Avere vent’anni: BONNIE PRINCE BILLY – Master and Everyone

Non si presta ad essere incasellato troppo, Bonnie Prince Billy. Uno che ad occhio e croce nemmeno è troppo a suo agio con l’identificare sé stesso. Cioè, fino a pochi anni prima aveva praticamente cambiato nome ad ogni disco. Un manager non so se ce l’aveva, ma se sì deve avere avuto le sue gatte da pelare. Intendiamoci: siamo nel campo di quel folk-indie come si poteva intendere all’epoca, e ancora per poco. Che infatti stava nascendo un genere omonimo, da copertina, con lagne come Damien Rice e poi Fleet Foxes, Iron & Wine, Bon Iver. Ma perché vi parlo di questo… voi siete dei cattivoni veri e di sicuro questi nomi non vi dicono nulla. E non dovrebbero dirvi nulla, beati voi. Però il Principe, appunto, è diverso. E lo capisci guardandolo in faccia, il disagio. Troppo white trash per diventare davvero un beniamino per magazine e fighetti. Anche se forse sono io che ne sottovaluto il successo… Ascoltandolo, poi, in fondo faceva solo folk, anche un po’ di country blues, ma soprattutto, quando è al meglio, folk degli Appalachi. Disperato. Scuro. Depresso (forse deprimente, ci sto). Non proprio adatto a fare da colonna sonora per le primarie del PD. Non stupitevi allora per l’investitura da parte del Re Oscuro, Johnny Cash in persona, che con lui ha duettato su un suo pezzo. Di Bonnie Billy, che poi è Will Oldham. Non stupitevi che uno dei momenti più cupi (e di sicuro il più emozionante) di un disco cupissimo come Black Ships Ate the Sky dei Current 93 sarebbe stata poi proprio la sua interpretazione del vecchio folk Idumea. Forse la cosa più apocalittica che abbia sentito in campo di folk apocalittico. E non stupitevi dello scambio di favori invece col Principe Oscuro, Lanegan in persona. I due si sono coverizzati a vicenda per un singolo dei Soulsavers. Per la cronaca, se duello fu, lo vinse Lanegan, sia perché come interprete è nettamente migliore sia perché migliore è anche il brano scritto da Oldham. E questo dice molto. Will Oldham è un grandissimo musicista, per non dire artista. Quanto Lanegan, più o meno. Quell’ordine di grandezza. E di poetica. Anche se stona. Anche se è tutto meno che carismatico, sciatto e sconclusionato come il personaggio che interpreta in Old Joy, piccola gemma di cinema indipendente statunitense. Anche se Lanegan forse non avrebbe preso parte alle pagliacciate di Jackass. Anche se poi la discografia del Principe Billy si sarebbe popolata a dismisura di collaborazioni bislacche, fini a sé stesse, in alcuni casi semplicemente brutte. Con in mezzo però ogni tanto una gemma, un disco in proprio, acustico, mesto, solitario. E splendido.

 

Come Master and Everyone, che non sarà stato il disco con cui si sarà fatto notare per primo, ma di sicuro fu quello che ne ha cementato la reputazione. Sicuro il primo che abbia sentito io, e fu una folgorazione. Con Even if Love. Ero giovane, ascoltavo musica pesante da non molto tempo, ma per me quelle poche, pochissime note di chitarra acustica suonavano, suonano pesanti. Pesante è il silenzio tra un verso e l’altro. Sa di Morte.

And I love the sound of wind
Blowing at night through trees
From the roof I can see tombs
Past the houses of the city
[…]
And love will protect you
To the edge of the wood
Then a monster will get you
And love does no good

Se non sa di Morte questo… Even if Love la sentirei bene suonata anche con un bel po’ di elettricità, cadenzata, ma forse sarebbe una cosa diversa (nota: a pezzo finito ho scoperto che una versione stoner/doom esiste per davvero, l’han fatta tali Brume). Ok, la smetto con le parole a vanvera. L’importante è che non confondiate Bonnie Prince Billy con i cantautorini che portano la barbina e le camicine a scacchini. Qua c’è disagio denso. Lo senti infilandoci la mano, pesante, vischioso. Oldham, per carità, canta anche l’Amore. Come canta la fragilità, la desolazione, il silenzio, il desiderio che quel rumore là fuori termini, o dia tregua per un po’. Master and Everyone insomma è questa cosa qui. Poche note acustiche, liriche più meste persino della loro interpretazione, una sensazione di interruzione del tempo che è oro. È un disco di folk, di pochissimi elementi, solo apparentemente sereno. Con pochissima elettricità in più, il successivo The Letting Go fu forse il suo apice. Ma Master and Everyone è un disco che, se siete fortunati e vi piace, poi non vi lascia. (Lorenzo Centini)

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