LORD DYING – Summon The Faithless (Relapse)
E poi arrivano dischi come questo. Perché tu sei a casa in mutandoni (non so da voi ma qui fa caldissimo) con lo sguardo puntato sullo schermo del pc intento a fare smorfie di compiaciuto sdegno per chissà quale nuovo disco, sei lì che giochi all’avanguardia degli irriducibili e poi devi fare i conti con operette derivative ma in fondo carine come questa.
I Lord Dying sono un gruppetto che viene da Portland (Oregon), provincia rumorosa e fiera in fatto di sonorità retro ma con lo sguardo sulle contaminazioni del presente. Da lì vengono i notevoli Red Fang, per esempio, e non sarà un caso se certo groove stoner della band in esame, più che riportare necessariamente alle imperiali pesantezze di High On Fire e simili, mi ricorda alcune cose dei Black Tusk e degli autori di Murder The Mountains. Certo, poi c’è da fare i conti (sin dalla primissima e coinvolgente traccia Summoning The Faithless) con tutto un precipitato metallaro contemporaneo che sarebbe puro snobismo imputare ad un’insufficienza creativa, anche se è vero che certe movenze alla Matt Pike vengono qui riproposte pari pari: dal lavoro di chitarra, al rantolio motorheadiano, sino ai ritmi tamburellanti da metal ancora saldamente classico e rombante. Siamo sulla falsariga dei lavori di svolta della band di Pike, con un’evidente predilezione per un disco come Blessed Black Wings. Un ottimo disco, per carità, ma è stato ascoltato e digerito da talmente tanti epigoni che finirà per farmi l’effetto dei dischi dei The Haunted o Soilwork dei primi Duemila, per fare un esempio.
E invece, secondari come pochi, ultimi come pochissimi, i Lord Dying finiscono addirittura su Relapse a giocare alla riscossa dell’underground tanto devoto ma senza grosse idee innovative. Io che il disco riesco a macinarlo fin troppo bene e non voglio bocciarli per quanto derivativi siano, faccio un brainstorming eretico e bellissimo al tempo stesso: è fantastico come nel firmamento di queste nuove (si fa per dire) sonorità postmetal si siano infilati tra piega e piega tanti di quei gruppetti privi di autentico spessore artistico che, perfettamente in linea con lo spirito del proletariato metal, stanno a poco a poco rifondando un immaginario collettivo, una mitologia posticcia eppure utilissima. Da qui a creare assurdi paralleli tra band in qualche modo fondamentali e certi gruppi un po’ raccogliticci il passo è brevissimo.
Una delle spiegazioni del fenomeno potrebbe essere che quando ci si ritrova tutti da Kurt Ballou (il produttore più in voga oggi e totalmente immerso nel genere) le famiglie finiscono per forza con l’allargarsi e quindi scopri che la paternità del tuo suono è merito tanto di dischi importanti risalenti a quasi dieci anni fa, quanto dei più moderni e modesti Enabler o Trap Them (i fan mi perdoneranno), per dirne un paio neanche troppo dentro il metallo.
Fossi in voi, un ascolto lo darei. Un disco per l’estate.
Ciao.
nella rece viene nominato blessed black wings.sto disco me lo compro a scatola chiusa(o quasi..c’è crisi e non si può rischiare)
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Qua sta in streaming: http://www.craveonline.com/music/articles/530043-album-premiere-lord-dying-summon-the-faithless
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ciccio sei una miniera d’oro. respect
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Pensaci bene :)
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