Avere vent’anni: BEFORE THE DAWN – My Darkness

Questo è il debutto dei Before the Dawn e anche il primo manifesto della dualità di Tuomas Saukkonen, che essendo un finlandese culturista scrive una musica disperatissima eppure testosteronica. È questo il contrasto alla base dei Before the Dawn, quantomeno nella loro prima fase: nonostante siano completamente incentrati sulla disperazione e le sciagure umane, non possono essere definiti in altro modo che cazzuti. E poi hanno il tiro. Ti fanno proprio battere il piedino, scapocciare, eccetera. Hanno bei pezzi, hanno il tiro, insomma spaccano forte epperò sono comunque molto malinconici. È tutto un bell’equilibrio che riuscì a durare per una manciata di album prima del declino e della perdita d’interesse di Saukkonen, che intanto portava avanti vari altri gruppi.
Comunque My Darkness spaccava davvero. Pensate che il ventennale ricadeva in realtà il mese scorso, stavo scrivendo una breve per metterla nella multipla di fine mese e nel frattempo riascoltavo il disco e continuavo a ripetermi madonna quanto spacca sto disco, oh ma spaccava sul serio sto disco, spacca proprio il culo a san Luigi di Francia sto disco, e quindi era inevitabile: bisognava dare lustro a My Darkness e scriverne un pezzo lungo, a costo di posticiparlo il mese dopo. E quindi eccoci qua.
Ci sono tante cose che si possono dire in un pezzo lungo, ad esempio che My Darkness ha 10 pezzi più intro (che si chiama proprio così: Intro) e non arriva neanche a 40 minuti: le canzoni sono brevi e vanno dritte al punto senza indulgere in puttanate. Niente smancerie, sbrodolamenti, lungaggini: di solito parte il pezzo, parte il riffone e il ritmo rimane più o meno quello fino alla fine. Questo è uno di quei dischi semplici ed efficaci, con pochi elementi ben gestiti e ben strutturati, che però non rischiano di diventare monotoni, perché c’è comunque una certa varietà compositiva. Dal riffone in midtempo di Unbreakable all’inizio, che spacca pure il cemento armato e che se l’avessero scritto i Metallica del Black Album ora sarebbe adorato da milioni di persone, a pezzi più veloci e giocati sulla voce pulita di Panu William, nuovo azzeccatissimo ingresso nella banda, senza le quali una canzone spettacolare come Seraphim non sarebbe stata la stessa cosa.
La seconda metà del disco non è densa come la prima, ma il livello è talmente alto che va benissimo così. Del resto bisognerà che passi molto tempo prima che uno si stufi del riffone di Unbreakable, e ci sono così tanti spunti che ogni volta diventa difficilissimo togliere quest’album dallo stereo. Peraltro i Before the Dawn si sono riformati un paio d’anni fa ma finora, a parte un paio di pezzi, non hanno prodotto ancora un nuovo disco; speriamo bene, perché davvero My Darkness spaccava troppo e di contro gli ultimi lavori della band non è che fossero. (barg)
Bravissimo Barg! Io preferisco Deathstar rising e Rise of the phoenix, ma avercene.
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