Campanilismo e barbarie: lo stato dello speed/thrash nostrano

Senza girarci troppo attorno, è una bella annata per il metallo nostrano, quello underground. Un sacco di belle uscite su praticamente tutti i fronti. Come nel caso dello speed/thrash, di cui ci occupiamo stavolta. Aspettando che si rifacciano vivi i marchigianissimi Baphomet’s Blood, pare essere la Toscana, o meglio Firenze, l’epicentro del fenomeno. Dopo i Violentor che continuano a non deludere mai Charles, stavolta ci sono anche altre due band compaesane del Belardi, Noia e Barbarian. Poi lo split tra Bunker 66 e Hellcrash ci permette di recuperare gli album di entrambe le band usciti l’anno scorso e di notare che, dalla Liguria alla Sicilia, anche oggi si fa l’Italia unita. Ma su ben altre basi. Per fortuna.
Doppia cassa e vaffanculo. Ci vanno di fino i BARBARIAN. Uscito da poco questo Viperface, quinto capitolo dei fiorentini in undici anni di servizio. Black, thrash, speed, siamo da quelle parti lì, testa e piedi negli anni ’80 più marci e lerci (ogni tanto poi c’è qualche “UH!” piazzato lì, tanto per far capire certe discendenze). Praticamente tutto a rotta di collo, ma suonato e anche registrato bene, con quella tecnica che basta per non inciampare mai, che quando corri così non conviene. Riff luridi e un growl che pare sia rimasto incastrato in gola un pipistrello. Stupisce che, a confronto con un’attitudine quasi punk (lo speed in fondo è quella cosa lì), cinque brani su sette superino i cinque minuti di durata. Niente prog. È che, invece che di sbronze e teppismo, il concetto alla base del gruppo è basato sull’epica fantasy, quindi ci sta costruire di più i brani, in maniera narrativa. Non che mi aspetti che non siano anche dei cazzoni, i nostri. L’ultima, Regressive Metal (appunto), è un inno per le prossime serate autunnali a base di Peroni da (6)66.
Come si diceva prima, non ci allontaniamo troppo né geograficamente né stilisticamente con Desolating Blaze dei NOIA. Uscito in primavera ma, si sa, noi si è un po’ pigri e difettiamo in reattività. Speed/thrash e chi più ne ha più ne metta. In realtà tutto meno che un pout pourri senza senso. Anzi, un ruggito viscerale, rozzo, sporco, alcolico. Tanto Hellhammer quanto Darkthrone, ma dall’attitudine (e dai suoni) hardcore. Rispetto ai Barbarian non c’è proprio quella voglia heroic fantasy, c’è semmai più gelo black e qualche riff bello grim, anche un po’ alla Immortal (in Eternal Cycles of Death e nella finale I Am Not, I Never Was, I Will Never Be). E poi Disappear into Nothingness rallenta il passo, libera dei synth freddi come sudari e pare quasi una commistione di Bathory e Celtic Frost. Però il resto è quasi tutto a velocità elevata. Siamo sotto i quaranta minuti ma vi giuro che paiono meno. Onestamente, una gran bella martellata sulle gengive.
Dicevamo, Nord e Sud uniti, sull’antica rotta percorsa dal Piemontese e dal Lombardo. Hell & Sulphur è lo split succulento che unisce gli sforzi dei siculi BUNKER 66 e dei liguri HELLCRASH. Un pezzo a testa. Partono i primi con Pandemonial Storms, riff sornione e cantato smargiasso. Un po’ richiama i Filii Nigrantium Infernalium e questo è solo un bel complimento. Ancora più dritta, come una bottiglia spaccata sulla testa, Hell Breaks Loose degli Hellcrash. Sporca, maleducata, urgente. “Hell breaks loose, death is the way we choose“, da cantare a squarciagola. Insomma, sono belle in forma entrambe le band. E allora noi ci cospargiamo il capo di ceneri (di sigaretta o altro, fate voi) e recuperiamo solo ora i due bei dischi usciti l’anno scorso, Beyond the Help of Prayers dei Bunker 66 e Krvcifix Invertör degli Hellcrash. Del primo possiamo dire che si tratta di una mazzata serratissima di una band già storica, che rispetto al tema generale di questo pezzo unisce il marcio dello speed più thrash con rifferama e dissonanze anche un po’ alla Blasphemer. Del secondo, un esordio, che la ricetta Slayer + Venom già dichiarata in copertina e titoli come War Against Christ (Satan or Die), Raped by Satan, Hordes of Satan (fantastica) e Alcoholic Brigade non sono promesse vane o inganni: una tonnellata di fango, ferri arrugginiti e vetri rotti scagliati addosso da una turbina dovrebbe fare più o meno lo stesso effetto. Per il resto, descrivere questa musica potrebbe essere un esercizio sterile ed inutile e comunque non puoi spiegarla meglio di come fa Ciccio quando parla dei Gehennah. Intanto siamo lieti che il nostro Bel Paese, conosciuto nel mondo per l’opera ed il Bel Canto, abbia anche un bel po’ di queste pallottole impazzite tra le Alpi e Pantelleria. Metal Skunk resta sintonizzata, non temete. (Lorenzo Centini)