Medioevo da non credere: UNGFELL – Es Grauet

Oltre al capolavoro dei Seth, in questo 2021 il disco che più aspettavo – o meglio: il disco dal quale mi aspettavo di più – era Es Grauet degli Ungfell, duo svizzero di colossali fuoriclasse con già due Disconi con la D maiuscola in carniere più qualche side-project che non fa che confermarne la classe, vedi Ateiggär. Per come ho imparato a conoscerli, sembra che tramutino in oro tutto ciò che toccano. Tanto meglio per noi ascoltatori di metallo nero e malvagio.
Nel caso di Ungfell, Vâlant (batteria e arrangiamenti) e Menetekel (tutti gli altri strumenti e le composizioni) prediligono la musica medievale, cosa affatto improvvisata visto che anche i due album precedenti non nascondono di essere ispirati dagli Anni Oscuri. Però attenzione: la musica che gli Ungfell intrecciano nel loro black metal è quella popolana, da strada, quella che ti aspetteresti di ascoltare se ci si trovasse per magia in una caotica fiera quattrocentesca in qualche città posizionata oltre l’orizzonte delle Alpi. Non la musica barocca oppure classica degli artisti di corte mantenuti dai mecenati della nobiltà, ruffiana e celebrativa, adagiata nella bambagia di saloni sfarzosi popolati da voluttuose cortigiane, che rimane anni luce da quello che propongono i due svizzeri.
Devono averla studiata parecchio, questa musica tipicamente nordeuropea del periodo Dark Medieval Times (quello vero, non quello di cui fantasticavano i Satyricon), perché i due ragazzi riescono ad incorporare nelle loro partiture elementi classicamente folk, canti ecclesiastici da monastero di clausura di alta montagna, barocchismi ed effetti agresti, il tutto intercalato a sfuriate black metal non distanti da quelle che abbiamo ascoltato nel primo capolavoro di Abigor, Verwustung/Invoke the dark age, rivisitato con sonorità più moderne quasi come se fosse normale, come se fosse la cosa più naturale del mondo, come se quel tipo di musica se la fossero inventati loro e ora altro non abbiano fatto che modernizzarla. Le loro esplosioni in riff monocorda sono spaventose, complesse ed originali, splendide nel loro essere orecchiabili, memorizzabili anche se turbinose, dotate di un feeling teso e tragico come se fosse imminente una battaglia, uno scontro all’ultimo sangue.
Es Grauet è un concept album, con i testi scritti in tedesco antico quindi traducibili con molta difficoltà, posto che interessi a qualcuno conoscere la trama della storia. Quello che conta è l’impatto sonoro, ed in questo gli Ungfell non sono secondi a nessuno. Essendo un concept, tutti i brani sono molto eterogenei, con un’unica storia divisa in capitoli e musicata in episodi tutti sulla stessa falsariga. Di carne al fuoco ce n’è veramente tantissima: Es Grauet è un disco complicato che cresce di ascolto in ascolto, vario, tecnico, mai adagiato su quella che potrebbe essere una sorta di normalità. Assolutamente no, mai e poi mai, ci sono decine e decine di riff che raramente si ripetono per più di un minuto per poi passare ad altro, tra l’altro tutti quanti melodici come solo i maestri del passato hanno saputo essere, in momenti così estremi.
Abbraccia qualunque possibile sfaccettatura, dall’epico al brutale passando per il folkeggiante, il maestoso, il gregoriano, il black metal classico. Il tutto inserito in un contesto storico che richiama alla mente libri come I pilastri della Terra di Follet (e il suo seguito), Il nome della Rosa, Il Diavolo nella Cattedrale di Schaetzing, La Figlia del Boia di Oliver Pötzsch e naturalmente molti altri romanzi di questo stile dei quali Es Grauet potrebbe essere la più appropriata colonna sonora. Attualmente non mi viene in mente nessuno che suoni qualcosa di anche lontanamente simile a quanto possiamo trovare in un disco degli Ungfell. Perché sono dei fuoriclasse: un disco come questo potevano scriverlo solo loro. Peccato duri solo 38 minuti, perché Es Grauet credo sarebbe stato grandioso anche se fosse stato lungo il doppio.
Per quel che mi riguarda è un disco imperdibile, uno di quelli che, se anche si comprano pochi CD all’anno, bisogna necessariamente avere. Mi aspettavo meraviglie, non mi hanno affatto deluso. Seth è inarrivabile… Ungfell è a ruota. Daius e Aara appena dietro. Ma che anno è ragazzi??! Che goduria. (Griffar)
Gruppo interessantissimo, questa è una grande segnalazione, da mettere per lo meno fra i dischi dell’estate, se non dell’anno.
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Ma in questi lidi i Dodsrit non se li caga nessuno? Ottimo terzo lavoro dopo un primo splendido (e un secondo deludente, va detto)
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Io…ma il nuovo non lo ho ancora ascoltato abbastanza per farmene un’idea precisa. Anche a me il secondo non è piaciuto granché, btw.
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Lo sapevo che non potevano esserti sfuggiti
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Confermo l’opinione di Bonzo, Mortal Coil è veramente un grande lavoro. Black metal e d-beat a sprazzi ma senza andare a parare in schifezze semi-festaiole alla Martyrdod. Si soffre e ci si esalta con un mood molto swdish (pure se mo’ sono una band internazionale).
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Ahahhaa semi-festaiole mi ha fatto ridere ;)
a me List piace tantissimo… gli altri molto meno, quello lo trovo proprio azzeccato
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Segnati anche i Dödsrit
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Grazie! Bellissimo
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