Avere vent’anni: HOUR OF PENANCE – Disturbance

Correva l’anno 2000 e a qualche concerto incontrai Enrico Schettino che vendeva il Promo 2000 in CD-r della sua band, gli Hour of Penance. Non sapevo chi fossero e, dopo le classiche parole d’incoraggiamento, glielo comprai. Quando a casa lo misi nello stereo mi accorsi che avevo acquistato qualcosa di veramente valido. Seguo gli Hour of Penance da allora, li ho sempre supportati e non mi sono mai perso una loro uscita. Ho rotto il cazzo a mezzo mondo con gli Hour of Penance, e quando qualcuno mi chiedeva un parere su questa o quella band brutal death metal io ce li infilavo sempre in mezzo, sostenendo che con i nostri romani de fero non ci fosse partita. Chissà, forse gli ho portato fortuna. Se la meritano.

Oggi gli Hour of Penance sono campioni universalmente riconosciuti del brutal death ma per raggiungere questi traguardi è stato necessario fare un po’ di gavetta. Gavetta che iniziò nel 2003 con il debutto Disturbance, uscito per la spagnola X-treem records (se non sbaglio di proprietà del tipo degli Avulsed, che sostituì con questo il nome della sua vecchia label Repulse records), una bella mazzata di furioso brutal death con i fiocchi e i controfiocchi. Un po’ acerbo ancora, magari, ma che i capitolini sarebbero esplosi diventando dei Maestri del genere lo si intuiva eccome.

legionari_romani

La produzione non eccessivamente compressa rende gloria ad un riffing frenetico, mutevole e complicato, che si potrebbe accostare a quello dei primi Nile ma occhieggia anche ai Kataklysm, agli Skinless e ai primi Suffocation, e non disdegna qualche verminoso parassitismo in una macilenta discarica di riff ai limiti del black metal. I dieci brani sono altrettante nerbate, il disco dura 39 minuti scarsi e vola via godibile per tutto il suo adeguato decorso. C’è qualche sample sparso in giro – all’epoca erano immancabili – ma niente di eccessivo che possa far pensare vengano utilizzati per allungare il brodo artificialmente, cosa successa in milioni di altre occasioni, anche da parte di band ben più affermate e seguite.

Mauro Mercurio, il batterista, fa un lavoro stupefacente, i riff sono belli asciutti, comprensibili, costruiti alla perfezione così come i non frequentissimi assoli di chitarra, perfettamente inseriti, ove presenti, nella struttura del pezzo. All’epoca adoravo il brutal death e questo disco lo consumai nel vero senso della parola. È logico che, paragonato a quanto hanno pubblicato in seguito (diciamo a partire da The Vile Conception in avanti), oggi Disturbance possa sembrare immaturo, ma fa ancora la sua bella figura anche dopo tanto tempo. Hour of Penance oramai è sinonimo di brutal death di classe e qualità. E pensare che nessuno dei componenti della formazione originale ci suona più dentro… Scavalcano il concetto stesso di tempo. (Griffar)

One comment

  • Conobbi anche io la band millenni fa ai tempi del loro demo. Credo di averli visti in qualche localino di Roma, e rimasi molto colpito dal batterista e dal fatto che ricordavano un pochino i Cryptopsy. Poi non li ho mai approfonditi, eccetto uno degli ultimi lavori, credo Misotheism, ma non era proprio robba per me.

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