Avere vent’anni: PYAEMIA – Cerebral Cereal

Cos’hanno in comune capolavori tipo Images & Words (Dream Theater), The New Order (Testament), Fire Down Under (Riot), History of a Time to Come (Sabbat), e poi basta perché si potrebbe andare avanti per ore? A parte il fatto che ognuno di questi in una scala da uno a dieci vale 11? Semplicissimo: i loro autori non hanno inventato i rispettivi generi, però in questi dischi lo hanno suonato meglio di tutti, anche meglio di quei maestri che invece il genere lo hanno creato dal niente. Vale lo stesso discorso per Cerebral Cereal degli olandesi Pyaemia: non lo hanno certo inventato loro il brutal death, ma hanno imparato la lezione dei loro predecessori e sono riusciti ad incidere un album che supera – e neanche di poco – quasi tutto quanto è stato pubblicato in questo genere fino ad allora, agosto 2001. Il classico disco pazzesco che in una scala da uno a dieci vale anch’esso 11.

Influenzati palesemente dai Suffocation, i Pyaemia sono stati in grado di fare di meglio perché nessuno dei nove brani dell’album può essere considerato secondario, riempitivo o meno riuscito, cosa che nemmeno i Suffocation di Effigy of the Forgotten e Breeding the Spawn possono vantare. Nove coltellate, ventinove minuti di musica che meglio di qualunque altra rappresenta il brutal death per quello che veramente è: una musica furiosa, velocissima, estremamente tecnica e che ha comunque un obiettivo ben preciso, cioè evitare di sembrare un muro di suoni indefinito ed indefinibile spesso sconfinante nel semplice casino o nel frastuono privo di logica, nel quale diventa praticamente impossibile discernere un riff nella sua completezza. Se qualcuno che non avesse mai ascoltato un disco brutal death mi chiedesse un consiglio per cominciare, un disco ed uno soltanto, io lo inviterei caldamente a procurarsi Cerebral Cereal. È qui la perfezione, non serve rivolgersi altrove.

Registrato in modo spaziale, e benedetto da una scelta di suoni credo mai più sentita in seguito, il disco è suonato favolosamente da quattro campioni del mondo che hanno messo la loro tecnica al servizio delle composizioni. Robbert Vrijenhoek, che fu anche il batterista nel primo disco dei conterranei Disavowed, dei quali si è parlato da pochissimo, era un mostro, un alieno, secondo solo a Flo Mounier, ma su questa affermazione ci si potrebbe pure trovare da ridire. Il suo stile è differente, svisando da blast beat perfetti ad ogni sorta di trick possibile ed immaginabile con una naturalezza allucinante. Quando vidi dal vivo i Pyaemia avevo la bocca spalancata, e l’unica cosa che mi riusciva di fare era applaudire la loro così eclatante supremazia. Uno dei pochi concerti che ho visto standomene fermo ad ammirare l’esibizione di strumentisti ai quali pochi si avvicinano. Questi ragazzi, se volessero, potrebbero suonare qualunque genere musicale senza alcun tipo di tentennamento.

La batteria è tenuta in grande evidenza, e questo garantisce al disco una brutalità totale, ma anche i due chitarristi ed il bassista – pure lui con dei suoni perfetti che molto, molto raramente si sono potuti ascoltare in questo genere così estremo – macinano riff schizzati, sconvolti, spezzati in decine di controtempi, cambi di tempo spaziali, staffilate violentissime ognuna delle quali ben piantata nel terreno dell’armonia. Si può perfino azzardare a dire che c’è parecchia melodia nelle tracce di questo album, anche se stiamo parlando di uno dei dischi brutal death metal più riusciti di sempre, e se c’è una cosa che i gruppi brutal tendono a trascurare è proprio avere linee melodiche in eccessiva mostra. Il minutaggio medio-basso dei pezzi accentua la percezione di violenza, l’essere così diretti e straight-in-your-face esalta la diversificazione compositiva e la varietà dei riff, tutti quanti perfettamente riconoscibili e distinguibili l’uno dall’altro.

Cerebral Cereal purtroppo è stato una one-hit-wonder, il loro debutto ed anche il loro epitaffio. Il batterista ebbe gravi problemi alle braccia e fu costretto a smettere di suonare; sostituire un elemento di quel livello sarebbe stato difficile per chiunque, ma per loro lo fu ancora di più. Il materiale che avrebbe dovuto comparire sul secondo album era più tecnico ancora, ne avevano anticipato due pezzi nel concerto a cui assistei io, e non trovarono mai nessuno in grado di registrarlo come l’avevano pensato loro. Questo fece mettere on hold la band per un certo periodo, durante il quale si continuò a cercare un batterista all’altezza. Infine, persa oramai ogni speranza, nel 2005 si decise di sciogliere definitivamente il gruppo, lasciando ai posteri un disco ineguagliabile ed anche tanti rimpianti sulla musica che avremmo potuto ascoltare e che non ha visto né vedrà mai la luce. (Griffar)

 

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