HERMÓÐR – The Heart of the Frozen Woods

Se andate a cercare su Metal Archives la pagina degli Hermóðr, progetto solista principale di Rafn, ragazzo coinvolto in passato (o tuttora) in decine di altri progetti, vi imbatterete in una lista sterminata di EP e compilation. I full-length sono “solo” 10, e considerando che il ragazzo è in giro da una buona decina d’anni non sarebbero nemmeno un’esagerazione. In realtà gran parte di quelli che vengono chiamati EP altro non sono che lunghi brani singoli pubblicati in solo formato digitale, e quelle che vengono chiamate compilation sono le conseguenti edizioni in CD fisico che periodicamente raggruppano in ordine cronologico questi brani in un unico album, il quale però, a questo punto, dovrebbe essere considerato un full-length, in quanto pubblicazione fisica di musica mai precedentemente edita in altri formati. Per come la vedo io, invece, un brano singolo è un single, mentre gli EP sono composti di due o più brani inediti che raggiungono più o meno la trentina di minuti di durata a seconda di quanti riempitivi/riedizioni/cover o quant’altro vengono inclusi per dilatare l’offerta, ed esistono a partire dall’edizione in vinile sette pollici (o anche dieci o dodici pollici, a seconda della lunghezza dei brani) fino agli shaped CD (oramai passati di moda, ma avete presente Where Dead Angels Lie dei Dissection? Ecco, roba del genere). Gli EP di solito sono episodi marginali nella discografia della band e servono per tenere vivo il nome evitando che passi troppo tempo tra un’uscita e l’altra, oppure per chiudere un contratto con un’etichetta senza dover pagare le penali. Le compilation invece sono mere raccolte antologiche di brani già usciti in questo o quel momento della carriera del gruppo: il “best of” è una compilation, che cazzo. Per lo meno è sempre stato così.
Risulta quindi che The Heart of the Frozen Woods è la collezione di quattro brani: Old Woods (settembre 2020, antecedente alla pubblicazione del penultimo full The Sea of Dragons sul quale non è incluso), insieme a War Spirit, Heart of Solitude e Frozen Silence, tutti usciti tra il febbraio e l’aprile del 2021. Il tutto confezionato nel consueto stupendo digipak e realizzato come solito dalla polacca Wolfspell records, con un artwork che da solo vale l’acquisto del CD, compilation o full-length come si voglia chiamarlo. Stranamente ad oggi (2 gennaio) non è ancora stato inserito nella pagina Metal Archives di Hermóðr, casomai a qualcuno venisse voglia… I quattro pezzi sono tutti lunghissimi e sono la continuazione del classico suono degli Hermóðr, che tra i primi intuirono le potenzialità di un mix tra la musica epic/majestic atmosferica dei Summoning con il black metal minimale oscuro e depresso di Burzum, in buona compagnia con il tipo di Kalmankantaja o il conterraneo Lustre, progetti la cui musica si avvicina a quella del nostro blackster svedese.
Nella maggior parte del tempo i pezzi sono arrangiati in tempi lenti con la riproposizione ossessiva e soffocante degli stessi riff in un loop infinito che mette sufficiente malumore, una rappresentazione di quanto possa essere schifosa l’esistenza quando l’unica regola esistente è la monotonia, il continuo peregrinare in circolo senza raggiungere mai nessuna meta ed alcun posto preciso. Sulla cupa, lenta, angosciante ed assillante base di chitarra basso e batteria, sempre costruita con riff minimali che nulla concedono a virtuosismi di tecnica, Rafn inserisce divagazioni ora di chitarra suonata sulle alte note, ora di tastiere oppure di chitarre acustiche che alleggeriscono il risultato finale del brano, cesellando frasi musicali melodiche sempre improntate alla più profonda oscurità. In tutto questo grigioscurissimo contesto il ragazzo gracchia versi incomprensibili come un corvaccio che si disputa con le volpi l’ultimo pezzo di carne di una carcassa semisepolta dalla neve in pieno inverno, quel tanto che basta per scongiurare ancora per un giorno la morte per inedia. In pratica dei testi non si capisce niente ma mi sento di scommettere che non siano liriche solari inneggianti all’ottimismo, in ogni modo i testi non sono mai stati inclusi in nessuno dei suoi dischi e non sono neanche mai riuscito a trovarli in giro nel web. Magari sta solo leggendo i risultati delle partite di curling del campionato svedese di prima divisione, pensate che presa per i fondelli storica… beh, diciamo che non lo credo granché possibile, va’ là.
Certo, è un genere di musica che deve piacere. L’ascolto è tutto fuorché leggero anche se i brani hanno un responso sonoro sempre armonico e pure discretamente melodico; un po’ per la lunghezza dei pezzi, che a volte può risultare sgradevolmente eccessiva, un po’ perché l’atmosfera di ogni suo album è oppressiva, lenta, indolente e non tutti cercano in un disco (ancorché black metal) musica così disperatamente negativa. (Griffar)