La lista della spesa di Griffar: STARFORGER e UDÅNDE

Una segnalazione la merita Wreath of Frost degli inglesi STARFORGER, che debuttano oggi dopo una gavetta durata cinque anni nella quale hanno realizzato un EP e cinque singoli, gli ultimi tre dei quali presenti su questo esordio. Siamo in territorio death/black metal melodico, totalmente melodico, estremamente melodico. Di più: null’altro che melodico, con tantissime tastiere (per uno come me, troppe: non esito a dire che le composizioni si reggono essenzialmente sulle tastiere, e chitarre basso e batteria sono subordinati ad esse) che faranno sicuramente piacere a chi ama il death/black pomposo con partiture veloci e coinvolgenti nella maggior parte del tempo, poche accelerazioni più estreme ma anche pochi momenti rallentati, vocals d’impostazione black non troppo aggressive sul genere di Arx Atrata (che però consentitemi, sono un bel po’ tanto avanti rispetto a Starforger per quanto riguarda perizia compositiva e abilità di creare atmosfere) oppure un po’ più growling stile death melodico non troppo spinto. Ecco, se vi state baccagliando una tipa a cui piacciono i Dimmu Borgir e i Cradle of Filth più commerciali e volete fare colpo con qualcosa tipo “ti faccio sentire un gruppo che non conosce nessuno, la next big thing”, puntate tutto sugli Starforger, poi i casi sono due: o è una maniaca sanguinaria da cui è meglio girare alla larga perché preferisce gli Octinomos oppure questa è una bella carta da giocare. Wreath of Frost ha tutto per piacere ai non fanatici del black metal estremo, è un disco ruffiano da morire a partire dalla copertina. Io ovviamente non è che ci vada matto, anche perché sempre a mio gusto personale è un po’ troppo lungo – dieci brani di cui due di sole tastiere, si va oltre l’ora – ma se non ve ne parla nessuno voi poi come fate a agganciare la tipa di cui sopra? Nel suo genere è perfetto, con tutti gli ingredienti del caso messi al posto giusto nelle dosi giuste, compresi i solo di chitarra o le clean vocals epiche come avrebbe potuto cantarle ICS Vortex nei Borknagar, poi ovviamente ad ognuno il suo. Se invece la tipa preferisce gli Octinomos però si prega di segnalare il mio nominativo, grazie (se prima non vi mutila le dita una alla volta per punirvi di averle fatto ascoltare questo disco).

Vendetta records ha di nuovo fatto centro. Quando mai accade diversamente? In Germania ci sono degli scopritori di talenti che neanche Raiola. In questo caso si parla dei danesi UDÅNDE, i quali esordiscono con il full Life of a Purist che contiene sette brani intitolati nell’ordine: +; Prologue; ;▼; il triangolino con la punta in alto attraversato da una barretta (non trovo il simbolo nella mappa caratteri); lo stesso per il triangolino con la punta in basso; e infine Epilogue. Il perché di tutto ciò mi sfugge, soprattutto il perché dell’intitolare il secondo pezzo Prologue e l’ultimo Epilogue quando poi sono brani a tutti gli effetti, con testi e tutto il resto e non sono né una intro né una outro. Quando avranno voglia di farsi intervistare magari me lo spiegano, io una richiesta gliel’ho mandata, se mai vorranno rispondere io un quattro-cinque domande veloci ce le ho già pronte.

Ci sono delle belle melodie qui, criptiche quanto basta, sebbene quasi memorizzabili; nei tratti più rallentati – quelli al confine tra il death e il black – siamo in territorio ultimi Inquisition, i momenti più tirati virano verso certo religious più tecnico, Ascension ad esempio, ma anche Mgla e, perché no?, anche i cari vecchi Baptism, con quei loro riff monocorda glaciali classicamente finlandesi. L’unico membro di cui si conosce l’identità è Rasmus Ejlersen che suona anche con gli Afsky, gruppo non malaccio ma lontano dalle vette del genere. In questo caso però il ragazzo, che suona basso e chitarre, è andato oltre, perché Life of a Purist agli Afsky mangia in testa. Il batterista è uno che sa il fatto suo e si sente, ed è anche merito suo se stiamo parlando di un album notevole. Vocals non particolarmente aggressive, più che appropriate in un contesto black metal che molto strizza l’occhio al death metal cupo e massiccio senza eccedere in rallentamenti troppo esasperati. Il lavoro è molto buono e l’artwork eccellente, se vi interessa il disco fisico io mi permetto di consigliare la cassetta che ha una J-card da 12 pagine con tutti i testi ed altro e costa anche un pelo di meno, il CD ha un prezzo tollerabile, il vinile è roba da miliardari (ci vogliono quasi 40 euro tra disco e spedizione per acchiapparne uno, oramai sono praticamente intoccabili). Occhio però che di cassette ce ne sono solo 70, bisogna darsi una mossa. (Griffar)

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