Legend: i VANUM cambiano genere a ogni disco

Sostenuto da Profound Lore con una poderosa campagna promozionale, come sempre capita coi loro gruppi, e in coproduzione con Eisenwald che si occupa della commercializzazione per l’Europa, è uscito il terzo album dei Vanum. Si tratta di un progetto che coinvolge vari esponenti di band più o meno di spicco della scena estrema statunitense, ma allo stato attuale delle cose il gruppo più importante al quale partecipano costoro sono in realtà proprio i Vanum. Il disco precedente, Ageless Fire del 2019, aveva fatto un bel botto nel suo mischiare un certo tipo di symphonic black di derivazione Emperor con il cascadian black più tipico del modo moderno di intendere il genere in America. In diversi lo indicarono come disco dell’anno, io non mi spinsi a tanto ma senza dubbio rappresentò un picco qualitativo assai elevato.
Con Legend ancora una volta (il debutto Realm of Sacrifice, che io ricordi, era un discreto esempio di canonico black metal ) i Vanum stravolgono il loro stile e si mettono a suonare cose completamente diverse rispetto al passato. Il symphonic black è sparito del tutto ed è rimasta una certa quantità di cascadian, che però perde di preminenza. Il suono si è incupito anche se la melodia è sempre posta in buona evidenza, giacché s’intuisce che per loro un brano senza melodia non ha senso di esistere. Ma in molti momenti emergono fonti d’ispirazione prima assenti. L’apertura Adversary, ad esempio, per la maggior parte della sua non indifferente lunghezza (quasi otto minuti) ci delizia con un epicissimo mid-tempo bathoriano in stile Hammerheart. Il terzo brano Frozen in Vile Illumination (anche questo sugli otto minuti) per lungo tempo ha un riff portante che richiama immediatamente i Rotting Christ di Thy Mighty Contract salvo poi digradare nell’ambient rock d’atmosfera, quasi nel progressive.
E di momenti ai limiti del progressive, del post rock, dello space rock e di altre amenità che con il black metal hanno poco in comune ce n’è una gran quantità. L’impressione che si ottiene dopo numerosi ascolti è che i Vanum vogliano tagliare i ponti con il loro trascorso black più tradizionale mantenendone solo alcuni elementi utili per tenere in piedi la canzone con coerenza. Certo, sfuriate in blast ancora se ne trovano, ma sono diventate rare e comunque si limitano a costituire la struttura base su cui vengono poi edificate trame sonore del tutto differenti. La title-track da quasi nove minuti sconfina spesso nel metal classico, vuoi per gli intrecci di chitarre armonizzate con gran profusione di melodia, vuoi per gli assoli; o ancora i continui cambi di tempo che nella parte centrale si spingono al lentone accompagnato in sottofondo da tastiere siderali e la classica doppia cassa tum-pa-tum-pa-tum-pa tum-pa a fare da riempitivo, dannatamente efficace come sempre fino al suo svanire.
Ai Vanum è sempre piaciuto scrivere pezzi molto lunghi ma una suite da 14 minuti e mezzo (la conclusiva Beneath the Pillars of Earth and Air) è una novità anche per loro, così complicata e contorta, molto oscura in certe situazioni quanto sorprendentemente quasi “solare” quando si lancia in cavalcate di melodia pura. E quando termina il brano, e di conseguenza il disco, si rimane comunque un po’ spiazzati, perché ci si rende conto che la band che ha scritto Ageless Fire è altrove nel passato e quella odierna si stenterebbe a riconoscere, non fosse per il particolare cantato ibrido tra growling cavernoso e screaming non eccessivamente estremo. Legend è un ottimo disco, non fraintendetemi se do l’impressione di giudicarlo tiepidamente, ma lo trovo transitorio; sembra quasi che i Vanum abbiano intenzione di diventare qualcos’altro e che questo processo richiederà un lasso temporale più lungo di un solo episodio discografico. È molto atmosferico, di quelle atmosfere dimesse che di solito accompagnano il rimpianto per qualcosa che è stato ed ora non esiste più, o forse sono io che le interpreto così. Ascolteremo allora volentieri un nuovo lavoro per capire quale sarà la direzione che vorranno seguire. Al momento devo dire che Ageless Fire mi è piaciuto molto di più. Questo Legend mi ha spiazzato, mi aspettavo qualcosa di meno lontano da quello che a tutti gli effetti fu un disco vincente. Non so quante volte in futuro riascolterò Legend, anche se il packaging del CD è fenomenale ed è un piacere rigirarselo tra le mani (con tanto di poster della splendida copertina), il che denota quanto i tipi della Profound Lore credano in loro e quanto siano professionali nella gestione del roster. (Griffar)
Piaciuto anche a me ma non m’ha fatto sussultare.
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