I mostri all’angolo della strada: viaggio nella musica ispirata a Lovecraft #3

LOVECRAFT PSICHEDELICO: 1967 – 1968

Nel primo episodio abbiamo affrontato l’argomento della musica che ascoltava Lovecraft e che estemporaneamente suonava. Nel secondo abbiamo visto che già ai suoi tempi due musicisti classici, Harold S. Farnese e Alfred Galpin, gli dedicarono alcune composizioni. Dopo di queste non ci sono altre notizie, allo stato delle conoscenze attuali, di influenze lovecraftiane fino alla fine degli anni Sessanta. La prima formazione nota in questo senso decise di legarsi inequivocabilmente con lo scrittore, assumendone lo stesso nome: gli H.P. Lovecraft apparvero nei negozi di dischi nel 1967 e suonavano rock psichedelico, che era uno dei generi di riferimento dell’epoca. D’altra parte, la psichedelia fu uno dei generi che contribuirono alla nascita dell’hard rock e quindi del metal degli anni Settanta, combinandosi con il prog e con la generale necessità di sperimentare e di esplorare le possibilità sonore degli strumenti elettrici. Il gruppo si formò a Chicago, quando il chitarrista e cantante folk George Edwards, pseudonimo di Ethan Kenning, incontrò il tastierista e polistrumentista Dave Michaels, pseudonimo di David Miotke. La formazione fu completata dal chitarrista Tony Cavallari, dal batterista Mike Tegza, dal primo bassista Tom Skidmore, che uscì quasi subito e venne rimpiazzato da Jerry McGeorge.

HP-Lovecraft-band

Stilisticamente gli H.P. Lovecraft vengono associati a gruppi come Jefferson Airplane, Spirit, Procol Harum, oltre ai primissimi Pink Floyd. Ascoltati adesso suonano datati e decisamente anni Sessanta, ma nel panorama della loro epoca si distinsero per un approccio più vario rispetto alla media dei gruppi contemporanei: combinavano influenze folk, armonizzazioni vocali e anche strumenti poco convenzionali quali l’organo elettronico, il pianoforte, il clavicembalo, il clarino e il flauto. In effetti, sono considerati un gruppo proto-prog, che insieme ad altri gettò le basi per le sonorità del movimento musicale che si sarebbe affermato poco tempo dopo. Per poter usare il nome H.P. Lovecraft, il gruppo chiese il permesso ad August Derleth, proprietario della Arkham House e all’epoca curatore delle opere dello scrittore. David Miotke (aka Dave Michaels) ricorda l’episodio:

Nel 1969 i nostri manager conoscevano gli scritti di H.P. Lovecraft. Dopo aver scartato una lista di possibili nomi, facemmo una pausa e durante una conversazione saltò fuori il nome H.P. Lovecraft. Questo nome, che era così singolare e conteneva la parola “love”, ci attirò e lo scegliemmo per il gruppo. Uno dei nostri manager, Bill Traut, che si era laureato all’università del Wisconsin, conosceva l’autore e professore August Derleth, che era l’esecutore delle opere di Lovecraft. Bill lo contattò ed ottenne il permesso di usare il nome. Poco dopo mi misi a leggere le storie di Lovecraft… 

Ethan Kenning racconta come saltò fuori il nome dello scrittore: uno dei manager aveva un cane di nome Yuggoth, lui chiese da dove venisse il nome e la risposta fu “da H.P. Lovecraft”. Da quel momento conobbe l’autore, che divenne una delle sue letture preferite. Gli H.P. Lovecraft incisero il loro primo disco per la Philips alla fine del 1967 ed erano quasi tutte cover, completamente riarrangiate nel loro particolare stile. Per esempio Wayfaring stranger di Johnny Cash, Let’s get together di Chet Powers, That’s the bag I’m in di Fred Neil. Una canzone originale del gruppo è invece The White Ship, che apre il secondo lato del disco, dura sei minuti e si ispira all’omonimo racconto di Lovecraft, il quale fu pubblicato per la prima volta nel 1919 su The United Amateur e, successivamente, su Weird Tales nel 1927.

Il ritmo del brano è lento, l’atmosfera onirica e a tratti epica, con un discreto uso di organo, clavicembalo e fiati, ma è anche esotica, per via di alcune melodie di gusto orientale, mentre la sezione ritmica esegue una marcia ostinata dall’inizio alla fine come in un Bolero. Il testo della canzone accenna al viaggio sulla Nave Bianca di Lovecraft, privilegiando l’aspetto onirico e meraviglioso del racconto, tralasciando invece lo sviluppo e il finale, che ovviamente non riveleremo qui. 

Home through the night here in my darkened room
Sails of white across the misty moon
Floating across the sky
Burning into my eye
Sailing upon the white ship

Nel novembre 1967 The White Ship fu pubblicata come singolo sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti dalla Philips. Inizialmente il disco conteneva sia una versione ridotta della canzone, della durata di tre minuti scarsi, sia la versione completa di sei minuti e mezzo. La stampa originale fu ritirata e nel febbraio 1968 uscì un secondo singolo con la versione completata e I’ve Been Wrong Before di Randy Newman come lato B. The White Ship divenne molto celebre fra gli appassionati di Lovecraft e nell’allora nascente circuito underground musicale, restando, ancora oggi, il brano più famoso del gruppo. Subito dopo l’esordio discografico la band si trasferì a San Francisco, California, dove fu molto attiva nei locali della Bay Area. Nel 1968 uscì il secondo disco, che si intitolò H.P. Lovecraft II. Anche in questo caso le canzoni incise erano in parte cover e in parte materiale originale, fra cui spicca senza dubbio At the Mountains of Madness, ispirata all’omonimo romanzo scritto nel 1931 e pubblicato per la prima volta su Astounding Stories nel febbraio 1936. Si tratta di un brano dalla base blues e folk, tipica del duo Kenning (Edwards) – Miotke (Michaels), ma questa volta lo stile è pienamente psichedelico, guidato da due voci armonizzate e che culmina in un finale ricco di effetti sonori e sovraincisioni. Anche in questa canzone, la batteria non esegue un classico tempo rock, ma una combinazione di incastri e ritmiche tribali. Il testo non ricorda nulla del romanzo lovecraftiano, tranne una vaga atmosfera di inquietudine e impotenza:

Standing there, wind blowing through your hair
Eyes on fire, colour everywhere
When you gaze into the sky
All alone with no disguise
You’ve survived at the Mountains of Madness

Del resto, l’intenzione di Kenning e Miotke era proprio quella di ricreare un’atmosfera grazie alla capacità di sintesi delle canzoni e non di raccontare di nuovo le storie di Lovecraft. Ethan Kenning racconta anche che in realtà la prima canzone ad essere composta fu proprio At the Mountains of Madness, mentre The White Ship arrivò dopo. Nonostante la grande passione dei musicisti per Lovecraft, questi due brani restarono gli unici ispirati ai suoi racconti. Dopo il secondo disco, per altro, Miotke se ne andò per divergenze musicali con gli altri membri e decise di tornare all’università. Come conseguenza, gli H. P. Lovecraft si sciolsero già agli inizi del 1969. Il batterista Tegza formò un nuovo gruppo insieme al chitarrista Kenning, che chiamarono Lovecraft, ma durò soltanto un paio di anni. Tegza ci riprovò ancora nel 1975 con i Love Craft, cambiando lo stile in funk e assumendo una cantante donna, ma anche questo progetto terminò molto presto.

Nonostante la loro breve esistenza, gli H.P. Lovecraft si sono guadagnati una grande reputazione e hanno sempre avuto un seguito di appassionati, che li apprezzano per le loro idee all’avanguardia e li considerano, come abbiamo visto all’inizio, fra le guide del movimento psichedelico e anticipatori del rock progressivo. La Rete ospita da sempre materiale a loro dedicato: il vecchio portale Rough Guides negli anni Novanta aveva una pagina dedicata agli H.P. Lovecraft. Era un un sito di tipo enciclopedico che promuoveva guide consultabili on line, pubblicate anche come libri, che si occupavano di viaggi, internet e musica, per esempio Rock: the Rough Guide (a cura di Mark Ellingham e Jonathan Buckley, Rough Guides, 1996), da cui era tratta la voce riguardanti gli H. P. Lovecraft. Oggi il sito Rough Guides si occupa solo di viaggi.

hproughLa pagina sugli H.P. Lovecraft pubblicata da Rough Guides nel novembre 1996 (recuperata da Wayback Manchine – The Internet Archive)

Nella prossima puntata resteremo ancora al crepuscolo degli anni Sessanta, dove vedremo come l’influenza lovecraftiana si diffuse nel rock progressivo inglese. (Stefano Mazza)


DISCOGRAFIA

  • [singolo] H.P. Lovecraft, The White Ship (complete) b/w The White Ship (edited) – Philips #40506, 1967 US.
  • H.P. Lovecraft – s/t, Philips 1967.
  • [singolo] H.P. Lovecraft, The White Ship (complete) b/w I’ve Been Wrong Before – Philips #BF 1639, 1968 US, UK.
  • H.P. Lovecraft – II, Philips 1968.
  • Lovecraft, Valley of the Moon, Reprise Records 1970.
  • Love Craft, We love you whoever you are, Mercury 1975.
  • H.P. Lovecraft, At the Mountains of Madness, Edsel 1988 – Una raccolta dei primi due album e alcuni inediti.
  • H.P. Lovecraft, Live May 1968, Sundazed 1991.

BIBLIO- / SITO- GRAFIA

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