Le delizie dello scantinato: DORSO – Bajo una Luna Cambrica
La caratteristica che ha reso inimitabili i Dorso è stata il riuscire ad evolversi nel corso degli anni mantenendo perfettamente intatte le proprie origini. Ogni volta che producono un nuovo album, riescono sempre a farlo suonare come se fosse il secondo dell’intera discografia; in altri termini, pur essendo capaci di spostare il tiro verso direzioni differenti rispetto a quella intrapresa con il debutto Bajo una Luna Cambrica del 1989, i thrasher cileni non spezzeranno mai i fili che li mantengono ancorati al primissimo titolo che fu dato alle stampe. Accadde con il techno-thrash di Romance e più avanti con il buon Big Monster Aventura, pesantissimo e letteralmente macchiato di riferimenti al death/grind di metà Novanta. È nuovamente successo all’uscita del minimale Recolecciones Macabras del Campo Chileno, che appartiene alle ultimissime annate.
In ognuno di questi titoli ed in quelli che non ho neppure menzionato, non è la lingua spagnola a fungere da collante, bensì una componente orrorifica della quale l’heavy metal sembra essersi coralmente dimenticato. Era l’elemento presente un po’ ovunque ma che arricchiva qualunque cosa esso toccasse, o anche solo sfiorasse: in Italia citerei naturalmente i Death SS come esempio lampante, poiché all’uscita dell’ottimo Heavy Demons il gruppo di Steve Sylvester sembrava già in debito di quel fondamentale ingrediente, così capace di illuminare i due titoli usciti in precedenza. I Dorso non rinunceranno mai all’orrore, anzi ne faranno un più che fedele compagno. E non sarà l’unico.
L’altro elemento costante è il netto contrasto che, fin da Bajo una Luna Cambrica, fu possibile ammirare fra il minimalismo dell’heavy metal di Cambric Dreams o della più strutturata Ciclope da una parte, e passaggi sopraffini nella composizione – così come negli arrangiamenti – dall’altra. Da una delle band più grezze ed elementari che potemmo rintracciare sul finire degli Ottanta uscì fuori il termine “techno-thrash“. E non si trattava di una affermazione sbagliata, ma al limite solo un po’ spiazzante. Il tutto negli anni dei Toxik di Think This e dei Believer di Sanity Obscure, in cui i concetti espressi da colonne portanti come Bonded By Blood erano stati spostati nettamente in avanti: etichette appiccicate al case in plastica riportavano il numero di riff presenti all’interno del disco; mentre, da qualsiasi parte dell’Atlantico si guardasse, si erano formate delle vere e proprie scene nazionali, inclusa una – ben consolidata – appartenente alla Germania di Deathrow e Mekong Delta.
Il techno-thrash era divenuto una solida realtà, per dirla alla Roberto Carlino. Fregandosene di tutto ciò, i Dorso riportarono ogni cosa a un livello primordiale, aggiungendo la stessa freschezza compositiva tipica di altre firme ed un numero ancora maggiore di spunti fantasiosi e spiazzanti. Bajo una luna cambrica riprese il thrash metal laddove i suoi capisaldi non erano ancora venuti alla luce, e così fece con l’heavy metal classico. Il risultato fu un lavoro pazzesco che lasciava presagire la carriera più imprevedibile di tutte quante: nonostante la premessa, apparterranno alla élite di coloro che avrebbero deciso di scavare – corridoio dopo corridoio – fino al fondo del labirinto di un genere musicale intero. E chi cazzo sono i Dorso?, potreste sentirvi dire.
L’elemento chiave di Bajo una Luna Cambrica era il basso: onnipresente, tuttavia mai invadente, Rodrigo Cuadra svolse al quattro corde un lavoro impeccabile e lo ripeté un anno dopo nel più maturo e ripulito Romance. Era il letterale dominatore dell’intera scena, con la sua voce caustica perfettamente a suo agio in ogni fase, specie nelle più estreme. A proposito, Vuela en tu Dragon era una bomba a base di power/speed capace di richiamare certe cose della allora florida scena americana. Nonostante la sua eterogeneità di fondo, in Bajo una Luna Cambrica si poteva ammirare e amare un disco assolutamente compatto e sorretto da forte personalità: dateci dentro, e mentre lo fate, sappiate che i Dorso scrutano qualsiasi cosa si sia ascoltata in Europa negli ultimi vent’anni, indossando con fare fiero t-shirt dei Mayhem e dei Satyricon su qualche lercio palco locale ammirato da poche anime.
Ingredienti basilari costruiti con sapienza e inventiva, un po’ come la cena di frattaglie che mi sono sparato la scorsa settimana, apprezzando il lampredotto all’interno di golose polpette o dei ravioli, un misto di frattaglie e verdure cucinate in forno al cartoccio, ed uno spaghetto alla chitarra impreziosito dalla presenza intrinseca dell’amica trippa alla fiorentina. Nulla di banale, bensì qualcosa per cui uccidere: un po’ come i Dorso di Bajo una Luna Cambrica. (Marco Belardi)
Mai capito chi dice che non si può mangiare trippa con trenta gradi all’ombra.
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