Wolves in the Throne Room // Incantation // Stygian Bough @Klub Kwadrat, Cracovia 20.10.2022

L’unico biglietto sopravvissuto alla pandemia che mi restava in tasca era per questo evento. Per me questo concerto dei Wolves in the Throne Room simboleggia due anni di privazioni, rotture di cazzo, follie, virologi di merda e tante altre cose simpatiche che sono sicuro hanno allietato anche voi cari lettori. Nel frattempo il gruppo spalla è cambiato, e siamo passati dagli imitatori (Blood Incantation) agli originatori (Incantation). All’ingresso provano a scansionare il codice a barre del mio biglietto elettronico e sento il fatidico suono dell’errore informatico. Guardo il tizio all’entrata come a dire “non ci provare nemmeno”. Faccio presente al suddetto tizio che questo biglietto esiste dal 2019 e che se non riescono a leggere il codice numerico non è un problema mio. Tizio, quindi, mi allunga un biglietto in forma cartacea e mi invita ad entrare.

Veramente poche le persone in sala per vedere gli Stygian Bough, che ho sentito per la prima volta il giorno stesso a casa e che volevo vedere anche dal vivo per puro rispetto nei confronti dei membri dei Bell Witch coinvolti nell’operazione, che risulta essere appunto una collaborazione tra la banda di Seattle ed un altra banda che non conoscevo, tali Aerial Ruin. La sensazione, pure ascoltando il disco del 2020, era stata di noia assoluta e proprio nessunissima emozione. La solfa della parte calma lunghissima seguita dal riff-cantilena distorto lento e pesante è veramente inflazionata e ha ampiamente rotto il cazzo. Non fraintendetemi, non ho assolutamente nulla contro questo concetto, sia chiaro. Anzi. Però, quando ci sono duemila gruppi nuovi al mese che fanno esattamente la stessa cosa senza nessun elemento di distinzione, uno è anche portato a dire che questa formula ha veramente scassato i coglioni.
Tra uno sbadiglio ed una birra e assolutamente ZERO momenti memorabili, inizio ad attendere con trepidanza il consueto set di cartoni in faccia da parte degli intramontabili Incantation. Una garanzia.

Anche stavolta la band dell’ottimo John McEntee prende a calci nei denti gli avventori, che iniziano ad essere numerosi a questo punto, ma non riempiono del tutto la sala. L’album da promuovere è sempre Sect of Vile Divinities, del quale campeggia uno sfondo gigante proprio dietro la backline.
Quarantacinque minuti in tutto nei quali pescano democraticamente da vecchi e nuovi lavori. Ci volevano proprio, e ho la sensazione che sarà l’unica volta in cui vedremo il vortice umano al centro della sala e gli scapocciamenti selvaggi di chi ancora ha la fortuna di avere tutti i peli in testa.
Non mi sbagliavo infatti, visto che all’allestire dello scenario silvestre che farà da cornice agli headliner, con rami d’alberi, arbre magique e altri accessori, una folla comincia religiosamente a formarsi nella navata centrale del Kwadrat, senza lasciare il consueto spazio per le danze. I fumogeni rendono tosto minima la visibilità e irrespirabile l’aria, visto che ad essi si aggiunge una particolare profumazione campestre di incensi vari, tra i quali spicca l’aroma “frizione bruciata”. Una roba che ti rimane non solo nell’olfatto, ma anche nell’anima.

Il fenomeno del black metal cascadico è qualcosa che devo ammettere di conoscere con superficialità. Degli stessi Wolves in the Throne Room ho solo un paio di dischi e li ritengo bellini. Riescono a creare atmosfera e vorrebbero indurre una sorta di “trance meditativa”, con le cadenze ripetute, pezzi lunghissimi e atmosfere forestali varie. Il motivo per cui non mi sono mai appassionato a tutta sta roba è perché ho sempre pensato, forse sbagliando, che il black metal fosse una cosa formativa di cui poi ti stufi e, se ci ritorni, ci torni con quei nomi che veramente hanno contato, per cui, avendo avuto tutti quei tizi svedesi e norvegesi come standard negli anni d’oro, perché mai dovrei appassionarmi al black metal cascadico? Ripeto, forse il mio ragionamento è presuntuoso, però stasera ho capito che la vera dimensione di questo tipo di musica è chiaramente quella dal vivo.
Se dicessi che l’esibizione non è suggestiva e appassionante mentirei a me stesso, e l’oretta di tempo che i lupi ci regalano è molto avvincente. Nathan Weaver è pure vestito da druido cascadico o qualunque cosa sia, con un mantellaccio fatto di pelli animali che sicuramente deve lasciare una sensazione di freschezza, sotto le molteplici luci psichedeliche e riflettori vari.
In definitiva sono contento di non essermi fatto rimborsare il biglietto tempo addietro, e, tra una birra e l’altra e una chiacchierata con il buon John Mc Entee, sempre molto gioviale, al banchetto delle magliette e dei dischi, torno a casa con il sorriso. (Piero Tola)
Fresco di tappa Milanese, direi invece che per me la loro dimensione ideale di fruizione resta su disco. Non per colpa loro, sia inteso, ma la vivo come un’esperienza molto personale ed evocativa che pressato al legend con suoni di merda magari mi passa la poesia, ecco.
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