Avere vent’anni: THERION – Secret of the Runes

Dell’evoluzione musicale che ha accompagnato i Therion nel corso degli anni si è sempre detto e scritto di tutto, tra chi li ha ripudiati dopo l’abbandono del death metal dei primi dischi, chi adora solo il periodo di mezzo (quello che possiamo inquadrare fino a Theli) e coloro che li hanno conosciuti e sostenuti dal capolavoro Vovin in poi, per quello che a grandi linee viene catalogato come il periodo symphonic metal. Già, symphonic metal, termine che a molti metallari fa venire l’orticaria solo a sentirlo nominare, non tanto per il riferimento specifico ai Therion quanto per la quantità di gruppi di merda (specialmente con voce femminile) che adesso va per la maggiore e che questo termine ha contribuito a generare; inutile fare nomi che tanto più o meno li conoscete. Perché i Therion, questo è sempre bene ribadirlo, il symphonic metal oltre ad esserlo letteralmente inventato lo sapevano anche suonare egregiamente, questo almeno fino al doppio Lemuria/Sirius B, dopo di che sono purtroppo partiti per la tangente pure loro.

Secret of the Runes, un concept incentrato sui nove mondi che compongono la cosmologia norrena, da questo punto di vista rientra pienamente nel periodo sinfonico di Christofer Johnsson e soci, nonostante sia comunque ancora lontano dalle inflessioni power e dalle inutili magniloquenze e pomposità degli ultimi scialbi lavori. Stilisticamente non differisce di tanto dal precedente e non apprezzatissimo Deggial, se non per un’atmosfera in generale più cupa e un sound di chitarra più corposo che ricorda un po’ quello di Vovin, pur senza le atmosfere tipicamente pompose di quel lavoro. Il fattore positivo è che siamo ancora in quel periodo dei Therion in cui la solita orchestra impiegata per l’occasione (ben 25 elementi) non si erge a protagonista ma rimane sempre a servizio delle composizioni presenti, senza mai essere eccessivamente invadente.

Se proprio vogliamo, il parziale difetto di Secret of The Runes è quello di piazzare i pezzi migliori (Ginnugagap, Midgård  e la spettacolare Asgård) tutti all’inizio della scaletta, in quanto purtroppo i restanti brani (ad eccezione di Nifelheim) non sono assolutamente sul livello dei primi. Discorso diverso invece per le due interessanti cover presenti, quella piuttosto ordinaria di Crying Days degli Scorpions e quella assolutamente geniale di Summernight City, ovvero come reinterpretare alla perfezione in chiave metal uno dei brani più belli degli Abba. In definitiva che i Therion abbiano fatto di meglio non ci sta alcun dubbio, ma Secrets of the Runes a distanza di vent’anni rimane un ottimo lavoro che si lascia ascoltare piacevolmente, prima del rincoglionimento del suo factotum a partire da Gothic Kabbalah in poi. (Michele Romani)

3 commenti

  • Dai, gran disco.
    Non mi sentirei di bocciarne la metà, lo trovo comunque molto consistente.
    Effettivamente dopo Gothic Kabbalah c’è stato un deciso e oggettivo tracollo delle idee.

    Se si fossero fermati un attimo anziché comporre 4 album in 4 anni e tutti validissimi (1998-2001), adesso gli sarebbe rimasta qualche idea decente e non la ciofecata prodotta con Leviathan.

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  • Io ho un rapporto strano con questo disco, nel senso che la versione in studio la trovo troppo pensante da digerire, invece nei vari live i pezzi, più o meno tutto, assumono tutt’altro aspetto e sono decisamente più coinvolgenti. Concordo sulla cover degli Abba, fantastica e gran bel videoclip aggiungerei. Dai su Gothic Kabbalah è il loro ultimo capolavoro, poi da quando ha cacciato i due fratelli veramente poca robba…

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  • Buon disco… meglio di Deggial, forse una virgola meno di un ipotetico best of Lemuria/Sirius B. Poi basta.

    Visti nel tour di questo album… spettacolari

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