Avere vent’anni: MOONSORROW – Kivenkantaja

Kivenkantaja è un ulteriore tassello che muove un pochino più avanti la musica dei Moonsorrow, in cui si passa dalla semplice raccolta di canzoni alla storia unitaria musicata in vari atti. Tutto è più omogeneo del precedente e, nonostante ci siano passaggi ancora genuinamente cafoni, tra fisarmoniche, flauti, campanellini e tastiere Bontempi ipertrofiche (che su Jumalten Kaupunki rischiano seriamente di far saltare il banco), si percepisce chiaramente il senso fiabesco e malinconico della storia del portatore di pietre, che lascia intravedere con chiarezza delle potenzialità espressive che vanno al di là della musica da sagra di paese. Raunioilla e l’omonima sono fantastiche, al punto da essere state poi spesso riproposte nei concerti, e tutto l’album è pervaso di melodie malinconiche fino al coronamento conclusivo di Matkan lopussa, struggente finale liberamente ispirato a un canto popolare russo.
Si ricordi infine che Kivenkantaja è l’album della pietra. Quella pietra in copertina fu oggetto di un aneddoto raccontato dal chitarrista, secondo il quale all’epoca volevano assolutamente ritrarre una pietra runica vera per l’immagine del disco. Del resto se in gioventù prendi molto sul serio questa cosa della mitologia e del metal pagano è giusto non scendere a compromessi riguardo a nulla. I tuoi riferimenti saranno i Windir, i Bathory, Burzum, ma non basta mettere i riferimenti ai capisaldi del genere, hai bisogno di una fottuta pietra runica VERA da mettere in copertina. Allora cerchi di convincere l’etichetta che c’è realmente bisogno di quella cosa e quelli ti rispondono: “Va bene signori Moonsorrow, avrete la vostra pietra runica per la copertina”. E allora la ordinano da un artigiano e, quando arriva il camion con LA pietra runica, arriva anche IL problema: scaricarla e trasportarla.
La pietra pesa un Odino e mezzo e immagino che, dopo alcuni se non molti infruttuosi tentativi, deve essergli venuto in mente che l’uomo nella preistoria ha inventato la ruota anche per affrontare piccoli problemi di trasporto. Quale magnifica occasione per immergersi nella radicata tradizione precristiana! Ed ecco che qui arriva la pensata: usare la carriola (per il giardinaggio?) della mamma. La quale carriola, ovviamente pensata non per la costruzione di dolmen ma per movimentare vasi di fiori, con stoico senso del dovere cede eroicamente sotto il peso del monolite ornato. Leggenda vuole che la pietra rimase lì per eoni fino a quando qualche tapino non fu pagato per riportarla all’etichetta, mentre l’eroica carriola resta ancora dispersa in qualche prato della Finlandia. Per un album che si intitola “il portatore di pietre” e che racconta la storia di un pagano che vede il proprio villaggio depredato e schiacciato dagli invasori cristiani a cui non rimane altro che vagare con i pochi sopravvissuti e rimanere infine da solo a contemplare la distruzione della propria stirpe covando risentimento e desiderio di vendetta, mi concederete che questo Avere vent’anni può concludersi qui. (Maurizio Diaz)
aneddoto simpatico, disco bellissimo!
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Forse il meno Black Metal della loro discografia ma è il mio preferito. Ancora stiamo aspettando un nuovo album dopo 7 anni.
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