Avere vent’anni: LUROR – The Iron Hand of Blackest Terror

Quando si parla di cult band, cioè di gruppi che hanno un pubblico fedele e devoto nel tempo nonostante siano state prodotte pochissime copie dei loro dischi, ci sia stato scarso passaparola e ad abundantiam la discografia non sia particolarmente vasta, uno dei primi esempi da menzionare sono i Luror. Tedeschi, nati nella prima metà degli anni ’90, sin da subito aggregati al circolo del black metal estremo tedesco e politicizzato capitanato da Absurd e da Hendrik Möbus, sole attorno al quale tutti gli altri orbitavano come pianeti. In realtà la band fu fondata da tre tizi qualsiasi che con l’NSBM non ebbero mai nulla a che fare e composero e suonarono le due demo Blutkrieg e Warriors of the Storm, entrambe del 1996, prima che la band venisse messa in ghiaccio.
Unhold, unico componente oggi superstite, pur presente sin dagli albori, non aveva ‘sto gran ruolo nella band ed era senza alcun dubbio il più interessato all’estrema destra. Oggi è coinvolto negli Absurd stessi, ha cantato nel disco più recente dei Grand Belial’s Key, è factotum dei Wolfsmond (dei quali non si sente comunque parlare da oltre un decennio) ed è proprietario dell’etichetta floridiana World Terror Commitee, un’affiliata della Blut & Eisen productions che di dischi di culto venduti a prezzi vertiginosi ne ha pieno il catalogo, anche perché o conoscevi i canali giusti o col cazzo che riuscivi a comprarne una copia.
I Luror ricomparvero nel 2000 con uno split LP con i Nachtfalke (emanazione a loro volta di Occulta Mors, storico elemento dei già disciolti e stracultissimi Moonblood) intitolato War in Asgard / Faustus M-Ängel-E, dalla copertina bifronte il cui lato Luror mostra un bel primo piano del “dottor” angel of death, tanto per ribadire lo schieramento. Voi magari penserete che io sia un ingenuo, ma continuo a essere dell’avviso che queste prese di posizione così rudi ed esplicite fossero più un tentativo di far parlare di sé che reali esposizioni di un modo di pensare che, porca vacca, era diventato obsoleto nel 1945, figuriamoci 55 anni dopo.
Il disco fu ovviamente censurato ovunque, e leggenda vuole che quasi tutte le copie siano state distrutte, ma una di sicuro non lo è stata perché ce l’ho a casa mia. Seguirono altri tre split, fino al debutto vero e proprio, The Iron Hand of Blackest Terror, uscito nell’aprile 2003 in CD per la Nebelfee Klangwerke e in vinile ovviamente per la Blut & Eisen. Sold out nel giro di mezza giornata, in quel caso ebbi la fortuna di essere nel posto giusto al momento giusto se no addio, auf wiedersehen e grazie di tutto. In seguito è stato anche ristampato nella versione CD ma in vinile mai, se lo cercherete siate pronti a sentir pretendere cifre imbecilli.
Niente da appuntare: mister Unhold potrà non essere il vostro amicone con il quale andare a bersi una birra il giovedì sera perché la vostra donna va a latinoamericano e dell’Europa League non ve ne frega niente, ma questo losco figuro sa esattamente come si compone un pezzo black metal con le palle fumanti. In questo caso i brani sono otto, alcuni dei quali brevi o brevissimi, con dentro tutta l’attitudine crust-punk possibile e immaginabile alla quale il black metal primordiale ha attinto senza minimamente preoccuparsi di nasconderlo. I primi due pezzi, The Iron Hand of Blackest Terror e From Dawn to Death, messi insieme non raggiungono i 4 minuti e mezzo di durata; altri brani sono invece più lunghi, strutturati e melodici, vagamente influenzati da cose più depressive rielaborate comunque in modo personale.
Non riesco a dirvi “assomigliano a… sembrano i… “ o cos’altro perché sì, il contesto nel quale li si può inserire è quello ma non vengono dati ulteriori punti di riferimento. Sono i Luror che suonano i Luror, punto e basta, inutile sprecare energie mnemoniche pur di trovare un gruppo al quale la loro musica assomigli in modo più o meno marcato. Smoke and Stardust e Into the Burning Fog sono due pezzi da sette minuti e mezzo che denotano l’enorme versatilità che Unhold è in grado di maneggiare egregiamente quando scrive(va) i pezzi dell’entità di nome Luror; non sono migliori di quelli brevi e violentissimi perché è semplicemente impossibile stilare una graduatoria: tutti i pezzi sono eccellenti e tanti saluti alla mania che hanno i metallari di fare classifiche per qualsiasi cosa. È per questo che i Luror ben si meritano il loro stato di cult band e The Iron Hand of Blackest Terror vale ogni singolo istante del vostro tempo. (Griffar)