DRAGONFORCE – The Power Within (Electric Generation)
Ci sono alcune band uscite in questi ultimi quindici anni alle quali sono legato in modo particolare poiché mi sento un po’ il loro “portavoce”, avendone parlato quando ancora non se le cagava nessuno, esaltandone le qualità quando in molti ne criticavano il valore. Tali band sono divenute col tempo, con mia somma felicità, dei gruppi di livello planetario osannati e apprezzati da molti. Ci sono tanti esempi che potrei farvi, come i Norther, che all’epoca solo io a Roma (e in Italia credo) mettevo in macchina con il volume a cannone esaltandone la qualità e la destrezza compositiva di gran lunga superiore ai Children Of Bodom. Nessuno all’epoca avrebbe minimamente pensato o detto una cosa del genere… ma poi com’è andata? Potrei citarvi i Sonata Arctica che all’inizio degli anni 2000 erano visti da tutti (anche dal Bargone in una sua famosa recensione su Metal Shock cartaceo del disco Silence – per fortuna poi si è ricreduto) come dei cloni inutili ed incapaci degli Stratovarius, ed invece io ne apprezzavo le capacità compositive e strumentali ribadendolo a chiunque… Beh, poi com’è andata? Sono stato il primo a parlare degli Ensiferum ed a metterli in evidenza ed eccoli ora, a distanza di 10 anni, su major. Di questa lista fanno parte anche i Dragonforce. Nei primi anni del 2000 ascoltai il loro disco d’esordio e ne rimasi colpito, più che altro per la nuova concezione del power metal che quel disco stava cercando di trasmettere al mondo. Un power metal fuori dagli schemi classici del genere, un qualcosa di mai ascoltato prima a livello di impatto sonoro, velocità e tecnica.
Tutto ciò venne concretizzato in maniera eccelsa nel secondo Sonic Firestorm (2004), uno dei dischi power metal più belli dell’ultimo decennio. Il mondo power venne letteralmente rivoluzionato e tutti furono colpiti da come questi sei ragazzi interpretavano il genere portandolo alla sua estremizzazione. Tutti rimasero spiazzati, tutti tranne me che in un certo senso “aspettavo” questo disco e sapevo di cosa era capace questa combriccola multietnica. Quel disco portò ai Dragonforce i giusti riconoscimenti ed in un batter d’occhio la band inglese divenne giustamente famosissima: tutti volevano vederli, tutti volevano sentirli, tutti volevano conoscerli.
Fin qui sembrava tutta una favola ma poi successe quello che, ahimè, accade il più delle volte. I dischi successivi fecero subito notare un calo incredibile di intensità, la ripetitività la faceva da padrona ed il voler estremizzare il tutto portava – secondo me – più danni che benefici. Effetti da Xbox360 o Ps3 erano ormai usati senza criterio nella musica dei Dragonforce e la cosa era resa ancor più ridicola dalla “gara” stile videogioco dei due chitarristi… insomma, erano diventati una parodia di loro stessi dalla quale era difficile, ormai, uscire fuori. Dischi come Inhuman Rampage e Ultra Beatdown ne sono la palese dimostrazione. Un piattume unico, dischi buoni solo per il taglio della pizza o per il tiro al piattello, con scarse idee e troppa forzatura di quella che, alcuni anni prima, era stata una vera e propria intuizione.
Dopo questa doverosa premessa devo ammettere che mi sono avvicinato al nuovo disco con preoccupante perplessità. La quale però si è affievolita subito dopo aver ascoltato le prime note del disco. La produzione stile DragonForce è rimasta pressoché invariata e quindi giochi di scratch di chitarra ed effetti videoludici di cui sopra sono rimasti invariati. Lo stesso non si può dire – per fortuna – del songwriting e della stesura dei pezzi. The Power Within è sicuramente il miglior disco della band dai tempi del sopracitato Sonic Firestorm e qualsiasi fan dell’extreme power metal avrà musica per le proprie orecchie. Ottimo l’inizio con Holding On, Fallen World e Cry Thunder dove il nuovo singer Marc Hudson si dimostra veramente molto bravo ed adatto allo stile della band. Ottime anche Heart Of The Storm e Die By The Sword che ci mostrano un gruppo forse rinato e sicuramente più maturo rispetto al recente passato.
Certo, non è tutto oro quello che luccica ed alcuni passaggi risultano ancora privi di nuove idee e del giusto mordente, ma in conclusione posso ammettere che in questo periodo di crisi economica si può comunque fare un pensierino all’acquisto di questo cd da parte di tutti coloro che aspettavano, come me, il ritorno dei veri Dragonforce. (Luca ‘Acey’ Arioli)
eh, all’epoca dei primi 2 dischi erano veramente qualcosa di nuovo e particolare, non c’era nessuno in giro che suonava in quel modo. ricordo bargone che non perdeva occasione di incensarli e consigliarli nella shock mail, ricordo soprattutto una clamorosa prestazione in quel di Bologna al GOM, con gran parte del pubblico a chiedersi chi fossero e io ragazzino fomentatissimo che mi sentivo “saputo” perché cantavo tutti i ritornelli a squarciagola…
poi hanno fatto il botto e tutti a sbavare su Inhuman Rampage e il successivo, che messi assieme non valevano un pezzo dei primi due… fa piacere sapere che sono tornati a livelli decenti, magari un ascolto glielo do
ricordo anche la recensione di Silence, barg non ne sbagliava mai una e io a chiedermi se fossi diventato all’improvviso deficiente visto che trovavo quel disco sublime mentre a lui, che ne sapeva comunque parecchio più di me, faceva schifo
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in realtà c’è un’inesattezza: i sonata arctica erano apprezzati moltissimo agli inizi, ‘silence’ non piacque solo a me, e difatti poco mancò che subissi un linciaggio di piazza. un giorno racconterò un retroscena per spiegare perché quella rece fu così astiosa, a mia parziale giustificazione.
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tony kakko ci aveva provato con la tua donna raccontandole di quanto fosse triste la vita di un finlandese in vacanza in Spagna, metalupo e con una non-fidanzata zoccola di nome Dana O’Hara?
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barg si svegliò male quel giorno, lo disse in qualche altra rece-shock mail. memorable un’altro intro della stessa in cui si chiedeva perchè mai un finlandese dovesse dedicare la canzone allla propria ragazza di nome Dana.una cosa tipo “Dana O’Hara poi, quando data la provenienza geografica sarebbe stato più logico un mariotta talopnusicoven. c’e’ anche da dire che si vede lontano un miglio che non so mai che scriverci qui sopra..”
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dico solo: Interrail anno della maturità Parigi-Bruxelles-Amsterdam, dopo parecchie birre 4 idioti tra cui me che barcollavano lungo Monmarte cantando a squarciagola Letter To Dana e Shy a cappella
veramente la gente non sa cosa si perde a non essere (stata) metallara
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ricordo che in una shock mail bargone ripondeva a un tizio a proposito di sonic firestorm dicendo che era un eretico perche’ quel disco era sublime. ecco il sopracitato disco e’ stato l’ultimo che ho ascoltato. da li non so, ho perso interesse. la stessa cosa mi era successa coi megadeth dopo contdown…..pero’ la rece mi piace. penso che a questo un’ascoltata la daro’.
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per non parlare del mitico “mi consigli un gruppo tipo i dragonforce?” e la risposta “non c’è, non è mai esistito e mai esisterà un gruppo tipo i dragonforce. i chitarristi giapponesi con il pepe al culo sono difficili da reperire”
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Daje rega che il disco rompe i culi !!! non sapete quanto aspettavo che rinascessero dalle loro ceneri … e sto cantante nuovo fa il culo al cowboy di prima !!! :D
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