MOONSPELL – Alpha Noir/Omega White (Napalm)

Per essere una band longeva e molto produttiva i Moonspell hanno avuto relativamente pochi cambi di line-up. I membri storici delle prime formazioni sono ancora quasi tutti presenti. Ciò può significare che il gruppo è molto coeso, che negli anni le singole individualità si sono evolute parallelamente seguendo la stessa idea, che Ribeiro è un leader nato e come tale sa assecondare le volontà di tutti ma portando avanti il suo progetto. Il giusto elemento alchemico potrebbe essere rappresentato da una delle tre o forse da tutte insieme, non saprei, ma gli equilibri interni ad una band sono molto complessi. Ciò che deve interessare noi è il fatto che i portoghesi continuano a sfornare grandi quantità di musica senza mai incappare in una sconfitta, avendo alle spalle il peso e la responsabilità di album immensi ed “ingombranti” come Wolfheart ed Irreligious.

C’è qualcosa nell’aria di Lisbona che rende tutto molto relativo. L’ho visitata tre volte ed ogni singola volta ho percepito lo stesso senso diffuso di calma, tra la gente, negli esercizi commerciali, che contagia persino i turisti che di solito fremono di una smania di fare e vedere. L’ho percepito anche in altre città del Portogallo. Non so spiegarmelo se non come una presa di coscienza da parte dei portoghesi che il tempo scorre inesorabile, che la fine arriva per tutti, che tanto vale fare ciò che si desidera senza arrecare danno a nessuno perché nessuno vuole fotterti. Ognuno va avanti per conto suo. Fernando e i suoi vanno avanti per conto loro, manifestano le proprie idee liberamente, se ne fottono del mercato discografico, se ne fottono delle mode. Perché litigare fra di loro? Perché ammazzarsi per quattro denari che da morto non serviranno a farti tornare in vita? Seguono l’istinto e la ragione. L’istinto li portò a creare qualcosa di sublime come Wolfheart, la ragione consenti loro di costruire pezzo dopo pezzo il complicato impianto architettonico di Irreligious. L’istinto gli fece cambiare repentinamente traiettoria con Sin/Pecado, la ragione consigliò loro la tecnologia aggressiva di The Butterfly Effect. E ancora, l’istinto decise che era il momento del gothic senza-se-e-senza-ma di Darkness and Hope e la ragione calmierò la tentazione di perdersi definitivamente nell’oscurità formulando un “antidoto”.

Se ci fate caso la loro produzione è stata un percorso ad ostacoli fatto di altissimi, alti e bassi. Avrà influito in qualche modo il fardello che si portavano dietro? L’essersi fatti conoscere in quel modo, con squilli di trombe e al suono di tamburi? Sarà la tipica saudade portoghese, sarà quell’indefinito appoggiarsi alla vita senza forzarla e senza dare di matto, sarà il fatalismo, ma non percepisco nei fatti, nelle parole e nella musica, che essi ne abbiano sofferto particolarmente. Piccoli passi falsi, come potrebbe essere stato quello di Memorial, non pregiudicano nulla dell’aura di rispettabilità di cui sono circondati. Anche lì, alla fine si trattava semplicemente del desiderio istintivo di fare un disco black metal sparato punto-e-basta e di un assestamento ragionato intorno a qualcosa di più facilmente condivisibile dalla fan-base con Night Eternal.

Non vorrei farla più grossa di quanto sia in realtà ma ieri sera s-ragionavo sul percorso dei Moonspell e mi sono convinto che forse poteva essere andata così. Mi piace leggerla in questo modo, forse troppo semplificativo, come mi piace pensare che in fondo tale senso di continuità e di fatalismo sia stato colto anche da Ribeiro, che è molto sensibile al ragionamento astratto. Chissà magari un giorno lo incontro di nuovo e gli espongo la mia teoria. La volta scorsa ci siamo solo abbracciati fraternamente: volevo ringraziarlo per aver concluso il concerto con Alma Mater. Fu fantastico, tutti cantavano e si stringevano sorridendo, molti gli occhi lucidi per la forte emozione. Il concerto della vita insieme a quest’altro.

Infine veniamo ad oggi, ad Alpha Noir/ Omega White. Il bianco e il nero, l’alfa e l’omega, l’inizio e la fine. Istinto e ragione? Inizialmente mi ha spiazzato. Diciamo che non ho avuto una positivissima impressione nell’ascolto dei rispettivi singoli, anticipati qui. Sono buoni standard, funzionano ma non sembravano memorabili già in un primo momento, come ebbi modo di dire. Infine non sono né i migliori brani né i più rappresentativi del doppio cd. È un giudizio molto personale, come sempre del resto, e il perché la scelta promozionale sia caduta sui due pezzi in questione mi dà ancora da pensare. Qualcosa però istintivamente mi diceva di non fermarmi all’apparenza. Whiteomega, l’opener di Omega White, ad esempio, è già una spanna sopra il singolo White Skies. Inizia con un sottile tributo a Allah Akbar! La Allah Ella Allah! per poi zompare repentinamente in avanti di sette anni fino a Darkness and Hope, sul cui stile si assesterà fondamentalmente tutto il secondo disco. Questa entra di fatto tra le più belle canzoni mai scritte dai Moospell. Non bella però quanto Herodisiac. Ne conto almeno un altra davvero notevole ma lo scoprirete da voi. D&H era un album immenso e aveva due palle così. Voler fare un disco dark gothic metal a tutti i costi, era questo l’obiettivo. Raggiunto e superato con successo, punto e accapo. Oggi il dark riciccia prepotente e se da una parte la cosa ti eccita dall’altra prendi consapevolezza che fino a quel momento i Moonspell furono davvero grandi. Magari ti senti anche un verme ad averli criticati a quei tempi. Come è vero che col senno di poi sono tutti buoni. Perché la storia successiva è ormai nota. Di Magdalene, Eurotica, Soulsick, Nocturna, Made of Storm non ne sono più venute. Tornando a noi, mi sento di dire che a parte qualche faciloneria perdonabile Omega White è la parte meglio riuscita del doppio ma anche la più difficile da digerire.

Mi spiego meglio. Il discorso è strettamente collegato ad Alpha Noir. Da parte sua questa prima parte sintetizza l’anima black metal degli ultimi 6 anni, diciamo quindi da Memorial in poi e ancora una volta cerca la quadra con gli inserti gothic. Qui è tutto fondamentalmente più facile, lineare e di immediata assimilazione. Il brano più bello è Em Nomer Do Medo, cantato in lingua madre. Ti riporta alla mente belle sensazioni di un passato remoto. Ancora sto aspettando l’album dei Moonspell tutto cantato in portoghese. La lingua è estremamente musicale e si presta benissimo allo scopo. Magari chissà, prima o poi lo faranno.

Per un momento ho anche pensato che la scelta del doppio fosse dettata dal mero interesse di accontentare la fetta più ampia possibile di utenza. Ci volete gothic? Eccovi accontentati. Ci volete black metal? Ecco, beccatevi il black. Alla fine però bisogna sempre ricordarsi chi si ha di fronte. No, non credo che sia questa la giusta interpretazione. Perché se presi singolarmente i due album non colpiscono l’attenzione dell’ascoltatore ma provate ad inserirli in un contesto più ampio. A quel punto il senso del parto gemellare comincia a venir fuori. Il doppio è secondo me un tributo a se stessi, un grande concept costruito intorno ai Moonspell stessi. È totalmente autoreferenziale e per una volta tanto ciò non rappresenta un difetto. Alpha/Omega è la sintesi definitiva di cosa questa band è stata negli ultimi anni. Lontani sono i fasti di Wolfheart. Quei momenti non torneranno mai più. Dobbiamo accontentarci di quanto ci viene dato oggi. Tutto sommato è un bell’accontentarsi.

Se invece fosse un commiato in grande stile? (Charles)

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