Avere vent’anni: AYREON – The Human Equation

Per quanto mi riguarda, The Human Equation è il capolavoro degli Ayreon, o per lo meno uno dei massimi capolavori realizzati da quel gran genio di Arjen Anthony Lucassen. I precedenti album avevano già mostrato di cosa fosse capace, ma qui si realizzò un equilibrio perfetto fra progressive rock, heavy metal, musical, insieme al fondamentale collegamento con il racconto scritto per l’opera, che è complesso e affascinante. The Human Equation è la storia interiore di un personaggio chiamato Me, interpretato da James LaBrie, rimasto in coma dopo aver subito un incidente stradale. Ogni canzone rappresenta un giorno trascorso in coma dall’uomo e affronta un tema diverso. Gli altri personaggi principali sono Wife, la moglie, Marcela Bovio, e Best Friend, il suo migliore amico, ovvero lo stesso Lucassen, che gli sono di fianco in ospedale. Mentre Me è bloccato dal coma, ricorda e rivive la sua vita, dall’infanzia fino al giorno dell’incidente. Durante ogni giorno, Me affronta le sue emozioni, che sono interpretate da altri cantanti, ovvero Fear (Mikael Åkerfeldt degli Opeth), Reason (Eric Clayton dei Saviour Machine), Love (Heather Findlay dei Mostly Autumn), Agony (Devon Graves degli Psychotic Waltz), Pride (Magnus Ekwall dei The Quill), Passion (Irene Jansen), Father (Mike Baker degli Shadow Gallery), Rage (Devin Townsend). L’avvicendamento di tutti questi grandi ospiti rende l’album notevolmente variegato dal punto di vista sia vocale che musicale. Ogni canzone è ricca di atmosfera, di cambi di tempo, di arrangiamenti complessi, di melodie e di passaggi strumentali memorabili. In casi del genere il rischio sarebbe quello di perdere la coerenza interna, oppure di diventare troppo prolissi, ma qui ci troviamo in un’amalgama impeccabile, dove il materiale musicale si unisce in una struttura precisa, densa e coinvolgente.

Un progetto del genere potrebbe essere inoltre rischioso per la mole del lavoro compositivo e, soprattutto, per l’impegno di dirigere tante personalità diverse del mondo musicale, ma sotto la regia di Lucassen tutto fila liscio e va nel giusto posto. Perfino il mellifluo LaBrie risulta eccezionale nel ruolo di Me, riuscendo a dare personalità e spessore alla storia del ragazzino, che scopriremo tragica ed eroica nel suo percorso di crescita ed emancipazione. Anche la produzione di The Human Equation, sempre curata da Lucassen, è fenomenale: l’attenzione maniacale del compositore olandese riesce a dare il giusto spazio sonoro a ogni minimo dettaglio strumentale o vocale, che contribuisce al grande impatto emotivo e musicale del lavoro. The Human Equation è uno di quei rarissimi casi in cui si ascolta qualcosa che va oltre le definizioni abituali, oltre il metal, il rock, il progressive, oltre ogni convenzione possibile. È semplicemente musica che diventa opera d’arte, complessa e ambiziosa, quanto incredibilmente accessibile a tutti e sembra adattarsi ad ogni tipo di ascoltatore. È stato inciso vent’anni fa, ma suona come se fosse stato scritto oggi, o meglio, come se provenisse dal futuro. (Stefano Mazza)

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