Scandinavia spostate: SELVANS – Faunalia

Che la zona del Sannio e degli Abruzzi non avesse nulla da invidiare in quanto a grimness (trucità?) ai fiordi norvegesi e ai boschi finlandesi già lo sapevamo, ma i Selvans, gruppo nato dai disciolti Draugr, ce lo ricordano ancora una volta. Faunalia fa seguito infatti all’EP Clangores Plenilunio e a Lupercalia che già avevano segnalato gli abruzzesi come band dalle ottime capacità e prospettive. Da segnalare anche uno splendido quanto naturale split con i sardo-argentini Downfall of Nur. Considerando la proposta, una sorta di folk su base atmospheric black metal, non possiamo neanche meravigliarci troppo dell’interesse costante della nostrana Avantgarde, marchio di estrema qualità che ha un fiuto da segugio per questo genere di gruppi.

Con quest’album le sonorità del duo Sethlans Fulguriator e Selvans Haruspex si fanno ancora più atmosferiche se possibile e creano un mix originale estremamente drammatico. Le tematiche non sono limitate al recupero di antichi miti ma la musica diventa anche il pretesto per decantare l’amore per la propria terra. Tutto ciò è rappresentato sonoramente dall’organo che si sente in Notturno Peregrinar, e iconicamente da quella sorta di fauno al contrario in copertina, che non suona un antico strumento in un bosco ma una fisarmonica, incravattato e seduto su una sedia in mezzo alla neve, in quello che sembra essere un dagherrotipo ottocentesco o una vecchia foto di famiglia dei primi del Novecento.  La qualità inoltre è estremamente omogenea e rimane ad altissimi livelli lungo tutta la durata dell’album. Credo, per esempio, che se dovessi decidere le mie tracce preferite dei Selvans sceglierei O Clitumne! e N.A.F.H. da Lupercalia, che in generale ha ambientazioni più epiche – anche se Anna Perenna non ha nulla da invidiare. Se però consideriamo l’album come un’opera unica e indivisibile, a quel punto Faunalia rasenta la perfezione: non ha una virgola fuori posto e ogni momento ha la sua ragione e la sua economia all’interno dell’opera. Oltre ad essere probabilmente uno dei pochi album folk metal della storia ad avere un’introduzione acustica, Ad malum finem, semplicemente fantastica e che non si riduce ad un semplice esercizio di stile.

La copertina di Lupercale (2015)

Avevo iniziato questa recensione pensando di scrivere anche di nuovi album di altri gruppi italiani usciti di recente e sempre all’insegna del black/folk e dello “Scandinavia spostate”. Gli altri gruppi di cui avrei voluto parlare ve li segnalo comunque, in caso vogliate provare ad ascoltarli e io non riesca a scriverci una recensione nel prossimo futuro: sono i romani Dyrnwyn e i campani Taur-im-duinath. Il fatto è che credevo di non trovare molto da dire su Faunalia, anche perché di primo acchito mi era piaciuto ma non mi aveva entusiasmato. Non fate il mio stesso errore e, se all’inizio non vi dice molto, non desistite: in realtà è un album che cresce con gli ascolti e che vi coinvolgerà a 370 gradi. (Edoardo Giardina) 

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