo, senza prendersi troppo sul serio; del resto, se suoni power metal di questo tipo nel 2013, o fai così oppure risulti un po’ grottesco, diciamo. 

i bivi della storia

i bivi della storia

Suonano bene, come di solito fanno tutti i gruppi finlandesi, e Timo Kotipelto (l’unico rimasto della formazione di fine anni novanta insieme a Jens Johansson) sopperisce al nettissimo calo di voce con l’esperienza e l’attitudine da animatore di villaggio Valtur. Stavo ad un banchetto dei cd ma quando è partita Speed of Light mi sono fiondato verso il palco rovesciando birra ovunque e strillando come un ragazzino scemo. Dell’ultimo disco ho riconosciuto Unbreakable, Fantasy e Halcyon Days; ma anche qui il meglio è arrivato chiaramente nelle varie Destiny, The Kiss of Judas, Black Diamond e Hunting High and Low, con cui hanno chiuso il concerto. Il power metal è una cosa bellissima, amici. Io sono stato tutto il tempo a saltellare, cantare ed essere felice, abbracciando sconosciuti con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia. Ho perso la voce per due giorni a causa loro. Una standing ovation al sindaco di Senise che ha detto una cosa tipo: “Vedendo il batterista degli Stratovarius mi sono innamorato di questo strumento”. HAIL a lui.

Non c’è molto da dire sugli OVERKILL se non che hanno tirato su uno dei migliori concerti che abbia mai visto. E ne ho visti decisamente parecchi, credetemi. Dovrei aprire il vocabolario dei sinonimi e usare tutte le parole del campo semantico di perfezione, devastazione e spaccamento di culo. Non li avevo mai visti prima (mi pare), ma da oggi saranno uno dei punti di riferimento positivi per giudicare tutti i concerti a venire.  Il suono è perfetto, avrei quasi il sospetto che avessero suonato in playback se non fosse che sono stati pure meglio che su disco. Non so che dire. Prescindendo dal fatto che uno sia un fanatico del thrash metal o meno, se non sei impazzito durante sto concerto non sei né metallaro né amico mio. Hanno suonato Rotten To The Core, Hello From The Gutter, Electric Rattlesnake, In Union We Stand, Save Yourself, Ironbound, pure Wrecking Crew, richiestissima dal Messicano che era seriamente intenzionato a coinvolgermi in un pestaggio durante la stessa, in omaggio agli dèi del metal e della birra del discount. Chiudono con Fuck You, che pure se è una cover ormai è come se l’avessero scritta loro. Non mi dilungo oltre perché certe volte c’è solo da stare zitti. Se volete sapere nel dettaglio come hanno suonato, mettete un loro disco nello stereo e pensate che è stato tre volte meglio di così.

IL METALLO

IL METALLO

Ora parliamo un po’ dell’organizzazione, nei suoi pro e contro. Sono anni che spendo parole di elogio per Gerardo Cafaro, perché uno che si ostina a far suonare i Cannibal Corpse, gli Stratovarius e i Dismember in Basilicata non può che meritare una statua in piazza. Ed è da quando esisteva ancora il Metal Shock cartaceo che non faccio altro che parlare bene dell’Agglutination, perché ritengo giusto farlo –del resto non mi sono mai fatto problemi a criticare ciò che ritengo debba essere criticato, anche quando questo ha comportato minacce di morte o di gambizzazione. Anche quest’anno ribadisco che il vedere tre gruppi del genere nel profondo Sud Italia è una cosa grande; ma non solo. Il prezzo del biglietto, 30 euro, è abbastanza popolare, così come il prezzo ridicolo della birra (3,50 euro, roba che forse neanche più al Forte Prenestino a Roma durante i concerti grindcore cecoslovacchi). La struttura del palco poi era molto professionale, e i suoni, già buoni durante il resto del concerto, hanno sfiorato la perfezione durante gli Overkill. Ma, dopo quasi dieci anni che presenzio quasi sempre all’Agglutination, dispiace vedere che certe cose non accennano a migliorare, e quel che è peggio è che sono proprio le cose più stupide e semplici da migliorare.

Il mio amico Messicano insiste affinché io scriva che l’organizzazione del “contorno” è tipo sagra della salsiccia. Non sono d’accordo. Io sono salentino e qui le sagre le organizzano molto meglio, per certi versi. Non è assolutamente possibile che in un posto gigantesco come un campo sportivo ci siano 4 (quattro) bancarelle -perché chiamarle stand sarebbe veramente troppo. Al Traffic, che è un locale piccolo e al chiuso in cui entreranno 300 persone al massimo, ce n’è più o meno lo stesso numero. Così come è assurdo che la birra venga venduta solo in un banchetto, che per prendere un bicchiere a volte devi fare mezz’ora di fila. Poi vogliamo parlare del fatto che non ci si può sedere da nessuna parte? C’è lo spazio per parcheggiare un transatlantico e non si può mettere, che so, qualche panca di legno? Lo capite o no che è scomodissimo e stressantissimo e inumano costringere la gente a stare in piedi per ore? Se non ci sono i soldi per raccattare un centinaio di panche di legno allora fatelo su un prato ‘sto concerto, così quantomeno ci sediamo per terra. Perché ai tempi di Chiaromonte, quando si faceva nel cortile di quella scuola media, non c’era proprio spazio per sedersi manco per terra; qui a Senise, così come a Sant’Arcangelo, c’è solo polvere e terra battuta, e sul serio è impossibile pretendere di farci stare seduti per terra (infatti non lo fa nessuno). E no, gli spalti di cemento a duecento metri dal palco non contano. Sembra quasi che sia tutto fatto per farci un favore, quando in realtà 30 euro sarebbero sì un buon prezzo, ma se i servizi offerti fossero diversi. Non voglio parlare della cronica mancanza di un’area campeggio perché non mi va di infierire, dato che sono terrone pure io; però un giorno spero che lo capiscano che, se vuoi fare un festival in un posto così sperduto, il fatto che non ci sia un campeggio scoraggi molta ma molta ma molta gente. È la storica mancanza di senso manageriale di noi meridionali, che fa in modo -per esempio- che la gente vada a Rimini dove il mare fa schifo ma è tutto organizzatissimo piuttosto che in certi posti del litorale calabrese, in cui sembra di stare alle Maldive ma la settimana di Ferragosto è tutto chiuso e non trovi una bottiglietta d’acqua manco a pagarla a peso d’oro.

Altra cosa: i bagni. D’accordo che in contesti del genere devi sempre turarti il naso e pregare la Madonna che non ti venga un attacco intestinale, ma c’è una soglia di civiltà a cui, nell’Occidente del 2013, uno tende ad essere abituato. Bisogna mettere almeno (almeno) venti bagni chimici. Qualsiasi opposizione o distinguo a questa cosa è inaccettabile. Non siamo bestiame, siamo persone. Non so se al centro di accoglienza per clandestini di Lampedusa si arrivi a questi livelli. Qua è roba veramente da far venire la Boldrini a fare la faccia indignata. È una questione di civiltà, dignità e rispetto.

"Porta pazienza figliolo, fra cinque ore potrai finalmente andare in bagno"

“Porta pazienza figliolo, fra cinque ore potrai finalmente andare in bagno”

E inoltre: quando si entra, non si può più uscire. Se vuoi rientrare, devi pagare il biglietto. Questa cosa è ridicola. Io presenzio mediamente a quattro-cinque concerti al mese, e tra i pochissimi posti in cui c’è tuttora quest’anomalia rimane l’Agglutination. Un esempio scemo: quando il festival è cominciato faceva piuttosto caldo; verso la fine, essendo il posto in collina, faceva freddino. Se uno vuole prendere la felpa in macchina, non può; a meno di pagare di nuovo 30 euro. È pure un po’ da stupidi, perché c’è un sacco di gente che scavalca (ed è quasi comprensibile, a ‘ste condizioni, perché la mancanza di rispetto chiama mancanza di rispetto), ma se dessero un braccialetto all’entrata il problema si risolverebbe alla radice. Ripeto, è ridicolo. Se mi scordo le sigarette in macchina? Gli occhiali da sole? Il portafoglio? Ci vuole tanto a mettere non dico un braccialettino di carta (del costo, immagino, di un centesimo ciascuno), ma un timbro, come fanno in ogni luogo del pianeta? C’è gente che viene dalla Sicilia, e se si scorda i soldi in macchina rimane intrappolata dentro. È assurdo che il palco sia perfetto, i suoni siano perfetti, che presumibilmente si facciano i salti mortali per far venire a far suonare gli Overkill in Basilicata (cose per le quali, lo ripeto da dieci anni, a Gerardo andrebbe fatta una statua in ogni piazza da Pescara in giù) e poi non ci si sappia organizzare manco per mettere un timbro sulla mano. Non mi interessa se succede anche in altri posti. Nella maggior parte dei posti NON succede così, e comunque uno deve tendere sempre a migliorare, non a giustificarsi prendendo come esempio punti di riferimento negativi. Perché altrimenti la prossima volta fate venire la polizia a manganellarci in testa e dite che in Russia succede così.

Parlavamo prima dei Folkstone: i Folkstone sono da anni tra gli organizzatori del Fosch Fest, un festival completamente opposto all’Agglutination: gruppi piccoli e acustica di merda, ma un’organizzazione perfetta che neanche in Germania; e soprattutto vieni trattato con profondissima dignità e rispetto, non come un ebreo nei treni piombati del Terzo Reich. Nel report del Fosch linkato poco sopra ho scritto tutto nel dettaglio, non ho altro da dire. L’anno prossimo tenterò di presenziare sia a uno che all’altro, sperando che a Bergamo ci siano dei suoni decenti e che in Basilicata la gente venga trattata come si conviene. Consiglio agli organizzatori dell’Agglutination di fare un salto al Fosch per capire come si organizza un festival, e a quelli del Fosch di chiamare qualche tecnico del suono dell’Agglutination in modo tale che la prossima volta riusciamo a distinguere gli strumenti. Penso di potermi permettere di fare queste critiche perché per dieci anni ho parlato solo dei lati positivi del festival, che ci sono e sono tantissimi; nonostante la gente mi abbia sempre detto e scritto che sono troppo buono con l’organizzazione, accusandomi anche di essere “troppo amico”. Io non sono amico di nessuno: sono solo uno che si rende conto che organizzare un festival del genere in Basilicata è eroico, ma che proprio per questo non ci vuole niente a migliorare questi dettagli. Perché questa è la cosa che fa incazzare: sono dettagli. La cosa difficile, al limite dell’eroismo, è tenere in piedi un festival del genere da vent’anni, non certo installare qualche bagno chimico o buttare da qualche parte un centinaio di panche di legno. Si prendano queste mie righe come uno stimolo a migliorare da parte di un estimatore di vecchia data, in vista del ventesimo anniversario a cui invito tutti a partecipare. Comunque sia, la bilancia pende sempre dalla parte di Gerardo Cafaro, quindi lunga vita all’Agglutination Festival. (Roberto ‘Trainspotting’ Bargone)

9 commenti

  • Come al solito perfetto live report, peccato ti sia perso i Folkstone, hanno fatto un grande spettacolo!
    Due cosuccie: l’aggettivo per descrivere gli Overkill, dopo la seconda volta che li vedo, non esiste. “Overkill” è l’aggettivo giusto, a indicare il concerto perfetto, la resa dal vivo che tutti quanti vorremmo da un gruppo metal. Io durante rotten to the core avevo le lacrime agli occhi tale era la potenza che veniva dal palco. Immensi.
    Sull’organizzazione ti do mille volte ragione, ma il problema è che secondo me servono forze fresche. Gerardo c’ha una certa età, non puoi pensare che si metta a fare ogni anno i salti mortali. Servono forze fresche. Senti questa intervista, lo dice pure lui stesso che non ce la fa più. http://www.youtube.com/watch?v=-OeR1xeruEo

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  • Capitan Impallo

    Sta faccenda che non ti danno il timbro per uscire e rientrare è seriamente ridicola, gli unici altri posti in cui l’ho vista sono i locali della riviera romagnola tipo il Vidia e il Rockplanet, e MAI MAI MAI la capirò

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    • In pratica da ciò che ne è uscito dalle discussioni su facebook, dove sono intervenuti anche alcuni organizzatori, non era permesso uscire perchè in questo modo tu non potevi andare a mangiare e bere al conad o al bar vicino…della serie che quest’anno il concetto dell’agglutination era del tipo ” non ci indebitiamo solo se abbiamo un tot di paganti che oltre ai 30 di biglietto si sparano 15 euro minimo al bar e si comprano anche la maglia!”

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  • Queste pecche sono esattamente il motivo per cui uno poi va ai festival all’estero. Sono appena tornato dal Brutal Assault, a 130 km da Praga: convenzione con le ferrovie per arrivarci (biglietto a prezzi scontati poi validato al festival), braccialetti di tessuto praticamente infrangibili per entrare e uscire in ogni momento, bagni chimici svuotati periodicamente, stand gastronomici di ogni tipo e cibo a prezzi iperpopolari (4€ per pasto e birra), birra spillata in continuazione (e deposito di soldi per il bicchiere, restituito al banco ogni volta che se ne ordinava una nuova e ritornato a fine festival dietro rifusione del deposito), pagamento con “gettoni” di carta, comprati nell’apposito stand, così da evitare problemi ogni volta coi soldi. Un centinaio di gruppi per 71 euro. Magari gli organizzatori italiani dovrebbero farsi un giro da quelle parti…

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  • come dice il buon roberto alla passione ed alla perseveranza di gerardo ci vorrebbero anche una buona gestione di tutto il contorno, altrimenti tutti gli sforzi fatti andranno dispersi; noi speriamo che il prossimo anno il festival si faccia per festeggiare insieme i 20 anni con un grande bill e con una grande organizzazione; sicuramente l’idea di non focalizzarsi soltanto a chiaromonte ma spostarsi in altri paesi della basilicata può offrire altre soluzioni. sicuramente non bisogna lasciare da solo gerardo e tutti i ragazzi che con fatica si impegnano nell’arco dell’anno per organizzare tutto ciò.

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  • Segnalo questo articolo, per il bene del metallo spero che Gerardo ci ripensi o venga aiutato concretamente…
    http://www.soundsblog.it/post/202127/agglutination-metal-festival-addio-con-amarezza

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