Avere vent’anni: SATYRICON – Volcano

Marco Belardi: In una lettera del 1991 della posta di non so quale rivista musicale (vorrei fare l’aziendalista e dire Metal Shock, ma non ne sarei affatto certo) un tale scrisse che i Metallica sarebbero stati la più grande fregatura mai capitata ai metallari. Per quanto in molti – me compreso – oggi apprezzino Load, quel lettore fu profetico e previde una tendenza dilagante e non affatto circoscritta ai quattro di Frisco, i quali però ne furono l’innesco. Se gli echi di codesto innesco sono giunti sino al black metal, con band talmente evolute da finire col suonare cose inenarrabili, lo dobbiamo al fatto che dal 1991, e per circa dieci anni, Napster permettendo, il mercato discografico resistette e vendendo dischi si facevano ancora bei soldi. Non necessariamente i milioni di copie vendute da Michael Jackson, da Prince o dai Queen, o se vogliamo dal Black Album, ma comunque bei soldi.

C’è poi il fattore maturità, il fattore figa. Quello che trasforma un blackster oltranzista nel trentenne edulcorato che produce vini, si veste e si pettina a modo e sente l’intimo dovere di mandare avanti il carrozzone che gli ha permesso di concedersi certi proficui investimenti. Per quanto non abbia mai bevuto il vino di Satyr, posso dire d’aver assaggiato costantemente il prodotto dei Satyricon sin dai tempi di Nemesis Divina; con costanza, attendendo le uscite come si fa con quel genere di band che senti un po’ tua.

Volcano fu per me l’immedesimarmi in quel lettore che aveva scritto a Metal Shock, o Metal Hammer, certamente non Donna Moderna, preoccupandosi e interpretando il disco nero dei Metallica come un’anticipazione della fregatura definitiva da cui non si ritorna indietro. Me lo sentivo che sarebbe andata esattamente così. Me lo sentivo da Rebel Extravaganza, che ancora mi piaceva pur essendo stracolmo di passaggi a vuoto e incertezze, con musicisti mutati (non tanto nella formazione, spoglia di Nocturno Culto, quanto nella personalità, nel modo d’essere di Satyr e della spalla Frost) e un piglio riconoscibile solamente nella violenza verbale e musicale. Volcano non trattenne neppure quella; fu lo sfoggio aperto di quel che i Satyricon si sentivano nel 2002: celebrità provenienti dal black metal che del black metal non avevano più alcun bisogno se non a livello d’etichetta. Lo stesso motivo per cui i Cradle of Filth non l’hanno quasi mai suonato senza che a Dani desse alcun fastidio essere accomunato a quelle due dannate parole dal flavour così norvegese.

Rileggendo i titoli mi rendo conto che è meno brutto di quanto pensai allora. C’è pure il singolo per eccellenza, quella Fuel for Hatred che taluni paragonarono ai Celtic Frost nelle recensioni e che mi è rimasta in testa come nient’altro che i Satyricon avrebbero fatto da quel giorno in poi. Comprensiva, peraltro, di videoclip che passavano persino alla televisione a notte inoltrata. Ma la fregatura che ebbi odorato tre anni prima aveva ora una forma: i Satyricon erano finiti. Ci sarebbero voluti alcuni anni per metabolizzare e accettare il fatto. Ne sono trascorsi venti.

L’Azzeccagarbugli: Penso di essere l’unico della redazione ad apprezzare la produzione più recente dei Satyricon. Pur ravvisando anche io uno stacco notevole tra i primi quattro album (perché per me Rebel Extravaganza resta tanto importante e riuscito quanto i suoi predecessori) e il resto della discografia, ho sempre rispettato la volontà di prendersi dei rischi, di fare qualcosa di diverso e di sorprendere il proprio pubblico. Non sempre questa attitudine ha portato a risultati apprezzabili, ma anche nei lavori meno ispirati, come l’ultimo Deep Calleth Upon Deep o la noiosissima sonorizzazione della mostra su Munch (sulla quale, però, sospendo il giudizio, mancandomi il fondamentale aspetto visivo), ci sono momenti interessanti.

Volcano è un secondo spartiacque nella carriera dei norvegesi ed è stato atteso, in egual misura, con grandi aspettative e con il fucile spianato. Perché, anche se oggi fa quasi sorridere, nel 2002 c’è stato un momento in cui un certo tipo di black metal sembrava destinato a “fare il botto” in termini commerciali, tanto che due band come Satyricon e Cradle of Filth avevano firmato per due major.

A differenza dei Cradle che ampliarono a dismisura il suono, i Satyricon di Volcano, pur beneficiando di una produzione davvero notevole, scelsero di ridurre tutto all’osso sia in termini di sound che di composizioni. Si tratta di un disco “monolitico”, basato su riff e pattern di batteria molto opprimenti e ripetitivi e su tracce vocali costantemente filtrate. Un sound primordiale che la band inizia a tessere sin dall’iniziale With Ravenous Hunger, che prosegue con la splendida Angstridden, tra i migliori brani della seconda parte della carriera dei nostri insieme a Possessed, e che si riduce ancor di più all’essenziale nell’inno black‘n roll Fuel For Hatred che plasmerà – anche troppo – il sound del successivo Now, Diabolical.

Non si tratta di un disco semplice né particolarmente accattivante e, nel suo essere monolitico, può comprensibilmente irritare l’ascoltatore. Ma, se si entra nel suo mood, Volcano, anche a distanza di anni, pur essendo assolutamente imperfetto ed incostante a livello qualitativo, ti si insinua nella testa e non ti abbandona per giorni. Un vero e proprio magma sonoro richiamato tanto dal titolo dell’album quanto dalla conclusiva Black Lava, quasi un manifesto del nuovo corso della band e un’orgogliosa rivendicazione del proprio posto di rilievo all’interno della scena. E se ora come allora Volcano non potrà essere mai all’altezza dei suoi predecessori, l’ascolto a distanza di molti anni mi ha sorpreso molto positivamente.

E poi non posso non essere legato a questo disco, perché nel 2004 ebbi l’occasione di vedere dal vivo i Satyricon come headliner del Wacken insieme a Nocturno Culto, e ricordo ancora una tiratissima Rapined Bastard Nation cantata a squarciagola da 40.000 persone che ha introdotto uno dei momenti più indimenticabili della mia vita concertistica: la sequenza Hvite Krists død, Kathaarian Life Code The Hordes of Nebulah / Transilvanian Hunger / Under a Funeral Moon / Mother North. Ecco, anche solo per avermi concesso di vedere questo ben di satana, vorrò sempre bene a Volcano.

4 commenti

  • Io ho sempre apprezzato il nuovo corso dei Satyricon e per me Volcano è semplicemente una bomba. L’intento commerciale è evidente ma quello che conta è la qualità dei pezzi alla fine, e da questo punto di vista secondo me resta un lavoro inattaccabile. Piacciano o meno, tra i nomi storici del black metal norvegese sono praticamente gli unici che abbiano ancora qualcosa da dire

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  • Vulcano è una merda senza speranza.
    Quello dopo mi piace abbastanza invece, pezzi semplici ma almeno… pezzi, che qui semplicemente non ci sono

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  • Santoiddio, i riff di “Fuel for hatred” sono talmente stupidi e scontati che Steve Harris li potrebbe separare con degli arpeggi da 10 minuti scrivendoci il nuovo dei Maiden.
    Satyr poi per me è sempre stato il Robb Flynn norvegese, ovvero un gran paraculo, sempre pronto a suonare il genere del momento, a fare sempre le dichiarazioni in linea con il pensare in voga, e tutto quanto utile per mantenere la sua aziendina musicale sulla cresta dell’onda col suo batterista testimonial Maybelline NewYork.
    Per il resto, persa la capacità compositiva, un borghesotto da quattro soldi: lui, la sua Porsche, il suo marchio di vino che a me ricorda tanto Oronzo Canà quando finge di essere nel vigneto per somigliare a Nils Liedholm (Satyr in fondo ci mette giusto il cognome e parte dei soldi, mentre la fatica, il lavoro, la competenza agronomica, la terra, l’impegno di una vita sono affidati ovviamente a gente piu seria).
    Tutto questo sproloquio non avrebbe valore se nella sua musica fosse rimasta la qualità che si vedeva fino a metà degli anni ’90. Peccato invece per le tonnellate di liquame sonoro prodotte dopo Nemesis Divina.

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  • Premessa : mai ascoltato i
    I Satyricon ,e non comincerò adesso ad ‘anta passati. Però mi stupisce come loro (e gli Emperor) siano passati tutti da essere brucia chiese/mangia cristiani ad Hypster…. maglione a collo alto , occhialini , produzione vitivinicola , Porsche , etc , etc …. Musicalmente che uno si evolva ci sta…ma qui è proprio l’attitudine ad essere cambiata. Si nasce incendiario e si muore pompieri.

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