I Dimmu Borgir del deserto: MYRATH – Shehili
Vi avevo già parlato dei tunisini Myrath quando era uscito il loro precedente album, Legacy (che non è altro che la traduzione inglese della parola araba myrath). All’epoca ero rimasto abbastanza deluso, e nuovi ascolti più recenti mi hanno sostanzialmente confermato le impressioni di qualche anno fa. Stesse impressioni che mi hanno suscitato i video dei primi singoli estratti da Shehili: clips tamarre e macchiettistiche che per effetti e modalità mi hanno ricordato un po’ alcuni video dei Dimmu Borgir dell’ultimo periodo, ma evidentemente girati con un budget infinitamente inferiore.
Tuttavia, l’album intero si è rivelato decisamente migliore delle aspettative che avevano creato i singoli. Certo, fosse per me ci vorrebbero meno prog, più folk e meno macchiette stereotipate, ma immagino che a quel punto l’album piacerebbe solo a me.
Almeno questa volta i Myrath hanno scelto un simbolo meno scontato e inflazionato della mano di Fatima, ossia quella mezzaluna con triangolo in copertina che dà la forma anche alla tastiera del video tamarrissimo in stile Prince of Persia di No Holding Back. Non chiedetemi cosa significhi perché non me lo ricordo, ma se girate un po’ in Marocco troverete migliaia di orecchini d’argento di quella forma. Non so neanche se ha un nome specifico ma se non sbaglio è comunque qualcosa che ha a che fare con la fertilità ecc. ecc. Detto ciò, sarò scontato ma per me le canzoni più belle sono quelle cantate in arabo, totalmente o in parte, come Lili Twil (“la mia notte è lunga” in dialetto maghrebino), l’ottima introduzione Asl (“radice, origine”) e Mersal (forse “messaggero”). Ma anche i singoli come Dance, inseriti nel contesto dell’album, fanno un effetto diverso rispetto ad ascoltarli mentre si guarda il video ed estrapolati dal contesto.
I Myrath insomma non hanno proposto nulla di nuovo rispetto a quanto hanno fatto finora, continuando a proporre un progressive metal abbastanza moderno ed edulcorato, a volte molto pop e con qualche melodia orientaleggiante. Per fortuna il paragone iniziale con i Dimmu Borgir si è rivelato poco calzante ora della fine e le aspettative iniziali (in realtà abbastanza basse) sono state superate. Io nel frattempo continuerò comunque a preferire Tales of the Sands e a sperare che facciano un certo tipo di album che non credo arriverà mai. (Edoardo Giardina)
Ma dove li pizzicati certi… Chapeau. Non mi piacciono, ma chapeau a voi.
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A me non dispiacciono ! Sarò anacronistico ma le genti di quelle parti sono meglio di come ce li descrivono quindi fanculo ai razzisti !
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Io non li sopporto, li trovo stucchevoli. Forse all’inizio erano una cosa più solida alla Symphony X e adesso mi si sono rammolliti, ma trovo che facciano solo pezzettoni orecchiabili iperprodotti, molto tamarri, pompati. E io adoro gli Orphaned Land, quindi non è che ho pregiudizi verso le influenze arabeggianti, è che nei Myrath trovo proprio mancare il buon gusto.
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