SKUNK JUKEBOX: arrosticini a colazione

Cominciamo col botto andando a scavare nei più orribili recessi di Youtube con un video che non avrei mai voluto vedere e di cui vi voglio mettere al corrente perché mal comune mezzo gaudio. In questi svizzeri INFINITAS c’è più o meno tutto ciò che non va nel metal contemporaneo, a partire dal clone di Alissa White-Gluz alla voce. Già, perché questi sono tempi talmente cupi che persino Alissa White-Gluz è riuscita a fare scuola. Il pezzo si chiama Kratos ed è ispirato all’omonimo protagonista del videogioco God of War; permettetemi però di dire che lo spaccaculissimo semidio spartano avrebbe meritato un omaggio musicalmente ben diverso da questo metallino folkettino melodichino scemino per minorenni con la tipa belloccia che fa la “voce grossa” nelle strofe. Inoltre capisco tutto, ma Kratos aveva un fisico innaturalmente scolpito mentre nel video l’attore che lo interpreta ha la panza. Più che god of war sembra god of pastasciutta. A ‘sto punto potevate chiamare Carrozzi, che è pelato uguale e nei tempi morti vi preparava gli arrosticini.

SAKIS TOLIS ormai passa i ritagli di tempo a scrivere pezzi solisti da pubblicare sui suoi canali personali. Ogni tanto ne esce uno, e l’anno scorso ne aveva assommati un numero sufficiente da raccoglierli nel suo primo disco solista, Among the Fires of Hell, di cui avevamo parlato discretamente bene. Quell’album uscì nel marzo 2022 e da allora il nostro eroe ellenico ha già tirato fuori altri tre pezzi: Ancestral Whispers, Paranoia e questa Here Comes the Sun, che da qualche giorno potete trovare sul suo canale Youtube. Nessuna nuova, buona nuova: il brano è stilisticamente slegato dall’ultimo corso dei Rotting Christ e casomai si ricollega in qualche modo alla loro fase gotica, anche se in maniera molto peculiare. Per uno che ha scritto praticamente da solo 13 album dei Rotting Christ e 4 dei Thou Art Lord non era semplice trovare uno sbocco originale, sia pure parzialmente. Onore a lui. We name you under our cult.

Sono sulla via del ritorno sulle scene anche gli ELVENKING, il cui Reader of the Runes – Rapture è atteso per aprile. Nel frattempo i friulani hanno fatto uscire due anticipazioni, The Hanging Tree e Rapture, e da quest’ultima hanno girato anche il video che potete agilmente vedere qua sotto. L’avrò detto di sicuro da qualche parte ma tocca ripeterlo: gli Elvenking sono un gruppo molto sottovalutato la cui discografia è piena di gemme incredibilmente nascoste. Questa Rapture, come spesso accade con loro, ha un impatto immediato e una struttura abbastanza semplice ma nasconde varie sfumature che si rivelano appieno solo col passare degli ascolti. Meriterebbero molta più considerazione, ma il mondo, purtroppo, è quello che è.

Il 2023 sarà anche l’anno del grande ritorno dei NE OBLIVISCARIS, a sei anni da quell’Urn che fece andare in sollucchero parecchi dei tizi di Metal Skunk. Io non sono tra questi, in realtà, semplicemente per il fatto che quanto proposto dagli australiani non è proprio il mio genere. Avantgarde progressive extreme pazzo-geniale-folletto metal con le chitarrine che fanno pirupiru, cambi di tempo continui, violini romantici e via dicendo, decisamente troppo per me che sono un buzzurro che si scaccola ai semafori. Anche questa Graal è un bel macigno, coi suoi quasi nove minuti di durata e di pirupiru. Come diceva un titano dei nostri tempi, a me non piace ma sono contento che a voi piaccia.

E poi ci sono gli IN FLAMES. Già, esistono ancora. Ricordo che all’albeggiare del millennio loro si atteggiavano a gruppo coraggioso e musicalmente colto, capace di inglobare le più disparate influenze moderne per creare uno stile inedito e al passo coi tempi. Di quello che pensavo di quest’atteggiamento ho già parlato; il fatto è che mi sembra che loro continuino ad avere più o meno quello stesso approccio nonostante facciano in pratica lo stesso disco da una quindicina d’anni più o meno, con lo stesso stolido immobilismo di un gruppo heavy metal tedesco a caso. Gli In Flames avrebbero tutto per farmi schifo: la voce di Friden l’ho sempre mal sopportata, la paraculaggine dei ritornelloni melodici è concettualmente deprecabile, lo schema strofa cattiva/ritornello emozionale ormai è prevedibile quanto una finta a rientrare di Matteo Politano, non c’è neanche più Jesper Stromblad e dell’atteggiamento abbiamo già detto. Eppure, e mi vergogno anche un po’ a dirlo, in ogni loro disco ci sono almeno un paio di pezzi che finiscono col prendermi. Meet your Maker è uno di questi, e la cosa non mi rende per nulla fiero. (barg)

2 commenti

  • – a me sta Kratos non ha fatto proprio schifo… saranno gli urtimi bbotti de gioventù
    – sakis sempre inarrivabile
    – elvenking carini
    – ne obliscazzi inascoltabili
    – in flames cosa vuoi dirgli, due o tre pezzi ad album e resto merda. questa mi pare passabile, ma finito di sentirla devo di corsa tornare a sakis

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  • gli Elvenking non è che ve li siete mai filati più di tanto, il precedente reader of the runes I è un gioiellino. io sarò di parte perchè li seguo e li apprezzo dagli esordi…ma sicuramente sono tanto sottostimati.
    per gli in flames invece continuo a riporre qualche speranza, l’ultimo album non era malaccio (concordo con qualche merdina sparsa come filler).

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