NEWSTED – Metal (Chophouse Records)

Newsted-2012

Che qua uno sarebbe tentato di partire con un attacco del tipo: se qualcuno si fosse ancora chiesto perché Hetfield e Ulrich non gli facessero mai scrivere una mazza, adesso ha la risposta. Però, oltre che banale, sarebbe insensato, ingiusto e anche un po’ da stronzi. Sarebbe insensato perché che il vecchio Jason non fosse ‘sto grande genio creativo si era già capito dai suoi side-project passati, quelli che furono tra le cause del suo allontanamento dai Metallica: dai grungettosi Echobrain ai Papa Wheelie fino alla roba più estemporanea tipo Sexoturica e IR8 (gruppo autore di un’unica cassettina, poi confluita in una sorta di split con gli stessi Sexoturica, che girava già quando frequentavo la quarta ginnasio e nella cui surreale formazione militavano Devin Townsend e Tom Hunting degli Exodus), tutti sforzi non disprezzabili ma nemmeno esattamente memorabili, che ascoltavi perché c’era Jason, dicevi ‘mbe sì, mica male, pensavo peggio, poi spegnevi lo stereo e te ne dimenticavi per sempre. Sarebbe ingiusto perché le quattro tracce di questo ep, prima uscita del power trio che porta il cognome  del bassista, non sono in fondo così brutte. Già dalla copertina (a metà tra Hello Kitty e Impaled Nazarene, come ha sottolineato Nunzio) e dal titolo minimalista (sul quale si potrebbe tirare su tutta una serie di considerazioni metafisiche che ho la creanza di risparmiarvi) si capisce che aria tira: qua il basso profilo non è una scappatoia ma un’autentica filosofia di vita. E sarebbe un po’ da stronzi perché, via, come si fa a non volere bene a Jason Newsted? Tutti vogliono bene a Jason Newsted. Con quell’espressione accigliata, gli occhi tristi, il sorriso tirato da bravo guaglione, è proprio il tizio che fareste sposare con vostra sorella.

newsted-metal(ep)Quel mesto giorno in cui venni in classe con la copia di Metal Shock che recava in copertina la prima foto dei Metallica con i capelli corti, le compagnucce mi presero per il culo, intuendo il mio disorientamento. L’unica cosa che potei ribattere fu: eh, però il bassista ce li aveva già corti da un pezzo. Quando, ai tempi di Load, Hammett si vestiva da pappone e Hetfield e Ulrich facevano il possibile per stare sui coglioni a tutti noi ragazzi che li avevamo portati in cima al mondo, Jason era l’unico appiglio per continuare a provare per i quattro di Frisco, se non devozione, almeno un briciolo d’affetto. Avvertivi empatia per tutte le angherie di cui si narrava. Dai taxi che era costretto a prendere da solo per recarsi ai concerti della band fino alle camere d’albergo devastate a sfregio, per arrivare al mixaggio del basso su And Justice For All…, che può anche essere visto come una forma raffinatissima e particolarmente crudele di bullismo. Dato che, da quel momento, i Metallica avevano deciso di estendere gli atti di bullismo all’intero pubblico heavy metal (testare il grado di esasperazione dei propri fan, scrivemmo a proposito di Lulu), come non avvertire empatia. Uscito Reload, ormai svuotato di ogni fiducia o speranza, lessi un’intervista dove Newsted diceva di essere conscio di non essere buono a scrivere canzoni come James e Lars. Il problema è che se le canzoni si chiamano Blackened o Enter Sandman è un conto, ma si stava parlando di Reload. Non so se sia stato già rivalutato dagli hipster, ma Reload è una cacata, perdio. Però stava nel personaggio. Perché Newsted è sempre stato l’incarnazione più compiuta dello stereotipo del bassista metallaro affidabile e solido ma totalmente estromesso dal processo compositivo. E uno ci riflette sul fatto che i dischi meno interessanti dei Voivod della reunion siano quelli dove suona lui. Però mi fece lo stesso un sacco piacere che Jason Newsted fosse entrato in uno dei miei gruppi preferiti. Se non ti sta simpatico Jason Newsted, probabilmente sei una persona che torturava i gatti da ragazzino o che ha in casa i libri di Andrea De Carlo.

Su Metal non c’è chissà cosa da dire. Un paio di brani sono abbastanza thrashettoni. Ovviamente ricordano i Metallica. L’attacco di Soldierhead potrebbe uscire benissimo da Death Magnetic e quando si incazzano paiono quasi i Testament. Gli altri due ci hanno i riffoni sabbathiani da birra sulla veranda a mezzogiorno, a metà tra lo stoner trucido e quella versione meno malpresa degli Alice In Chains che diventavano, a volte, gli Echobrain.  ‘mbe sì, mica male, pensavo peggio, ma mo’ spegnerò il pc e me ne dimenticherò per sempre. Un po’ come quando vai a vedere lo spettacolo di quella tua amica artistoide con la fissa dei teatrini off, che, sebbene abbia smesso di dartela, ci vieni lo stesso perché in fondo ti resta simpatica: tornato a casa, hai l’impressione di aver passato, tutto sommato, una discreta serata, ma se fossi rimasto imbustato nel letto strafatto a rivederti le puntate di Game Of Thrones, che mo’ che hai letto i libri vuoi controllare le incongruenze, beh, sarebbe stato ok lo stesso.

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