Avere vent’anni: KAMPFAR – Mellom Skogkledde Aaser

Penso che Mellom Skogkledde Aaser sia il primo disco black metal che abbia mai ascoltato in vita mia. O questo o In The Nightside Eclipse, i ricordi si fanno vaghi. La mia lunga strada per l’inferno è comunque partita da Emperor e Kampfar, e una cosa la ricordo benissimo: dapprincipio non mi piacque per niente questa roba incomprensibile e registrata malissimo in cui un tizio urlava strozzato come in preda a un attacco di convulsioni sopra a delle chitarre a zanzarina e una batteria che faceva TZTZTZTZTZTZTZ. Avevo comprato entrambi per via del modo entusiastico con cui ne parlavano sulle riviste, ma giurai a me stesso che mai, mai, mai più ci sarei dovuto ricascare. Per quanto riguarda l’estremo io ero abituato agli Obituary, figuratevi che impressione mi doveva fare il black metal norvegese di metà anni novanta. Peraltro i Kampfar avevano anche i vocalizzi vichinghi ficcati in mezzo tipo OOOOOOOOOOOHHHHHHH che, se avessi saputo chi fosse, mi avrebbero ricordato la buonanima di Germano Mosconi e le sue epiche lotte all’arma bianca contro chi non chiudeva quella cazzo di porta che continuava a sbattere. Fortunatamente ho sempre avuto l’abitudine di riascoltare periodicamente le cose che non mi piacciono, e così dopo qualche mese sono riuscito a capire il black metal, grazie ad Emperor e Kampfar. 

Mellom Skogkledde Aaser è viking metal. Della definizione di viking metal abbiamo già parlato a proposito di Eld degli Enslaved, probabilmente il manifesto del genere – se escludiamo i Bathory. Musicalmente è un prodotto dei suoi tempi, quindi fermamente e totalmente black metal dalla prima all’ultima nota, nella composizione, nella struttura e nel suono glaciale. Era il periodo in cui il black norvegese era nel pieno della maturità, e quindi nell’album si ritrovano tutti gli stilemi tipici che ancora non avevano perso in freschezza. Una delle cose che più mi mancano di quei tempi sono gli stop’n’go col riff che riparte in solitaria, e nel debutto dei Kampfar ce ne sono quasi in ogni pezzo, a partire dalla bellissima Valdogg, posta in apertura, che da sola basterebbe per proiettare l’album sull’Olimpo del genere. Mellom Skogkledde Aaser è un disco che nel 1997 rischiava di passare in secondo piano, data la quantità spaventosa di uscite epocali nell’ambito black metal, ma adesso può essere ascoltato con più calma e apprezzato in ogni sua gelida nota. Questo è il suono dei ghiacciai, delle foreste innevate e delle passeggiate in solitaria tra gli ululati dei branchi di lupi. Da parte mia sarò sempre grato a quest’album per avermi aperto la porta del genere musicale più bello del mondo. Meno male che gli diedi una seconda occasione. (barg)

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