POSSESSED – Revelations of Oblivion
Il 22 dicembre 1948 nasce a Tarquinia, ridente cittadina della provincia di Viterbo, Angelo Jacopucci. È fondamentalmente un bravo ragazzo, ma in paese non ha una buona fama. Si vocifera che sia un attaccabrighe. Si fa rispettare, Angelo, e quando c’è una questione con qualcuno passa velocemente alle vie di fatto. Butta giù la gente, insomma. Sa menare, Jacopucci, ed anche bene. Il motivo è presto detto: è un pugile dilettante molto promettente. Nel 1973 diventa professionista e comincia una scalata mica da ridere: in due anni disputa diciannove incontri e li vince tutti, fino a quando, il 16 agosto 1975, arriva la grande occasione: l’attacco al titolo italiano dei pesi medi. L’avversario è tosto, il veneto Luciano Sarti, un vero e proprio mastino, ma Angelo non si fa intimidire e lo batte ai punti per decisione unanime. L’anno successivo difende il titolo contro un altro mito del pugilato italiano, Renato Benacquista, ripetendo l’esito dell’incontro precedente. Mesi dopo tenta un’altra scalata, quella al titolo europeo, contro l’inglese Sterling. Il risultato è sempre lo stesso: vittoria ai punti nelle classiche quindici riprese dell’epoca. È il 4 giugno del 1976: Angelo Jacopucci è sia campione italiano che europeo dei pesi medi. Ormai è un grosso nome e in Italia lo conoscono tutti.
Il tarquiniese è un pugile atipico per due motivi: l’altezza e lo stile. Jacopucci è alto un metro e ottantasette centimetri, un vero e proprio gigante per la sua categoria: mediamente supera i suoi avversari di una decina di centimetri. Il suo stile è una diretta conseguenza della sua altezza. Ha le braccia lunghe e la sua tattica è sempre la stessa: tiene gli avversari a distanza per tutto l’incontro e dà una lunghissima serie di “colpetti”, soprattutto al volto. Per la legge dei grandi numeri, molti vanno a segno e alla fine vince ai punti. Siamo negli anni settanta e la boxe è durissima: gli incontri terminano spesso con un brutale ko o comunque con i due pugili letteralmente sfigurati, mentre Jacopucci, grazie alla tattica di cui sopra, ha quasi sempre il viso intatto. E poi gli manca una cosa: la potenza, intesa come durezza. Angelo è uno “stratega”, figura molto atipica in quella decade violenta a sanguinaria a 360 gradi. Anche se vince, capita più di una volta che il pubblico lo insulti perché non si è divertito. Niente sangue, niente facce aperte, niente svenimenti, ma “soltanto” quindici riprese di studio, colpi ragionati e distanza: quasi inconcepibile per il pugilato di quei tempi. Anche i giornalisti non sono teneri con lui e gli fanno notare spesso queste presunte mancanze, ma lui si difende. E lo fa, giustamente, sbattendo in faccia agli intervistatori vittorie e titoli conquistati e poi ha un colpo di genio: “Perché quando lo fa Cassius Clay gli dite che è un campione? Io sono il Cassius Clay dei poveri”. Questa frase farà la “storia” in tal misura che molti cominceranno a chiamarlo, appunto, Il Cassius Clay dei poveri. Jacopucci è un ragazzo semplice di provincia, ma non è uno stupido: le risposte alle domande dei giornalisti, analizzate superficialmente, sembrano delle immani puttanate, ma non lo sono per niente. Sono delle provocazioni ragionate e studiate: anche in quelle occasioni, insomma, Angelo si comporta esattamente come fa sul ring e questa tattica paga pure in quel contesto: diventa un campione affermato, con tanto di titoli, ed un istrionico personaggio mediatico. Una sorta di precursore per il nostro Paese, insomma. Un Cassius Clay dei poveri, appunto.
Facciamo un salto temporale di due anni ed arriviamo al 1978. In questo lasso di tempo Angelo ha perso il titolo europeo, pochi mesi dopo averlo conquistato, contro Valsecchi. Per difendere la cintura europea ha lasciato vacante il titolo italiano, che riconquista nel 1977 battendo Mario Romersi. Nello stesso anno subisce il primo ko della sua carriera contro Lucas. Per un tattico come lui è un trauma. Nel maggio del 1978 difende il titolo italiano, battendo per ko Faciocchi. Probabilmente rincuorato da questo risultato, ritenta la scalata al titolo europeo, lasciato vacante da Gratien Tonna. Ma questo volta è durissima.
È il 19 luglio del 1978, Angelo è professionista da cinque anni, si avvia verso i trenta ed ha un curriculum ottimo. L’altro pretendente è l’inglese Alan Minter: ha tre anni meno di Jacopucci, una faccia che è un misto tra il cattivo dei film, un hooligan ed un soldato delle SS, ed è un cazzo di bombardiere. Stilisticamente è l’esatto opposto di Jacopucci, infatti è famoso per la sua brutalità. Ti martella finché non ti butta giù. Mors tua vita mea, o tu o lui, pampampapam. È uno dei pugili europei più temuti di quel periodo, a tal punto che il suo manager ha difficoltà a trovargli degli avversari. L’incontro non è bello: Jacopucci subisce, ma tiene botta come al solito. Alla dodicesima ripresa il colpo di scena: contrariamente alla sua solita tattica, Angelo “va sotto” a Minter. Ancora non lo sa, ma quello sarà un gravissimo errore, il peggiore della sua vita. In quel momento probabilmente dentro di lui scatta qualcosa. Forse gli saranno tornate in mente le scazzottate di Tarquinia, quando ne buttava giù due o tre alla volta; forse, in quei secondi, gli saranno ripiombate nel cervello tutte le critiche ricevute in passato da pubblico e stampa, nonostante i titoli conquistati, per il suo modo di combattere “controllato”; forse si rende conto che se non lo butta giù potrebbe perdere ai punti… Non sapremo mai cosa sia successo. Minter, ancora incredibilmente freschissimo, ne approfitta e gli scarica addosso una terrificante serie di pugni al volto e Jacopucci finisce per terra. L’arbitro conta. È finita. Minter è il nuovo campione europeo. Per festeggiare il titolo, l’inglese ed il suo staff vanno a mangiare fuori. C’è anche Jacopucci, che è un uomo dotato di grande fair play. Alla fine della serata, Angelo comincia a vomitare. C’è chi pensa che abbia bevuto troppo. Poco dopo essere rientrato in albergo, improvvisamente entra in coma. La sequenza finale con cui Minter lo ha messo ko gli ha provocato un’emorragia cerebrale. Trasportato d’urgenza in ospedale, muore tre giorni dopo, esattamente cinque mesi del suo trentesimo compleanno.
Siamo tutti bravi con il senno di poi, è vero, ma Angelo Jacopucci su quel ring non ci sarebbe mai dovuto salire, questo a prescindere dal tragico epilogo. Nei cinque anni precedenti aveva conquistato dei titoli importanti e si era fatto un nome, nel bene e nel male. Il suo stile, nei decenni successivi, verrà completamente sdoganato, sino ad arrivare ai nostri giorni, in cui la situazione nella boxe è esattamente antitetica rispetto agli anni settanta: i pugili “tattici” rappresentano la normalità oggi, soprattutto nei pesi medi, mentre quelli “brutali” sono una netta minoranza, considerati, appunto, “vecchia scuola”. Nel nostro Paese Angelo Jacopucci, piaccia o meno, è stato senza dubbio una sorta di antesignano, oltreché un indiscusso campione. Aveva oggettivamente già dato il meglio. Avrebbe potuto tranquillamente evitare un avversario durissimo come Minter (dopo quel titolo europeo, l’inglese conquistò anche quello mondiale) e limitarsi a fare qualche altro incontro “tranquillo” sino al meritato riposo, ma le sue scelte, come sappiamo, furono ben diverse. Gli amanti del pugilato sicuramente preferiscono rimuovere i fotogrammi in cui cadde sotto i tremendi pugni di Alan Minter, ricordandolo solo per i tempi d’oro, quando era il campione italiano ed europeo in carica, e durante le interviste televisive diceva ai giornalisti “se io non facevo così, non facevo il Clay dei poveri, voialtri adesso non stavate qui insieme a me a parlà”. (Il Messicano)
“Ahò, io nun c’ho capito ‘n cazzo. Si te riconosco me meni e si nun te riconosco me meni uguale. Ma dimme che me voi menà”!
Grande, grande disco comunque, Messicà. Lo vedo più sul versante Minter che Jacopucci, volendo provare a interpretarti.C’ho una fissa particolare per “Damned”.
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Gran bell’ articolo Messica’.
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Bell’articolo, ma un pezzo intero del Messicano senza volgarità o insulti per qualcuno mi ha lasciato stupito.. Aspettavo ogni riga sempre più trepidante, più si avvicinava la fine.. “Ora arriverà almeno la raffica finale piena di odio e merda per compensare la mancanza nel resto del testo”, pensavo.. E invece niente.. Però bell’articolo e parole piene di rispetto..
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Messicano, questo è genio
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Sei un genio
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Mai seguito il pugilato, ma queste storie, narrate dalla penna sapiente del Messicano, me le godo ogni volta.
E concordo, non c’è altro da aggiungere a quanto scritto.
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