…AND OCEANS – As in Gardens, so in Tombs

L’avrò sicuramente detto ma mi tocca ripetermi: sono veramente felice che siano tornati gli And Oceans. Quando seppi della reunion, per qualche motivo, dentro di me ero convinto che il disco che ne sarebbe uscito fuori sarebbe stato all’altezza dei precedenti; quello che non riuscivo proprio a immaginare, però, era il modo in cui avrebbe suonato. Alle loro spalle quattro dischi, uno diverso dall’altro, di cui l’ultimo sembrava dipingere scenari oltre i quali sarebbe stato difficilissimo andare. E invece poi uscì Cosmic World Mother, che era sì bellissimo (mio miglior disco del 2020, certificato) ma che stilisticamente era indistinguibile dal black sinfonico anni Novanta. Genere che poi loro non hanno mai suonato, quindi non si poteva neanche parlare di ritorno alle origini o che so io. A pensarci bene Cosmic World Mother fu paradossalmente la cosa più sperimentale che potessero fare.
Ora è arrivato il secondo disco, ed è bellissimo pure questo. È anche la prima volta che non cambiano genere tra un album e l’altro, perché con As in Gardens, so in Tombs siamo grossomodo dalle stesse parti di Cosmic World Mother. Black metal sinfonico alla vecchia maniera, con forti influssi scandinavi, dalla velocità molto spesso altissima. Qui c’è giusto qualche isolata variazione sul tema, tipo Cloud Heads, che a tratti sembra riprendere quell’armamentario cibernetico di vent’anni fa, oppure Wine in Water, molto melodica, incentrata su un commovente giro di tastiere e chitarre. Il grosso del disco però è nelle bordate furiose, come in The Collector and his Construct, che forse rimane la migliore, in cui l’assalto alla baionetta si alterna a parti più lente in cui le chitarre disegnano riff che fanno tornare con la mente agli anni d’oro del genere.
Le tastiere hanno un ruolo decisamente preponderante, come del resto sempre accaduto negli And Oceans, e forse questa è la caratteristica che può infastidire certuni. Questo è il loro stile, però: in ogni tipo di musica che hanno suonato c’è sempre stato un ruolo centrale per le tastiere. Inoltre As in Gardens, so in Tombs dura cinquanta minuti ed è abbastanza denso, quindi qualcuno potrebbe trovare difficile completare l’ascolto in un fiato. Immagino che sia il classico disco di cui ti trovi spesso ad ascoltare singoli pezzi piuttosto che dall’inizio alla fine; non perché sia noioso, ma perché non ti lascia mai un attimo di respiro, è pieno di parti molto blastone, ha una fitta successione di melodie e idee che è faticoso seguire con l’attenzione che richiede. Come detto, però, è bellissimo pure questo. Quindi ci ritroviamo qui nel 2023 a celebrare ancora gli And Oceans, che non ci deludono mai. Siamo ancora all’inizio dell’anno, ma da oggi la playlist è più vicina. (barg)
Comprai AMGOD quando uscì e li mi innamorai di questa band. Ai tempi anche un po’ più misteriosi con poche info su chi fossero i singoli musicisti. Altri tempi.
Oggi ci scambiamo messaggi col bassista, per dire.
Tornati con CWM, mi sono realmente emozionato, come il ritorno di un vecchio amico che non vedevi da tempo.
Ovviamente questo nuovo capitolo l’ho preordinato a scatola chiusa con relativa t-shirt (un fan è pur sempre un fan). Inutile dire che ho già il mio top 2023 a febbraio, difficile scalzarli, anche per un semplice affare di cuore. Perché questo rappresentano gli …and oceans per me. Vanno oltre la musica e oltre l’arte.
Lunga vita.
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Un disco che non aggiunge nulla alla storia del black ma riesce a mangiarsi il 90% della produzione del genere nell’ultimo decennio (e pure di più). Epico, potente, coinvolgente e senza troppi inutili fronzoli elettronici. Personalmente ce l’ho a rotazione fissa insieme al disco degli Høstsol e l’ultimo degli Ahab. Daje così !!!
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bello bello. anche l’artwork è spettacolare. la versione limitata con la copertina blu ha una struttura simil-escheriana
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