Avere vent’anni: AND OCEANS – Cypher

Questo disco ha sempre goduto di pessima stampa. Se si parla degli And Oceans di solito la gente considera i primi tre dischi e, al massimo, l’ultimo Cosmic World Mother se la conversazione è avvenuta di recente. Cypher invece si tende sempre a tralasciarlo considerandolo un esperimento poco riuscito, il classico passo più lungo della gamba che ha finito per essere troppo cervellotico, cose così. Non sono d’accordo con questa linea di pensiero (per me non è né poco riuscito né cervellotico) ma capisco lo scoramento di chi, dopo tre dischi spettacolari, si è ritrovato con un disco non all’altezza dei predecessori. Al contempo però penso anche che una reazione sdegnata fosse comprensibile a caldo, non a distanza di anni e per di più dopo uno scioglimento durato quasi vent’anni.

A me Cypher è sempre piaciuto. Lo recensii per il Metal Shock cartaceo e gli misi 8, se non sbaglio, laddove a AM/GOD misi 10, innalzandolo agli onori di top album con gran profluvio di superlativi assoluti. Non aveva comunque senso aspettarsi un altro AM/GOD, dato che gli And Oceans non si erano mai ripetuti, e ogni volta che si va in territori inesplorati il rischio è sempre possibile, oltre che accettabile. Non ritengo Cypher neanche una sperimentazione eccessiva, a dir la verità: il salto dal secondo al terzo album era ancora maggiore, mentre credo che dietro a Cypher ci sia stata soprattutto la volontà di fondere uniformemente le parti elettroniche col metal, cosa che in AM/GOD non c’era stata dato che lì questi due elementi erano separati più o meno nettamente.

Ma soprattutto Cypher non è un disco cervellotico manco per niente. È cupo, quello sì, magari dimesso, di sicuro meno blastone del precedente, ma da un punto di vista compositivo è decisamente lineare. I pezzi sono tutti brevi (solo due su dodici superano di poco i 4 minuti) e, sotto la costante coltre di elettronica, scorrono lisci rispettando la forma canzone senza grossi scossoni. Di più: probabilmente questo è l’album più compositivamente semplice degli And Oceans fino a quel momento. L’unica cosa cervellotica sono i titoli delle canzoni, tutti divisi in tre parti (del tipo Aphid: Devil Flower: Fruits of Lunacy). Inoltre qui viene accentuata la caratteristica freddezza del loro suono, sconfinando in atmosfere cibernetiche – con tutti i significati e le fascinazioni che questo termine poteva avere vent’anni fa – e recuperando influenze industrial novantiane dai Prong ai Nine Inch Nails.

Probabilmente la gente si aspettava chissà cosa dagli And Oceans, ma quel chissà cosa era stato già raggiunto in passato. Cypher è un bellissimo album di canzoni brevi e incisive, coi ritornelli in evidenza e un andamento, come già detto, più dimesso che in passato. Dopodiché il gruppo entrò in uno strano limbo in cui, curiosamente, prese a cambiare più volte nome pur non facendo uscire più nulla e sparendo dalla circolazione. Capirete allora perché, con queste premesse, l’ultimo Cosmic World Mother aveva provocato tutta quell’euforia nei cuori di coloro i quali non avevano mai dimenticato l’eccezionalità di questo gruppo così strambo e così unico che passò come una meteora a cavallo dei due secoli. (barg)

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