KADAVAR / THE SHRINE / HORISONT @Fabryka, Cracovia, 13.12.2015

Horisont

Necrologio

Il vecchio e il nuovo. Il progresso contro i retaggi del passato. Accostamenti che non si riferiscono solo alla serata musicale, animata da giovani musicisti che suonano musica d’altri tempi e che vedremo nel dettaglio fra qualche riga, ma anche ad un pezzo di storia della scena locale che se ne va, ovvero la chiusura del glorioso Klub Fabryka, una vecchia fabbrica dell’epoca comunista, dismessa e poi trasformata in uno dei più attivi palchi d’Europa. Quello di questa sera sarà il penultimo show che si terrà qua. L’ultimo per me. La zona e’ la stessa dove sorge anche la più famosa Fabbrica di Oskar Schindler, meta di visitatori da tutto il mondo, e che tutti ben conosciamo. Credo di aver perso il conto delle band che ci ho visto: fate un nome importante e vedrete che quasi sicuramente vi si è esibito. La gentrificazione selvaggia ha portato i costruttori locali a lucrare sulle zone più vecchie e popolari della città, portandoli a costruire nuovi condomini di lusso, eliminando così il nostro tanto amato degrado urbano. Altro segno dei tempi, in una città che cresce e si sviluppa a ritmi vertiginosi.

Arrivo giusto prima dell’inizio di quello che dovrebbe essere lo show dei Satan’s Satyrs per poi scoprire che l’ordine è stato invertito all’ultimo. Peccato. Li avrei voluti sentire. Ne sento parlare spesso ma non ho mai potuto vederli dal vivo per verificarne l’impatto di persona. Poco male comunque, perché al loro posto, secondi in scaletta, ci sono gli svedesi Horisont, e qua comincia l’operazione nostalgia. Prendete gli Uriah Heep degli anni settanta, induritene un po’ il suono ed otterrete la formula utilizzata dai nostri, completi di mini moog e abbigliamento stile fricchettone con tanto di bandane, demin smanicati, pantaloni a zampa e toppe e magliette di Scorpions e compagnia varia. Odissey è un pezzo travolgente di dieci minuti al quale non si resiste, con i suoi cambi di tempo avvincenti. Lo scapocciamento è pressoché unanime, come il ruggito del pubblico a fine pezzo. Credo che un po’ tutti siamo rimasti annichiliti dall’impatto della band dal vivo, e con loro riaffiorano nella mia testa quelle band che periodicamente amo riascoltare, come i leggendari connazionali Heavy Load ma anche Ethel The Frog, Dark Star e tutto quel filone della Nwobhm che mai fu osannato come avrebbe dovuto essere e su cui spero di poter scrivere in maniera più approfondita su queste pagine in futuro. Gli Horisont sono professionisti scafati e si sente. Le strutture dei pezzi sono abbastanza complesse e progressive. Axel, il cantante/tastierista, ha una voce limpida e bella. I pezzi sono splendidi e arrangiati in maniera perfetta. La chiusura è affidata ad una cover di Rock Bottom degli U.F.O, eseguita alla perfezione. Se questo è l’inizio della serata allora vuol dire che oggi sono nel posto giusto, e onestamente non vorrei essere da nessun altra parte.

Il prosieguo non è all’altezza, purtroppo. I losangelini The Shrine propongono un rock scassone più vicino allo stile di un power-trio come possono essere i soliti Motorhead o un qualsiasi combo tardo punk anni 70 – inizio anni 80. Il loro frontman sa però coinvolgere il pubblico nella maniera giusta. La proposta e’ meno entusiasmante e abbastanza piatta, senza colpi di scena né trovate melodiche coinvolgenti come quelle degli svedesi. Saranno anche generi diversi, ma era lecito aspettarsi di più dalla band che apre per l’ultima del bill di stasera, ovvero i tedeschi Kadavar. Che il loro Berlin sia uno degli album migliori dell’anno è cosa che posso tranquillamente confermare, e se per qualche motivo la loro esibizione estiva a Cracovia fu annullata, stavolta ci sono e si fanno sentire. Eccome.

KadavarIl loro primo ed omonimo album era stato descritto da qualche recensore come una bella prova di musicisti che si rifiutano di vedere più in là di una certa decade e, a discapito di ciò o forse proprio per questa ragione, gira spesso sul mio piatto ultimamente. D’altronde non c’è nulla da fare, fuzz e wah saranno già stati proposti in abbondanza nel corso dei decenni, ma quando c’è il talento e soprattutto i riff, non ci sono cazzi. I nostri amici tirano di brutto, le strutture dei pezzi sono piuttosto interessanti, con controtempi e cambi, e pezzi come Forgotten Past semplicemente spaccano il culo. Tra barbe pulciose e vestiti ammuffiti, su un palco con una bella scenografia di triangoli colorati che formano il logo del gruppo, i nostri si destreggiano alla grande, regalando pezzi da un po’ tutto il loro reportorio, certamente non vasto ma sicuramente molto molto valido. Solamente tre album, di cui però consiglio l’ascolto senza riserve. Grandissima prova, dopo la quale mi dirigo al bar per prendere la mia ultima birra in questo bar.

Come purtroppo avevo già accennato, questa per me sara’ l’ultima serata in questo glorioso locale dove ho tanti ricordi, come quella chiacchierata con Dan Lilker nel cortile, o la birretta bevuta al bar con Dave Chandler in quella epica serata con i St. Vitus. Fortunatamente ci sono altri locali in città altrettanto attrezzati per delle serate così, anche se questo era un posto davvero speciale, e mancherà a tutta la vasta comunità metallara locale. Confido che la solerte Knockout Productions, promoter molto attiva, troverà sicuramente un altro palco dove portare la nostra amata musica. Quello che posso fare, per il momento, è lasciare una generosa donazione nel barattolo poggiato sul bancone del bar. È il minimo, dopo questi anni di intrattenimento di altissimo livello.

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