Avere vent’anni: OSI – Office of Strategic Influence

OSI, Office of Strategic Influence, fu un progetto che coinvolse alcune personalità di alto livello del prog metal, ovvero Kevin Moore (Chroma Key ed ex-Dream Theater), Mike Portnoy, Jim Matheos (Fates Warning) e Sean Malone (Cynic, Gordian Knot) al basso e stick. Si aggiunse anche Steven Wilson dei Porcupine Tree, che contribuì soprattutto alla composizione e partecipò concretamente alla settima traccia. Da notare che Sean Malone era un grande teorico musicale, con tanto di pubblicazioni accademiche. Della produzione si occuparono i musicisti stessi, che erano tutti anche ottimi ingegneri del suono, con l’aggiunta di Phil Magnotti, uno dei maggiori professionisti della post-produzione a livello mondiale e per tutti i generi. Sta di fatto che il suono di questo album è straordinario per definizione, profondità e ampiezza. È un piacere anche solo ascoltarne qualche minuto, perché la produzione è la parte più rilevante di questo lavoro.

OSI-A

Il disco in questione, sul quale le aspettative prima dell’uscita furono per forza di cose altissime, si presenta caratterizzato da due anime che non si sono ben amalgamate, tranne che in pochi momenti, e che rimangono ben distinte. La prima è quella di un prog metal ben concepito e ben fatto: nei primi brani si avvertono alcuni manierismi alla Dream Theater dei primi Duemila e la cosa era quasi scontata anche all’epoca, dal momento che furono un progetto del multivitaminico Mike Portnoy e di Kevin Moore. Anche i Fates Warning di Disconnected (2000) possono essere visti come una delle influenze di OSI. La seconda anima musicale di questo lavoro è quella più sperimentale e riflessiva, che proveniva da Kevin Moore. Certamente anche Wilson contribuì a questa parte, più cerebrale e rarefatta. Questa seconda anima si sente nei momenti più wave, elettronici e pop, con le ritmiche più cadenzate. Per quanto riguarda l’apporto del grande Sean Malone purtroppo possiamo dire poco, dal momento che il suo lavoro non emerge affatto, e possiamo solo pensare che abbia contribuito in fase di composizione e di produzione.

OSI-2

Così costruito, è un disco che può allontanare una parte degli ascoltatori e avvicinarne altri: si fatica a inquadrarlo, a causa della sua natura sperimentale. Tuttavia fu una sperimentazione solo in parte riuscita, perché le due anime di cui sopra non riuscirono a creare qualcosa di unico ma restarono soltanto conviventi e separate. È un lavoro interessante e gradevole da sentire, ma non richiama l’attenzione in nessun momento particolare. Per fare un esempio concreto, provarono anche a fare una loro versione di Set the Controls for the Heart of the Sun dei Pink Floyd, presente nell’edizione speciale del CD, che venne eseguita in una versione interessante, ma nemmeno memorabile: trovo che sia rovinata dalle scelte timbriche, dalle troppe aggiunte elettroniche, oltre che dalle solite voci alla radio, questa una mania di Portnoy e dei Dream Theater, da sempre; riassumendo, non riuscirono a dare un vero spessore al materiale musicale. Questo è esattamente quel che si può dire di tutto il resto del disco.

Dopo questi vent’anni, in cui l’ho lasciato nel cassetto e non l’ho mai più aperto fino ad oggi, mi chiedo se sia un disco che meriti di essere ascoltato, al di là dei seguaci del prog e dei musicisti altisonanti che lo formarono. Direi di sì, senza troppa convinzione, ma più che altro per capire cosa stesse succedendo nel metal dei primi Duemila e che cosa si stesse facendo per ampliare gli orizzonti sonori nel nostro genere. (Stefano Mazza)

3 commenti

  • Li ho sempre amati, ma d’altra parte sono un fan delle sonorità fredde dei Fates Warning e sei toni cupi di Kevin Moore (la mente migliore dei DT). Però l’articolo dice bene: la freddezza, il tono lugubre e monocorde della voce di Moore, li rendevano davvero poco interessanti. Due aneddoti che dicono molto:
    1) Daniel Gildenlow (Pain Of Salvation) doveva essere della partita, ma rinunciò perché non intrigato dalle canzoni che venivano fuori. Lo stesso Wilson avrebbe dovuto avere un ruolo maggiore, ma ha perso interesse a progetto avviato.
    2) Portnoy ha abbandonato dopo il primo disco perché, testuale: “Non mi divertivo. Kevin è un grande, ma ha sempre avuto questo carattere serio, cupo. Mentre suonavamo mi giravo a guardarlo e non sorrideva mai. Insomma, mi stavo deprimendo”. Ascoltando, si capisce il motivo.

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  • Il senso di certi siti: non capire un cazzo ma continuare a scrivere recensioni.

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  • Due tre pezzi belli in tutto il percorso gli OSI li hanno fatti.
    Peccato perché c’era molto potenziale. Kevin Moore è veramente un genio della teoria musicale, basta ascoltare non solamente quello che ha fatto con i DT (e io non amo particolarmente i DT) o gli altri suoi progetti. Uno dei dischi che ha fatto con il nome Chroma Key, una colonna sonora credo, è uno spettacolo. Però è vero: è un musicista cupo, e anche questo si sente.

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