Clayman, o di quando gli IN FLAMES presero la strada per il metalcore

Il famigerato Anno Domini 2000, quello che segna l’inizio di un periodo un po’ di merda per il metal, segnò anche il destino degli In Flames, che passarono da rivelazione del death melodico svedese a, boh?, qualcosa da cui secondo me il metalcore statunitense ha preso molto. O forse viceversa? Di fatto in Clayman Anders Fridén ancora non innestava le massicce dosi di ritornelli puliti che avrebbero deliziato le orecchie degli appassionati negli album successivi, però già si sentivano i prodromi di quella che sarebbe stata la nuova direzione sonora poi intrapresa dal gruppo, fatta di melodia, ritornelli in allegria, sprazzi di velocità, chitarre ribassate e produzioni pulitissime; e badate: se tutti questi elementi puntano al metalcore, cari amici lettori, non è certo colpa mia, ma colpa loro.

Chi lo sa, forse puntavano al mercato statunitense, speravano di vendere fantastiliardi di copie e di trasferirsi a Beverly Hills; che poi immagino che Clayman, come buona parte degli album successivi, abbia venduto bene, certo magari non tanto da farci uscire una villa con piscina in California ma bene comunque, eventualità che ovviamente li spronò a proseguire facendo però PEGGIO. Sì, perché Clayman non è un disco riuscitissimo, come non lo saranno i successivi, che comunque conosco fino a Come Clarity, lavoro che ormai degli In Flames di Goteborg non aveva più nulla tranne il nome in copertina, e infatti dopo quello li ho definitivamente lasciati perdere.

Ora, Clayman però non è proprio tutto da buttare alle ortiche perché, se è vero che non è un disco riuscitissimo, e pertanto non una merdata totale, lo si deve al fatto che dentro c’è pur sempre Jesper Stromblad, il quale anche involontariamente qui e lì qualche riff buono lo piazza. Oltretutto a me la voce di Anders Fridén è sempre piaciuta, quando la sporca dico, e, come ho scritto più su, in Clayman ancora non si lanciava del tutto nel magico mondo del cantato pulito neomelodico (…) dal retrogusto core. Voglio dire, un pezzo come Only For the Weak è ancora dignitoso, anzi pure più che dignitoso, la stessa Clayman si lascia ascoltare bene, come anche Suburban Me. Però il resto insomma, su. Che poi è di questi giorni la ri-registrazione di alcuni pezzi per il ventennale dell’album. Che dire? Sarebbe stato meglio se si fossero sparati in un piede. (Cesare Carrozzi)

One comment

  • “Produzioni pulitissime”?!?!?! Quelle più attuali si, ma Reroute to Remain e Soundtrack to Your Escape hanno dei suoni disdicevoli dove non si capisce una sega, sembra tutto bofonchiato.

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