Avere vent’anni: TAAKE – Nattestid Ser Porten Vid
Nattestid Ser Porten Vid rappresenta la pietra tombale del black metal. Non in senso negativo, sia chiaro: intendo che con quest’album il black metal giunge alla fine del proprio percorso evolutivo, esaurendo la spinta propulsiva creatrice che, partita col primo vagito di A Blaze in the Northern Sky, ed avendo raggiunto coscienza di sé nel frattempo, giunge così a compimento.
Sia chiaro che quando parlo dei Taake mi riferisco esclusivamente a Nattestid Ser Porten Vid, includendo anche, al limite, il più cervellotico secondo album Over Bjoergvin Graater Himmerik: i dischi posteriori sono gradevoli esercizi black’n’roll che col presente discorso non c’entrano nulla, come ho già accennato qui. Nattestid rappresenta la fase estrema della parabola di vita del black metal; non la fase declinante ma, più correttamente, il suo commiato: e rifulge di quella luce così abbacinante proprio perché è ancora parte di essa. I Taake sono l’ultimo gruppo a rientrare nel canone. Dopo di loro ci poterono essere solo rielaborazioni o rievocazioni, in cui ogni eventuale innovazione dovette inevitabilmente scavalcare i confini ontologici del genere. Il black metal è quel genere musicale che, nella sua accezione classica, va dai Mayhem ai Taake. Da Euronymous a Hoest. Chi ha suonato black metal successivamente si è ispirato a questo canone, o al limite lo ha modificato espandendosi fuori di esso.
Immaginate il black metal come un’idea platonica, perfettamente rotonda, autosufficiente e coerente a sé stessa. La grandezza dei Taake sta nell’essere arrivati temporalmente per ultimi al debutto, ed essere così riusciti a incunearsi negli spazi lasciati vuoti dai gruppi precedenti, riempiendoli, e restituendo così la forma definitiva al genere. È per questo che appaiono contorti: è la loro stessa essenza e ragion d’essere che lo impone. Nattestid pare procedere a salti, con i riff che si susseguono fratturati, dando l’impressione di essere spesso lasciati a metà, con ritmiche schizofreniche, con riferimenti ad atmosfere e sensazioni diverse. Ma non ci sono rimandi immediati agli altri gruppi scandinavi degli anni Novanta: e questa è una conseguenza dell’originalità assoluta dei Taake, un gruppo che non copia né riprende altri ma che, appunto, crea qualcosa di completamente nuovo pur ponendosi in modo estremamente rigoroso dentro i confini del genere.
Ascoltare Nattestid pochissimo dopo la sua uscita fu devastante. Per me fu un colpo di fulmine, anche se non ricordo recensioni particolarmente esaltanti sulle riviste. Riusciva a trasmettermi le stesse sensazioni che mi avevano fatto amare il black norvegese, pur non riuscendo a ricollegare ad alcun gruppo in particolare. E vent’anni dopo la magia è intatta, come accade per In The Nightside Eclipse, Vikingligr Veldi o Transilvanian Hunger: né le migliaia di ascolti né la mia crescita personale da adolescente a persona adulta hanno scalfito ciò che quei capolavori immortali riescono a trasmettermi. E dopo Nattestid, fatta salva la parentesi di Bjoergvin di tre anni dopo, non ho più provato nulla del genere, perché non c’è mai più stato nulla del genere. Nel gennaio del 1999 il black metal morì, ascendendo così all’immortalità. Il suo ultimo addio fu Nattestid Ser Porten Vid, e fu un addio degno del proprio vissuto. (barg)
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Tutto ok ma poi un giorno mi spiegherai dov’è che senti sta componente black’n’roll su Hordalands doedskvad. Dopo questo terzo disco sì. Ma ripeto, su Hordalands non c’è ancora traccia di black’n’roll. Più pulitino, epico e folkish ma si tratta ancora di un grandissimo album. Da riscoprire, magari.
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concordo in toto…a me Hordalands piace quasi quanto Nattestid, poi il mio interesse nei Taake ha iniziato pesantemente a scemare…
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L’ultimo grande disco black metal norvegese, sempre pensato anche io…
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capolavoro
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Disco di una bellezza commovente.
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