UFOMAMMUT – Oro: Opus Primum (Neurot)

Quando ascoltai Eve mi domandai come gli Ufomammut sarebbero riusciti ad andare ancora oltre. Perché l’unica cosa che potevano fare era andare ancora oltre. Idolum – dove i cambi di tono tra il chiaro e lo scuro, il pieno e il vuoto non erano ancora così dilatati – è ormai la Terra vista dalla luna ma, allo stesso tempo, questa opera scissa in due album (quello che recensiamo qua con ritardo indifendibile – ma se si apprezza ‘sto genere di musica di solito si hanno pure gli stessi ritmi – e Oro: Opus Alter, che vedrà la luce a settembre) è la sola prosecuzione immaginabile del percorso iniziato dal trio di Tortona con i due platter precedenti, che li hanno sospinti verso sonorità sempre più inesorabili e siderali.

Opus Primum, che segna lo sbarco dei piemontesi volanti sulla Neurot di monsieur Steve Von Till, è una buona applicazione del teorema dei Misery Index elaborato da Nunzio. Ovvero, le band che fanno dell’estremizzazione di una materia sonora già complessa la loro cifra artistica principale giungono presto a un punto dove non è più possibile innovare tout-court e occorre quindi continuare a a cesellare, espandere, stupire con la pura qualità delle composizioni piuttosto che con la sperimentazione. O più semplicemente gli Ufomammut stanno continuando a fare ciò che riesce loro meglio nel modo migliore possibile. Cioè un heavy psych avvolgente ed estremamente suggestivo, che richiede numerosi ascolti per essere assimilato in ogni singola sfumatura ma che dal primo istante rapisce, turba, coinvolge e sconvolge con le sue atmosfere oniriche e surreali (per gustare appieno le quali è impossibile prescindere dal loro accompagnamento grafico e visuale, a cura, come ovvio, dell’incommensurabile Malleus), dotate di una complessità di riferimenti che continua a far sorgere in me parallelismi concettuali poco ortodossi con il più glorioso progressive italiano.

Per un giudizio (che brutta parola quando si parla di musica) più mirato voglio aspettare Opus Alter. Peregrinaggi nell’inconscio come Aureum e Mindomine si insinuano nel cervello in modo lento e sommesso e, salvo le fiammate di Infernatural, c’è poco spazio per le esplosioni di acidità e per i clangori chitarristici che avevano caratterizzato i climax di Idolum ed Eve. Sono elementi del sound degli Ufomammut che sono stati accantonati per abbracciare un approccio ancor più psichedelico o li ritroveremo protagonisti nel prossimo capitolo? Tra non molto avremo la risposta. Per ora ci basti una grandissima conferma da parte di una band che è ormai da un pezzo tra i migliori interpreti di questo genere sulla scena internazionale. Seriamente, se i Sunn O))) (che, diciamocelo, la maggior parte delle volte sono solo una gran rottura di palle) sono diventati una cult band trasversale stimata anche nei circuiti indie più altezzosi gli Ufomammut a ‘sto punto dovrebbero fare da headliner al prossimo Roadburn. Allacciate le cinture e bon voyage. (Ciccio Russo)

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