Un Sabbath italiano, Vol.1: Il Nero Sabba

Breve incipit: ho la fissazione per i castelli. Davvero, fin da quando ero bambino. Pochi anni fa ero sulla via per un trasferta brutale in Europa Orientale e allora la prima tappa del viaggio in treno era giusto farla a Trieste. Dopo cena, per una passeggiata, me ne salgo sulla collina per vedere il castello almeno da fuori, convinto fosse chiuso. Invece era aperto e proveniva musica da dentro. “C’è il concerto dei New Trolls, è iniziato ma posso farti entrare col biglietto a metà prezzo“. Il piazzale era grande ma la gente sembrava comunque tanta. Che versione dei Trolls fosse sul palco non saprei dirvelo, ma c’erano almeno due, se non tre generazioni di musicisti. Stavano facendo una bella selezione dei classici, da Concerto Grosso a UT, compresa una durissima C’è Troppa Guerra. Durissima perché sotto al palco, oltre all’ovvia rappresentanza dei fan prog medi, il grosso del pubblico era composto da gente anziana, seduta composta e col maglioncino pronto sul collo, si sa mai l’arietta. Gente dell’età di mio padre, che infatti di concerti ha visto proprio solo i New Trolls, Califano, Zucchero e Springsteen. Molto composto il pubblico, almeno fino al finale con Quella Carezza della Sera. Era scontato, forse, ma fino a quel momento s’era sentito solo prog anche piuttosto hard, per cui l’effetto è stato spiazzante comunque. Quella Carezza della Sera l’hanno suonata almeno tre volte di seguito, con tanto di sing along a cappella. Pubblico in piedi, ola con le mani ondeggianti a destra e sinistra, accendini accesi. È un brano terribile, ne converrete, roba da Cugini di Campagna. Ma il grosso del pubblico quella sera era lì per quei quattro minuti ripetuti all’infinito, non tanto per altro.

Sì, quello a destra è Roberto Tiranti
Chissà se questa storia significa qualcosa. Però mi ha fatto ronzare in testa una domanda: ma se Iommi è di origine siciliana e altri membri dei Sabbath, tipo Appice, Padavona, sempre un pezzo di casa nostra si portavano appresso, se il nome stesso viene da un horror italiano, saranno mai esistiti invece (anzi, avrebbero mai potuto esistere) dei “Black Sabbath italiani”? La risposta che mi sono dato io è no. Personalmente, non vado pazzo per Rovescio della Medaglia e Biglietto per l’Inferno. Jacula non ne parliamo, a me paiono una burla maldestra e inascoltabile. Il Balletto di Bronzo di Ys (ma anche Sirio 2222 è splendido, il vero heavy psych del Mediterraneo) sono splendidi e cupissimi e potenzialmente avrebbero potuto avere un impatto grandissimo. Ma Ys resta un exploit troppo personale e purtroppo senza seguito. Insomma, mi sono fatto una domanda e mi sono anche risposto da solo. Marzullo ne sarebbe fiero. Ma il pensiero è rimasto e la domanda s’è progressivamente trasformata in: e se invece, nel corpo immenso e sfaccettato del rock e del prog italiano degli anni ’70, si nascondessero tracce di esoterismo, musica dura e cupa, in avanti coi tempi, germi che avrebbero comunque potuto far germogliare qualcosa, non fossero arrivati i quattro di Birmingham? Un e se invece, insomma, un tentativo di stendere fili tra esperienze diverse che non c’entrano molto l’una con l’altra. Tanto per provare a immaginare come sarebbe stato il doom se l’avessimo inventato noi veramente. Una gigantesca sega mentale, insomma. La mia fortuna è stata, in un anno quasi ininterrotto di disoccupazione, in passato, di avere avuto il tempo di studiare lo splendido blog John’s Classic Rock di John Nicolò Martin e di aver ascoltato tutti i dischi recensiti. Altro blog da consigliarvi, l’enciclopedia proto metal di The Day After the Sabbath, che spazia in realtà tra le pepite del sottobosco pre-doom di tutto il mondo, ma che un volume all’Italia l’ha dedicato.
Avendo ancora in mente qualche appunto di quanto studiai allora, provo ora a tracciarlo io, questo filo. E parto proprio dalla base del discorso. Il Sabba delle streghe. Parte tutto da lì, immagine potentissima. E poi il noce delle streghe sarebbe stato a Benevento, no? Ricky Gianco invece è di Lodi, dove vivo ora, e col metal non c’entra nulla. Urlatore nei ’60, clan Celentano, quel mondo lì. Intreccia il percorso con Tenco, Jannacci, futuri PFM, Stratos. Nel ’73 fonda una casa discografica, Ultima Spiaggia, e fa uscire una specie di concept album progressivo e politico dando il nome al collettivo, appunto, di Ultima Spiaggia. Concept politico, progressivo, ma in maniera non ortodossa (anzi, fin troppo eterogenea). Non facilissimo da ascoltare, ma contiene Canto delle Streghe e del Demonio. E per un’Italia ancora dominata dalla Democrazia Cristiana direi che di coraggio ne ha già a sufficienza il titolo. Poi ci sono le invocazioni sataniche dello stregone. Il bramo è un rock’n’roll un po’ r’n’b, spigliato e divertente. Il testo è questa cosina qui:
Squarcia la nebbia di falsi cieli
Apri il sipario della verità
Scendi nel pozzo dei desideri
Scegli il buio con noi!Sibila, striscia, serpente!
Scivola, senti le spire!Eccoci al noce di Benevento
Col fuoco cogli la cecità
Il corpo nudo cospargi di unguento
Come facciamo noi!Sibila, striscia, serpente!
Scivola, senti le spire!Ti senti addosso una nuova pelle
Nel sangue caldo ti bagnerai
Già la medusa scuote i capelli
Satana vieni qui!Sibila, striscia, serpente!
Scivola, senti le spire!Sibila, striscia, serpente!
Scivola, senti le spire!Dalle porte della notte
Ai confini dell’infinito
E dai confini dell’infinito
Alle porte della notte
A colui che non deve essere nominato
Al serpente, al nero capro dei boschi!
Vieni nero capro dei boschi!
Al guardiano dei cimiteri
Al signore della notte
Sette, nove, i gradini d’avorio
Vieni!
Insomma. Roba da face painting. Anche se gli sceneggiati RAI del mistero già portavano in TV roba inquietante come la seduta spiritica de Il Segno del Comando, un testo così era ancora parecchio esplicito, per l’epoca. Ascoltatevela qua sotto. La politica di Metal Skunk privilegia i video ufficiali, per evitare che scompaiano poi in futuro i link. Disco dell’Angoscia però è raro pure per internet. Per cui se capitate qui fra qualche tempo e non trovate più il video, beh, dovrete cercarvelo da voi. (Lorenzo Centini)
Mi piace. (il post). Discorso Italia- resto del mondo…, Personalmente ritengo più pesante “il Tempio delle Clessidre” del “Museo Rosenbach” , degli Iron Butterfly. E con pesante intendo: malinconico, claustrofobico, colpi forti e sordi a volume alto, distorsione, intenzione decisa nel suonare, e soprattutto non sapere esattamente cosa si sta facendo ma sapere di essere nel momento giusto per comporlo e suonarlo. L’Heavy.
Per quanto riguarda degli ipotetici Black Sabbath italiani, beh, i Sabbath a quanto mi sembra di capire erano innanzitutto degli spostati, ma duri e decisi, e con una forte personalità: inseriti nel gran calderone del rock anni 70 sono riusciti ad emergere e a sopravvivere grazie appunto all’identità. In Italia un gruppo hard ipoteticamente attivo negli anni 70 se fosse stato sulla breccia allo stesso modo, si sarebbe venduto subito. (come ora). In Italia si sta troppo bene. Infatti vengono tutti qui a svernare.
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non conoscevo i due blog da te citati, ma sono un qualcosa di clamoroso (soprattutto John Classic Rock), che toccherà spulciare in maniera approfondita con i miei tempi. Grazie mille per l’articolo, molto interessante
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bell’articolo, e grazie per i due blog che non conoscevo: sempre ottime fonti!
“Confessione” dei Biglietto Per L’inferno è un grandissimo pezzo secondo me, anche se il testo cavalca forse troppo facilmente l’onda contestatrice di quegli anni. Tuttavia se pensiamo che nell’anno in cui è uscito questo disco in Italia, i Sabbath erano già al quinto LP…. la dice lunga su quanto avanti fossero i nostri di Birmingham e l’entità dello squarcio che hanno creato tra il prima e il dopo di loro nel panorama della musica, in particolare quella pesante.
La spiegazione che mi sono dato e che credo in parte possa rispondere alla tua domanda, è che nella nebulosa creativa di quel periodo, quel brodo primordiale di fine anni 60′ fatto di incredibile energia vitale, morte, guerra, disagio, tensione sociale, contestazioni, frustrazioni e droga, i Sabbath sono stati incontrovertibilmente i primi a far sprofondare all’inferno le canzonette dei Beatles ed a dare un tono sinistro ai volumi inauditi di Hendrix, Cream, Blue Cheer e soci. Prima di loro trovi solo delle tracce di queste pulsioni, ma nessuno mai come loro ha saputo sintetizzare e mettere in musica tutto questo.
L’Italia secondo me non fa eccezione in questo e personalmente credo solo il prog più duro di quegli anni sia riuscito a ricordare vagamente le atmosfere e la pesantezza più “doom” evocata dai quattro di Birmingham.
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