Avere vent’anni: OPETH – My Arms, Your Hearse

Marco Belardi: My Arms, Your Hearse è l’album degli Opeth che segna – per la prima volta, ma sfortunatamente non l’ultima – un punto di rottura enorme nei confronti del precedente lavoro in studio. È radicalmente diverso da Morningrise non solo perché nasconde la forte componente folk degli esordi, ma soprattutto per il fatto che Akerfeldt dovette mettere un punto, e ricominciare quasi da capo in seguito allo split di metà della line-up. Preso Martin Lopez dagli Amon Amarth, di cui oggi si sente molto la mancanza nel rivoluzionato organigramma degli svedesi, il batterista fu raggiunto dall’omonimo Mendez al basso; ma è risaputo che, delle linee di basso, si fosse occupato il leader della band per motivi legati alle tempistiche di registrazione. È con quest’album che si definisce del tutto il sound che li avrebbe resi celebri coi successivi Still Life Blackwater Park. I suoni sono già messi a posto passando per i celebri Fredman studios, ma verranno perfezionati in seguito – anche se è lampante il fatto di avere a che fare con una band in tutto e per tutto giunta a maturazione. Questo è semplicemente l’inizio della parte migliore della loro carriera, naturalmente per chi che – come il sottoscritto – ha sempre trovato Morningrise un capitolo totalmente a sé stante e Orchid una mattonata difficilissima da digerire. Ed è anche qui che la componente progressive entra di prepotenza nel death metal europeo, mentre i Katatonia abbandonavano lentamente il loro periodo affine al gothic rock per correre, in futuro, su binari paralleli ma assolutamente distinguibili a partire dal buonissimo Last Fair Deal Gone Down. La feroce doppia cassa di Karma, l’attacco improvviso di When ed i classici April Ethereal – la mia canzone preferita degli svedesi con The Drapery Falls – e Demon Of The Fall, quest’ultima un capolavoro assoluto di dinamismo, sono i motivi per cui dovreste avere in ogni modo questo titolo all’interno della vostra collezione di musica. Che, se possiamo ritenere inferiore a Still Life, è solo per la vaga sensazione di “transitorio” che riesce a trasmetterci rispetto alle immediate pubblicazioni future della band di Mikael Akerfeldt.

Charles: Non dirò una parola a proposito del disco perché presumo abbiate un minimo di onestà intellettuale per valutarlo da soli. Poi, come dice il saggio, de gustibus dom sathanas. Vorrei, invece, parlare del “problema Opeth” e fare un attimo di chiarezza sulla questione, quantomeno dal mio punto di vista. Io credo fermamente che il problema non sia rappresentato dagli Opeth in sé bensì dalla gente che ascolta gli Opeth. Provo ad essere ancora più tranchant, perché il fraintendimento c’è solo quando vuoi essere frainteso. 

Il problema è che la maggior parte della gente che ascolta gli Opeth, che ascolta solo gli Opeth o che ascolta principalmente gli Opeth (e qualcosa degli Iron Maiden e dei Metallica, per dire) e che di conseguenza ritiene che il mondo inizi e finisca con gli Opeth, fondamentalmente di musica non ci capisce un cazzo. Ora, detto questo, capirete che il problema non può essere rappresentato da Akerfeldt, il quale nella tomba si porterà il merito di aver inciso almeno 4 dischi della madonna. A molti gli Opeth stanno sul cazzo in un modo viscerale ed incontrollabile, portandoli a dimenticare o ignorare quanto di buono hanno creato in passato, ma il loro odio viscerale ed incontrollabile dovrebbe essere indirizzato a quella maggior parte degli estimatori degli Opeth i quali, come dicevo, non capiscono un cazzo di niente e ti portano ad odiare. Odiare a causa di un disco che non coincide con le tue attese o che prende una china che a te non piace, è errato (c’è il teorema degli Ulver, pace). Troppo facile affermare, quindi: Opeth-frocio. Per dire, io non odio il primo uomo che ha fatto i risvoltini ai propri calzoni, io odio tutti coloro che pensano che dare due o tre giri ai propri pantaloni sia il modo opportuno di andare in giro, l’unico modo, il modo giusto e che cercano di convincere tutti gli altri che il risvoltino non è la soluzione estrema in caso di abbondante pioggia ma la normalità. Facciamo un ultimo esempio per certi versi affine: i Tool. Al solo sentir nominare i Tool e quanto sono seminali i Tool e quando esce il nuovo Tool, etc, mi ribolle il sangue di violenza, credetemi, ma sto cercando di non odiarli per il semplice fatto che aprirei un campo di concentramento esclusivo per tutti i fan dei Tool. Tool-frocio, è presto detto. E invece no, cari amici, non va bene così. Lo so che è difficile ma non odiate i gruppi, odiate la gente.

10 commenti

  • Odiare la gente è la giusta cosa da fare se nasci essere umano, sopratutto in questo determinato periodo storico. La gente fa schifo: io la odio.

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  • Sottoscrivo la teoria di Charles, applicabile anche ad altre fan-base (Iron Maiden e Dream Theater su tutti, stando alla mia esperienza personale. Ma anche Vasco e Ligabue, per dire). Degli Opeth ho solo questo e Blackwater Park, ma non mi hanno mai preso del tutto…magari stasera lo riascolto. Ricordo solo che l’avevo soprannominato My Arms, Your Ass

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  • Alberto Massidda

    Stesso problema con i Queen. Grazie per aver portato a galla il problema.

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  • Supermariolino

    A me Orchid piace…

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  • Gli artisti con la peggior fanbase sono ben altri:
    Queen, per quelli che pensano che Freddie Mercury camminasse sulle acque
    Genesis, per quelli che dicono che il Progressive sia morto con loro
    Dream Theater, per quelli che sostengono che nessuno suoni meglio di loro
    Vasco Rossi, che non ha fan, ha Ultras
    Elio E Le Storie Tese, anche per un disco di rutti direbbero “quanto sono geniali, ca**o”
    Giovanni Allevi, per quelli che sostengono che suoni Musica Classica e non Pop camuffato come tale
    Potrei andare ancora avanti ma finirei i caratteri per scrivere.

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  • Tempo fa un tizio di nome Roberto Mammarella disse che a quasi quarant’anni è tardi per essere ancora incazzati. Si riferiva, evidentemente, al fatto che avesse chiuso con l’ascoltare black metal. Al tempo la reputai la mezza stronzata di un rincoglionito alla soglia della mezza età. Oggi che ci gravito anch’io nelle traiettorie dell’età di mezzo, penso avesse una considerevole quota di ragione. Ma non del tutto, perché sotto alla mia cenere continua a bruciare qualcosa di selvaggio. Gli Opeth hanno perso l’olezzo del death svedese in prossimità di questo disco, prima di arrivare al momento critico di chi, mediamente, ‘evolve’ i propri gusti. Dan Swano, sempre tempo fa, disse che faceva finta di apprezzare solo cose estreme perché era circondato da gente che si aspettava questo da lui. Solo che poi, in privato, sbavava per Marillion et similia.Oggi non ha problemi ad ammettere che gradisce anche cose prossime all’aor, e ci mancherebbe altro. Ma conserva, schizofrenicamente, un’anima votata al perturbante. Dice che farà un disco di puro death metal novantiano. E lo farà bene. Gli Opeth forse, ci riproveranno anche loro. Quando Nuclear Blast li scaricherà. E succederà a breve. Solo che loro non lo faranno bene quel disco con il death metal svedese. Perché non hanno più nulla che bruci come alle spalle di Kaiser Soze, quando si allontana rabbiosamente da gran parte della sua vita. Per odiare.

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  • validissimo il discorso di Charles, soprattutto per i fanboyss dei Dream Theater, davvero insopportabili. E alla conclusione fortunatamente ci sono arrivato anche io da me tempo fa, nel senso che non li odio: odio a morte i loro fanboysss. Poi When Dream and Day Unite e’ sempre un disco fantastico e genuino fatto da 5 ragazzetti che volevano spaccare tutto. E’ anche l’unico che ho, visto che quelli successivi hanno generato tutto questo fanboyismo che secondo me e’ davvero la rovina di ogni artista.

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  • Mah. Il concetto di “fan tipo” per un gruppo come gli Opeth, con la parabola artistica che hanno avuto, è davvero qualcosa di multiforme e difficile da categorizzare. Io li ho amati fino a “Ghost reveries”. Poi per me potevano darsi al cricket. Quindi boh, il discorso di Charles lo capisco il giusto. Complesso oggi dire chi sia/come sia fatto un fan degli Opeth…

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