KORN – The Path of Totality (Roadrunner)
Ma comunque non riescono a farla finita. Il disco dubstep dei Korn è soltanto l’ultima barzelletta che non fa ridere neanche se la spieghi, la più recente acquisizione nella galleria degli orrori di questo mirabolante 2011; viene dopo Illud Divinum Insanus e Lulu per ragioni puramente cronologiche, del primo condivide la bruttezza intrinseca, del secondo l’inattualità (nel senso nietzschiano del termine) e l’ansia di restare al passo coi tempi che potrebbe avere un bisnonno rincoglionito strafatto di Cialis all’uscita di un collegio femminile. Il bello (si fa per dire) è che è esattamente come te lo immagini anche prima di averne sentita una sola nota: chiunque virtualmente l’ha già ascoltato anche senza averlo mai ascoltato, basta pensare a qualcosa di immensamente triste e inadeguato oggi come ieri e dopodomani, al suono più brutto e inutile che possiate immaginare, ed ecco pronto The Path of Totality in tutti i suoi trentotto minuti di gioia (quarantacinque nella “special edition” grazie a due brani in più di pari bruttezza e inutilità). Non è una questione di evoluzione né di involuzione, di aspettative disattese o salcazzo cos’altro, è che è proprio un disco brutto e inutile prima ancora di essere patetico, vecchio dentro e bolso nonché cronicamente incapace di incidere in qualsivoglia modo e maniera sulla vita e la realtà di chiunque. Se non altro è coerente con il percorso intrapreso dai Korn da dopo Follow The Leader in poi: ogni nuovo disco fa ancora più schifo al cazzo del precedente. Certo spostare ulteriormente in avanti l’asticella dello schifo dopo questa sarà veramente dura. (Matteo Cortesi)
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