Il mio vicino metallaro adolescente è impazzito

Sono estremamente preoccupato.
Non vogliano queste righe assumere la forma di un epitaffio, ma quanto sta accadendo al mio giovane e talentuoso vicino di casa, la cui età stimo fra i sedici e i diciotto anni, non so proprio a quali cause e concause andare a collegarlo. E perciò ne soffro.
Ci ho messo mesi a capire che fosse lui a suonare la chitarra. Gentilissimo, basso di statura e impeccabile nell’abbigliamento e nella capigliatura, quasi un pischello uscito dal videoclip di House of the Rising Sun, è il genere di ragazzotto che tiene la porta aperta quando devi passare coi cani e che mai ti fa mancare il saluto. Ma i punti con me li ha guadagnati allorché dedussi, dato l’inesistente isolamento acustico in vigore presso il palazzo, che fosse un musicista.
Polistrumentista per l’esattezza, anche se per mesi si è cimentato esclusivamente nell’utilizzo della chitarra acustica. E dell’elettrica in cuffia, suppongo. I punti triplicarono il giorno in cui rifece con fare frettoloso l’arpeggio di One – quella che dico io, non quella che temete voi – per poi raggiungere il jackpot in poche settimane all’esecuzione della storica The Unforgiven seguita da tutta la prima metà di Fade to Black. Una fissa che dai Metallica dilagò all’heavy metal tutto, tirando in ballo i fratelli Young e tant’altre derive classiche di quell’hard rock prorompente e di accattivamente esecuzione. The Trooper, per dirne una, me la rifece in pieno pomeriggio, dal nulla, così come Wasted Years.
Ora, ero io a salutarlo con estremo piacere per le scale.
Ma le belle storie non durano mai molto; non durano neanche abbastanza.
All’apice della sua devozione metallica diede un colpo al cerchio e uno alla botte: si mise a suonare tutta la prima parte di Welcome Home (Sanitarium), ma ci cantò sopra. Se i suoi miglioramenti come chitarrista erano tangibili, ci mancò poco che spaventasse i miei cani per l’incapacità di tenere a modo anche una singola nota. E cominciò a cantarle tutte. Cominciò a sfidare gli artisti originali mettendo in fila ore e ore di materiale tutt’altro che indirizzato a un neofita, letteralmente distruggendo gli Scorpions al solo pronunciare, alla stregua dell’ubriaco che cerca un bar aperto alle tre di notte, Take me to the Magic Moment On a Glory Night e tutto quanto il resto di Wind of Change. Il Gorky Park era ora in fiamme, sorvolato da corvi affamati di carne parzialmente bruciacchiata. Chi o cosa lo aveva spinto a cantare? Un amore? Un trauma? Un compito imposto a una scuola di musica dai metodi severi?
Quel che suppongo è che una mattina, il ragazzo, a scuola fosse entrato in bagno e fosse accaduto un qualche cosa d’inverecondo che lo ha segnato per sempre.
Dapprima avviò un processo che alcuni di voi definirebbero maturazione stilistica. Prese a dedicarsi al cantautorato italiano, eseguendo a più riprese De André e Rino Gaetano con tanto di vilipendio di cadavere su quest’ultimo. Poi nuovamente oltre oceano, con Eddie Vedder e scampoli dalla soundtrack del film sul tipo che sa campare in Alaska ma mangia le bacche sbagliate. Poi One, non quella che dico io, quella che temete voi. Di tanto in tanto timide riproposizioni dei Metallica, mai troppo convinte, spogliate di quella verve che pochi mesi addietro bucava il soffitto. Finché i Metallica non scomparvero del tutto dai suoi radar, fatta eccezione per Nothing Else Matters rifatta su toni completamente sballati.
Mentre si cimentava nell’uso del flauto o picchiettava vigorosamente sulla cassa di una batteria elettronica, che, in confronto alla mia Roland, pareva un martello pneumatico puntato a una tempia dolorante, non capivo più dove volesse andare a parare.
Certe notti di Ligabue fu il momento in cui iniziai a pensare che stesse organizzando uno di quei falò in spiaggia, in cui qualcuno deve prendersi la briga di suonare una chitarra mentre tutti gli altri rimorchiano. Cantò anche quella, ci mancherebbe. Poi scomparve e diedi la colpa ai greci.
Lasciate che vi presenti i greci: al secondo piano del mio palazzo oltre al ragazzo vive una famiglia di greci. Un marito e una moglie privi di prole, che odiano chiunque abbia prole e disprezzano i miei cani a tal punto che lei mi saluta cordialmente al portone, ma, se sto uscendo con loro, si limita a voltarsi dall’altra parte con un sorriso fra l’isterico e il beffardo. È facile dedurre che cosa abbiano riferito quei due all’amministratore condominiale riguardo il tizio di sedici/diciotto anni con la chitarra. Inizialmente si pensò che avesse insonorizzato tutto, poi capii che aveva soltanto spostato parte delle esercitazioni in corrispondenza della mia cucina: dal lato opposto dell’appartamento rispetto a quello confinante con i greci. Preparare uno spezzatino era ora un incubo, e iniziai a buttare tutto dentro al microonde.
Nei giorni in cui piove è capace di suonare per otto ore, distruggendosi le dita come il protagonista di Whiplash sullo stesso piatto che Lars Ulrich non utilizza mai.
Vengo al punto: i metallari oggigiorno sono una rarità. I metallari talentuosi che prenderanno il posto di guitar heroes come Alexi Laiho o meglio ancora Dimebag Darrell, Chuck Schuldiner, sono paragonabili a una perla rinvenuta sul fondo dell’Arno a Pontedera. Tu, ragazzina e compagna di classe del mio stimato vicino di casa, che glielo hai succhiato a morte in un fetido gabinetto, adesso ci parli e rimetti tutto a posto perché io ci sto rimettendo la salute. (Marco Belardi)
Spesso è così, parti bene ma se ad un certo punto incontri la fica e non Satana sei spacciato il più delle volte. Arrivato a Ligabue è meglio morire.
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Questo articolo è poesia. Io sono quel ragazzino ormai grande che si è ostinato a costruirsi la saletta (sogno che mi porto fin da bambino) nello scantinato, per poi non scenderci mai perché ho un lavoro, una partita iva e due meravigliose bambine. Complimenti per il linguaggio creativo. Condividerò questo articolo con qualche amico ex musicista
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Scopare non è trve.
È andato, Marco, lascialo andare.
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In Italia per fare metal devi essere un eroe, c’è poco da fare.
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Sei fortunato che non si cimenti con il brutal death metal
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L’importante non inizi con le Baby Metal o il trap, il resto è tutto accettabile
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Tristezza tanta ma la tua scrittura mi ha fatto scompisciare!
Speriamo che il ragazzino beffardo incappi nel tuo articolo, lo legga, si riconosca nel protagonista e ci metta una pezza per sistemare le cose. Altrimenti, ti toccherà fare le veci dei greci (fatta la rima sono più scemo di prima) e spifferare tutto all’amministratore. Pena se non lo farai: tappi nelle orecchie e carne Simmenthal per pranzo e cena sul divano in soggiorno pur di non stare più in cucina
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