Avere vent’Anni: NECROPHAGIA – The Divine Art of Torture

All’alba del 2003, mentre io cominciavo a imparare il mio primo mestiere serio come chimico in un grande laboratorio di analisi dell’Emilia Centrale, i Necrophagia si trovavano nel periodo successivo alla collaborazione con Phil Anselmo, il quale si firmava col nome d’arte di Anton Crowley. Questa fase era iniziata nel 1998 con l’album Holocausto de la Morte e durò fino al 2001, con l’uscita del EP Cannibal Holocaust.
Dopo la fase Phil Anselmo sembrò che il gruppo si dovesse sciogliere, però il sempre attivo fondatore e cantante Killjoy (Frank Pucci, 1969 – 2018) si inventò di reclutare alcuni musicisti famosi dal metal estremo di mezzo mondo, ovvero Fred Prytz “Frediablo” dei Gorelord, Stian Smørholm “Iscariah” degli Immortal al basso, Titta Tani dei Daemonia di Simonetti alla batteria, Mirai Kawashima dei Sigh alla tastiera, Knut Vegar Prytz “Fug”, fratello di Frediablo, alla chitarra e seconda voce. La mossa fu certamente da intendersi come un tentativo di unire personaggi altisonanti per dare un nuovo corso ai Necrophagia e ridestare l’interesse del pubblico, tuttavia il risultato fu assai deludente. Perché, diciamolo francamente: The Divine Art of Torture fa schifo. 

daot2003

Lo dico con sommo dispiacere, perché sapete che i Necrophagia sono stati un grande gruppo, che ha contribuito a inventare il metal estremo prima di molti altri, e qualche tempo fa gli abbiamo dedicato anche una breve retrospettiva per ricordare chi sono stati. Questo disco rasenta l’inascoltabilità, non tanto perché le canzoni siano brutte, piuttosto perché non riescono a destare interesse. La produzione supersatura, sui medio-bassi decisi, la voce vomitata, le ritmiche pesanti ripropongono la loro inconfondibile atmosfera horror da filmaccio italiano o spagnolo e la copertina richiama proprio le illustrazioni da locandina di cinema di genere o da fumetto, con tanto di torturatore, un teschio, ragni giganti e l’immancabile donnina assai poco coperta. A proposito del personaggio maschile, io non riesco a non pensare al Maestro Luciano Pavarotti, con quella barba nera e quel sorriso grasso e inquietante. Le canzoni suonano monotone e senza nessuna idea degna di essere ricordata. Il contributo dei musicisti famosi è nullo, dal momento che non riesce a dare alcun valore aggiunto, con la sola, scarsissima, eccezione delle tastiere di Mirai, che però si sentono solo in un paio di brani a dare un tocco vagamente diverso dalla monotonia generale, ma il tutto resta ben poca cosa.

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Segnalo che lo stesso anno pubblicarono uno split con i Sigh, Kindred of the Dying / Young Burial, proveniente dalle sessioni di Holocausto de la Morte (1998), ma resta dimenticabile come questo album.

Avviso anche che un anno fa è uscita la raccolta Anthology of Primitive Horror, la quale comprende inediti e incisioni da demo. Solo per collezionisti e completisti. (Stefano Mazza)

One comment

  • strano che nessuno commenti questo lavoro, è stato il mio primo disco dei Necrophagia dopo l’ep Cannibal Holocaust……alla fine non è un brutto disco ma all’epoca si diceva dovesse essere rimasterizzato con suoni migliori….secondo me molto migliore del precedente con crowley alla chitarra…..

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