Il mondo sta per finire: il singolo speed metal dei Foo Fighters

Che di belle o brutte cose si parli, la fine del mondo sarà quando una sequela bizzarra di eventi inimmaginabili accadrà davanti ai nostri occhi impotenti. O almeno così dicono le scritture. E questo secolo non è certamente cominciato all’insegna dei più banali auspici. Una crisi economica, governi tecnici, malattie, i Maneskin, ghiacciai in costante ritiro, i Judas con una sola chitarra per più di ventiquattr’ore. Immaginare il seguito di tutto questo richiede un impegno a dir poco orwelliano.

Vi confermo oggi che il mondo finirà eccome. Non perché la Russia sta per invadere la vicina Ucraina in virtù delle settanta copie vendute da Mind Manipulation dei Mortal Vision contro le cinquantacinque del concorrenziale The Old Tower Burns dei Moratory, bensì per un episodio assai più mainstreamI Foo Fighters fanno thrash metal. Di colpo. A essere pignolo preciserei speed metal, se di differenza ce n’è davvero una, e sì che ce n’è. Ma veniamo al punto.

Non oso pensare al dopo. Magari gli Helloween annunceranno un album in cui Kiske e Deris suonano e gli altri cantano, mentre Portnoy rientrerà nei Dream Theater annunciando un triplo album di nove ore di durata dopo aver chiuso Mangini nell’angusto bagagliaio dell’Opel Kadett. Poi ci sarà il djent mescolato all’autotune in voga nella musica leggera, e i Carcass che compreranno il mercato ortofrutticolo di Novoli per trarre ispirazione per la futura copertina, e quindi, essendo il Mercafir una delle aree chiacchierate per la costruzione del nuovo stadio della Fiorentina, per proprietà transitiva i Carcass succederanno a Rocco Commisso alla guida della Fiorentina.

Tutte queste non sono puttanate ma possibilità, stando a quel che hanno appena registrato i Foo Fighters. Un singolo, in teoria; un album intero, se si tiene conto della parte invisibile dell’iceberg che Grohl afferma d’aver già registrato e di tenere in standby per il film, dedicato a chi adorò i Probot o più semplicemente per molestarci.

Apro parentesi: questo tizio ha passato i cinquanta malissimo. Dodici anni fa finì ricoverato perché aveva bevuto troppo caffè, e, qualora non bastasse, praticamente non ci sente da almeno un orecchio. Occorre dunque pazienza. Il fatto è che, a quanto ho capito, durante le registrazioni dell’ultimo album (Medicine at Midnight, unico loro che non ho ancora sentito per scelta) i Foo Fighters affermano di aver percepito qualcosa di soprannaturale. A quel punto una persona normale uscirebbe col master in mano e andrebbe a farsi una birra. I Foo Fighters invece escono dai 2R Studios in direzione Prete Rosso, a Firenze, e annunciano la commedia horror Studio 666 la cui trama è, l’avrete intuito, una puttanata colossale; ma almeno offre il pretesto di guardarne una che non sia Rubber (il pneumatico assassino) o il più recente Killer Sofà del 2019 (ispirato alle pubblicità aggressive che vediamo quotidianamente alla TV). A un film occorre infine una colonna sonora: ecco l’iceberg.

Immaginate come cazzo avrà reagito la stampa italiana a tutto questo. Nei giorni scorsi ho letto articoli su Studio 666 che si riallacciavano al satanismo acido degli anni Sessanta e a Charles Manson, partendo da Studio 666 e cioè da un tale che viene portato d’urgenza al pronto soccorso perché ha troppa miscela d’arabica in corpo. Non speedball, o crack: arabica. Recuperati gli organi interni che mi erano esplosi su tutto il pavimento al cospetto delle suddette letture, un po’ come quando si rompono le acque nei film e la telecamera in prima persona inquadra in basso, ho deciso di organizzarmi e d’ascoltare il sequel heavy metal di Dave Grohl dai tempi dei Probot. Perché di questo si tratta, se per un attimo intendiamo saggiamente ignorare Studio 666. Al momento di codeste canzoni ve n’è solo una disponibile.

E niente, è carina: il mondo sta davvero finendo, i Testament e gli Exodus fanno da tempo un thrash metal che non mi convince per nulla e questo caffeinomane col volto gonfio, che vent’anni fa o quasi collaborò con dei metallari e non per caso scelse Tom Warrior, o Cronos (non per la capigliatura, voglio sperare), caccia fuori un divertissement che non è per niente male. Se March of the Insane (registrata come Dream Widow) fosse abile a riassumere l’album, la descriverei come la versione speed metal e caciarona dell’ultimo Mr. Bungle, quello in cui si sono cimentati coi loro primissimi pezzi facendone un monumento. Lo spirito è quello, ma il prossimo Foo Fighters, ahimè, resterà il prossimo Foo Fighters, il prossimo Testament non mi convincerà di nuovo, e, se saremo fortunati, nel frattempo il mondo sarà perlomeno finito. (Marco Belardi)

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