Avere vent’anni: THE GATHERING – Nighttime Birds

Penso di aver detto tutto quello che era possibile dire sui primi Gathering, il mio amore per Anneke van Giersbergen e lo stato di grazia del roster della Century Media nella seconda metà degli anni novanta. Nighttime Birds è stato il mio primo album della band olandese, che scoprii per puro caso grazie al singolo di Kevin’s Telescope, e ci sono quindi particolarmente legato. Sto ripetendo questa frase troppo spesso, penserete, ma sappiate che, tre anni fa, abbiamo deciso di iniziare la rubrica avere vent’anni proprio per poter parlare dei dischi usciti nel 1997. Sia perché all’epoca eravamo adolescenti entusiasti, sia perché questo fu veramente un anno di svolta per parecchie cose, la maggior parte delle quali sono le nostre cose preferite. Quindi sì, questo è un disco a cui sono particolarmente legato così come molti di quelli usciti in questi anni; poi ci sono i dischi che crescono con te e quelli che in qualche modo rimangono lì dove sono sempre stati, anche se continui ad ascoltarli. Nighttime Birds è uno di questi: non  ci ho mai trovato nulla di diverso da quello che ci trovai la prima volta. Mi è sempre piaciuto tantissimo, però è veramente bidimensionale. È come una linea piatta, senza sfumature, nonostante gli olandesi cerchino di colpire delle corde nascoste del cuore. È tutto troppo perfetto. Nighttime Birds è come il paesaggio innevato in copertina: accecantemente bianco, immoto, cristallizzato, che sfronda gli alberi rendendoli anch’essi perfetti, scheletriti ma perfetti. L’albero che si staglia su quest’immobilità della perfezione da icona ortodossa è la voce di Anneke. Seriamente, io non credo che sia mai esistita al mondo una voce più bella di quella di Anneke in questo disco. Però la perfezione ha un costo: la mancanza di empatia. Mandylion era più ingenuo, aveva anche un paio di momenti saltelloni, e si sentiva che era stato composto in un’atmosfera più rilassata. Su Nighttime Birds fanno tutti dannatamente sul serio, sono tutti concentratissimi e non c’è niente che non sia esattamente dove dovrebbe essere. La perizia tecnica è prossima allo zero: i Gathering sapevano a stento reggere gli strumenti in mano, e si limitano a fare lo stretto necessario per portare avanti il pezzo. Poi anche nella perfezione ci sono dei primi inter pares: l’opener On Most Surfaces, Third Chance e i singoli May Song e Kevin’s Telescope sono quelle che uno tende a risentire più spesso; la canzone che più suoneranno dal vivo sarà invece la titletrack, un po’ lagnosa. 

Poi per qualche motivo anche io ho sempre considerato Nighttime Birds come il mio preferito dei Gathering, anche se non è quello che riascolto più spesso. Forse perché è il disco che li rappresenta di più, concettualmente e spiritualmente, o meglio ne rappresenta le potenzialità. I Gathering non hanno mai realmente mantenuto quanto promesso, e si sono squagliati abbastanza presto come neve al sole (appunto), tra velleità hipster e stereotipi artistoidi, ma Nighttime Birds sfavilla ancora, accecante come il sole a picco che si riflette su un campo candido di neve. È talmente perfetto da sfiancarti e farti passare la voglia di ascoltarlo una seconda volta di fila. Ma ritornerai sempre ad ascoltarlo, perché è qui che c’è la miglior Anneke, sfolgorante e terribile come Galadriel quando si mette alla prova dell’Anello. L’Anneke di Nighttime Birds, e l’immagine della perfezione di lei che ci si era fatti, rimarrà come un memento nelle nostre vite; un’emozione, o illusione, adolescenziale talmente totalizzante da spuntare fuori nei momenti meno opportuni, ricordandoti impietosamente: io sono però. E a nulla è valso il declino successivo: quell’Anneke era esistita, noi lo sapevamo, e rimaneva sempre là, immota e immutabile, perché, ricordate?, questo è un disco che in qualche modo rimane lì dove è sempre stato. Nel frattempo però tutto cambia, certi equilibri si formano, certi altri si rompono e certi altri ancora si perdono in una foschia formatasi chissà quando e della cui esistenza inizi ad accorgerti solo quando non ritrovi più ciò che avevi la certezza di trovare. Perché mi piaceva tanto Nighttime Birds? Perché ne avevo tutta questa considerazione? Se una determinata cosa non ti trasmette più quello che ti trasmetteva a quindici anni significa che non sei più capace di rapportartici. E immaginate cosa voglia dire, a questo punto, scriverne una recensione. Aver prenotato il disco da mesi e poi mettersi sulla tastiera e non avere nulla di decente da scrivere. Allora l’unica cosa onesta è cercare di analizzare i motivi profondi del perché la propria considerazione  sia cambiata, anche se tutto può poi risolversi in poche battute come in questa icastica conversazione con Ciccio:

Dunque la risposta alla domanda i Gathering sarebbero stati un bel gruppo anche senza Anneke?  è no. Ma mi sento comunque in dovere di ringraziarli per essere stati ciò che sono stati. (barg)

 

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