Avere vent’anni: RED WINE – Sueños y Locura

Il nome degli spagnoli Red Wine ci riporta al vizio che dilaga in redazione, di cui vi ha ben parlato il Belardi, che non accenna a diminuire e del quale resto anche uno dei principali responsabili. In effetti, mentre scorrevo la lista di dischi da recensire per l’Avere vent’anni di aprile, li ho subito notati e ho avvertito il dovere morale di prendere in mano questo disco e recensirlo. A parte il buon rosso che sempre ci accompagna, dovete sapere che questi ragazzi vengono dalla regione spagnola della Rioja, che si trova a nord della penisola, non lontano dai Paesi Baschi. Io ci passavo ogni tanto per lavoro fino a qualche anno fa e l’unico rammarico che ho è di non essermici mai fermato almeno mezza giornata, perché è un bellissimo posto. Perfino Lovecraft in suo racconto epistolare racconta di questi posti, dove fece apparire il Magnum Innominandum, uno degli esseri più antichi e misteriosi del suo mondo. La strada da Bilbao a Logroño, che facevo a tutta velocità passando attraverso i Pirenei per andare a una riunione o a una trattativa, mi permetteva di vedere un paesaggio notevole. Peccato, magari ci tornerò.
La Rioja, Spagna
I Red Wine erano proprio di queste parti: si formarono nel 1997 da musicisti provenienti da Santo Domingo de la Calzada e da Logroño, nella comunità autonoma de La Rioja. Erano un gruppo di sei elementi: Dan Díez, Jesús Zuazo (chitarre), Iván Crespo (tastiere), Mario Suárez (voce), Daniel Martínez (basso), Iván Ramirez (batteria). Il loro primo album Hijos del Despertar è stato registrato nel 2000 ed è stato pubblicato nel 2001. Fin da allora il gruppo si rivelò promettente, classicamente heavy e power, a volte epico, con suoni ben registrati, molto melodici sia nelle linee vocali che negli assoli, non eccessivo nelle velocità e nella tecnica ma con strumentisti di ottimo livello che si ispiravano ai migliori maestri del genere. Io ci sento anche influenze italiane, specie Rhapsody e Labyrinth. Poi quando si lanciano in alcuni momenti strumentali diventano anche prog, e in questo caso il riferimento sono i Dream Theater del periodo classico. I Red Wine oggi non sono fra i gruppi più ricordati ma hanno un loro seguito di appassionati in patria e in qualche altro posto. Sueños y locura è stato inciso nel dicembre 2002 e venne masterizzato da Piet Sielck, a suggellare la loro crescente importanza nel panorama power heavy di inizio millennio. Il disco prosegue la carriera nel segno dei primi due, superandoli nella professionalità della produzione e degli arrangiamenti e perdendo il vizio molto tedesco dei ritornelli in maggiore che spesso affliggono il power. Nel loro caso non era particolarmente accentuato ed ebbero il buongusto di abbandonarlo quasi del tutto. Sueños y locura è il disco maggiormente rappresentativo dei Red Wine, quello più internazionale o, per lo meno, quello con cui si sono fatti maggiormente conoscere. La loro musica rimane un power abbastanza ben suonato e di buone intenzioni, con qualche momento che può anche restare in mente, molto discontinuo nella qualità, anche se nei due dischi precedenti erano riusciti a raggiungere una composizione almeno in parte personale. Questo Sueños y locura è confezionato e arrangiato meglio dei precedenti, ma ciò che è viene a mancare è soprattutto quel poco di personalità che aveva fatto ben sperare ai loro esordi, per cui l’occasione di uscire dalla pletora dei gruppi dimenticabili la ebbero più di una volta, ma la mancarono. I Red Wine hanno mantenuto rimasta pressoché identica la loro formazione per tutta la loro esistenza, che si è conclusa con la pubblicazione di una raccolta di cover, The End, nel 2006.
Lucha por ganar
La copertina di Sueños y Locura è un disastro. Non hanno mai avuto un particolare gusto per le illustrazioni, comunque questa è una delle loro peggiori. Capisco che si volesse rendere il concetto di “sogni e follia”, ma qui si è esagerato con il monocromatismo blu oltremare per rappresentare la notte, la bambina indifesa e il letto a baldacchino: questi ultimi elementi ci riportano ai Dream Theater di Images and Words, neanche a farlo apposta. Comunque sia, concludendo diciamo che il disco riascoltato oggi ha una sua validità storica, può anche piacere ai completisti del power, ma non sarà mai ricordato come un momento particolarmente efficace nella storia del genere. Detto meglio: non fa schifo, ma ascoltarlo è tempo perso. Alla fine di tutto questo discorso, mi sovviene che nella Rioja si possono trovare degli ottimi vini rossi, corposi e dagli aromi decisi di bacche nere, fiori e spezie, per cui il nostro cerchio da avvinazzati qui si chiude. (Stefano Mazza)