Tre scopiazzature de Lo Squalo che vi svolteranno la domenica

La seguente rassegna è causa diretta dei comportamenti scurrili di un carissimo amico, sornione per definizione e taccagno per scelta ai limiti del religioso, il quale è riuscito ad andare in Grecia per tornarne completamente ustionato poiché proteggersi con una crema solare avrebbe implicato costi aggiuntivi.

Questo soggetto, che conosco, di rado supporto e quotidianamente sopporto dal 2006, e che con l’occasione saluto, ciclicamente mi porta un hard disk esterno e mi chiede di riempirglielo di film da poter guardare (non) in compagnia. Nelle richieste si sofferma sul tema dei serial killer, al che sono stato più di una volta in procinto di domandargli se abbia qualcosa da confessare. Del resto è un toscano di periferia, e nessuno di noi è pulito.

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Il punto è che ha veramente rotto il cazzo con questo hard disk, un utensile elettronico che spero si comporti come ogni rispettabile HDD usualmente fa: la testina, a furia di appoggiarsi sulla superficie, di incidere e di sovrascrivere, lo rovina irrimediabilmente e te ne accorgi il giorno in cui certi file appaiono ma risultano illeggibili o corrotti nell’estensione. Capita, a me è già capitato con un Toshiba (Hail Toshiba! Vedesti di tutto e tenesti sempre la bocca chiusa!) e non conosco HDD che sia andato troppo oltre la soglia dei dieci anni.

Non solo. Il guitto disonorevole, in virtù del fatto che ogni suo conoscente è regolarmente abbonato a una o più piattaforme in streaming, i contenuti che potrebbe facilmente reperire lì sopra ti chiede se puoi metterglieli in qualche modo sull’hard disk (sempre con frivola e italiana gentilezza), segno che, oltre a non esserci tutto con la testa, ha una soglia del pudore che rasenta lo zero assoluto. Elencherò pertanto di seguito una serie di film che mi rifiuto categoricamente mi passargli; non solo, elencherò una serie di film che mi auguro lo terranno lontano dagli ecosistemi lussureggianti e prolifici di fauna ove i rispettivi registi li hanno ambientati, in modo tale che si impaurisca al punto di rinunciare a prenotare le future vacanze low cost all inclusive laddove qualche squalo ibridato, orso o coccodrillo finirà il lavoro che né le oziose testine del suo merdosissimo Seagate né le ustioni solari hanno mai voluto cominciare.

SHARK, ROSSO NELL’OCEANO (1984)

Distribuito in Francia con un titolo ancor più merdoso, Apocalypse dans l’ocean rouge, il qui presente horror subacqueo fu firmato da Lamberto Bava con quel pizzico di vergogna mista a tamarraggine anni Ottanta che ti induce a optare per uno pseudonimo: John Old Jr. Che poi, John Old lo usò pure suo padre, ad esempio ne La strada per Fort Alamo uscito vent’anni prima. A dire il vero, fra i tanti usciti in quegli anni sul filone de Lo Squalo di Spielberg, considero Shark, rosso nell’oceano uno fra i più guardabili, se non addirittura brillanti, nonostante fosse penalizzato da pupazzi animatronici ignobili (i movimenti delle fauci della bestia sono a dir poco ridicoli, inutile contestualizzarli nell’epoca in corso) ma rivitalizzato da una storia godibile, da uccisioni cruente e un bel finale nelle basse e insidiose acque delle everglades della Florida. Il mostro non è che un incrocio fra squalo preistorico e un polpo gigante e fa a pezzi tutte le odierne cacate sul filone dei cosiddetti mockbuster (Sharktopus, suo gemello moderno, ottenne pure il via libera al sequel e continuano a propinarcelo sul canale Cielo, il numero 26 del digitale terrestre: caro amico dell’hard disk, se ti interessa è gratis). Naturalmente nessuno squalo preistorico si è consensualmente accoppiato con un polpo e c’è di mezzo l’uomo, la morale, la punizione. In un passato non lontano lo beccavo in televisione anche in prima serata e ogni dannata volta non riuscivo a resistergli.

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GRIZZLY, L’ORSO CHE UCCIDE (1976)

Buffo come i traduttori italiani, all’epoca, optassero in modo sistematico per titoli con il seguente schema: [problema] [virgola] [ciò che il problema scatena in seguito]. Un po’ come i Domine in anni recenti. Avanti ancora per qualche anno e avremmo assistito persino a Germano, la papera che caca. Indietro di qualche anno rispetto al film di Bava, Grizzly, l’orso che uccide è una naturale e beffarda risposta al film di Spielberg che ho menzionato sopra. Ma la beffa si ritorse sul regista William Girdler. Definire Grizzly, l’orso che uccide un film boschivo sul filone de Lo Squalo sarebbe riduttivo, giacché appare più un rifacimento senz’acqua, ricalcato scena per scena, del capolavoro del 1975 e padre di tutti i blockbuster. Il bambino che crepa, le autorità che si mettono nel mezzo e ostacolano il protagonista, eccetera eccetera. A proposito del bambino, è notevole il pupazzo che viene lanciato per aria quando questi è assalito dall’orrenda creatura nel proprio giardino. C’è pure un personaggio equivalente al Capitano Quint, e, proprio come il duro impersonificato da Robert Shaw, fa anch’egli una fine di merda. Film comunque godibilissimo, con tanto di scontro finale a suon di torrette d’avvistamento devastate ed elicotteri afferrati e fatti roteare, RPG, caciara totale. A differenza del più cruento e orrorifico Shark, rosso nell’oceano, questo ebbi la fortuna di beccarlo in televisione anche a pomeriggio inoltrato, o in tarda mattinata, segno tangibile di un mondo meraviglioso che non esiste più.

KILLER CROCODILE (1989)

Nel 1986 Paul Hogan ebbe l’intuitiva e arguta idea di impiantare uno spietato cacciatore di coccodrilli in quella che, in realtà, altro non era che una commedia romantica. Da cui estrapolarono persino un sequel, imbarazzante. Per farla breve Fabrizio De Angelis ci mise sopra gli occhi, come ha sempre fatto. Fabrizio De Angelis, romano, classe 1940, in passato aveva già messo gli occhi su Karate Kid e il risultato fu Il ragazzo dal kimono d’oro con Kim Rossi Stuart: spostate la questione in un’ambientazione esotica, fate firmare il regista con lo pseudonimo di Larry Ludman per motivi correlati al pudore e il risultato sarà stavolta Killer Crocodile (anche per lui un sequel, di cui ricordo la sola scena in cui il mostro esce dall’acqua per sfondare la capanna a fauci spalancate). In pratica c’è questa ditta stranamente italiana che sversa liquami radioattivi in un fiume situato in un’isola paradisiaca: occorre che vada oltre? Meravigliose le musiche di Riz Ortolani (Cannibal Holocaust) con una ghiotta e non oltraggiosa variante sul tema de Lo Squalo; furba l’idea di inserire, stavolta, un capitano Quint completamente divergente da quello di Spielberg, in questo caso una sorta di Paul Hogan invecchiatissimo ma dagli intenti bellicosi verso qualunque cosa sia munita di fauci. Nota a margine, il protagonista si chiama Richard Crenna ma non è il Richard Crenna che avete ammirato in Rambo e Leviathan, è il figlio, e altro che un paio di comparsate (Blob, il fuido che uccide e Predator 2) in carriera non l’ha combinato. (Marco Belardi)

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