Avere vent’anni: KORN – Untouchables

Notte di sogni, di coppe e di campioni
Notte di lacrime e preghiere
La matematica non sarà mai il mio mestiere

Il mio ricordo di Untouchables dei Korn è indissolubilmente legato ai miei esami di maturità, e il fatto che siano passati vent’anni anche da questa tappa fondamentale della vita mi fa rendere conto che forse anche la postadolescenza è finita da un bel po’. Se penso alle mie notti di sogni, di lacrime e preghiere del 2002 ricordo un caldo impressionante, una coppa del mondo sfumata grazie alle magie di Byron Moreno e la mia testardaggine nel voler costruire una tesina che, partendo dal famoso monologo finale di Blade Runner, riuscisse a mettere insieme Nietzsche, la Medea di Euripide e Jean-Michel Basquiat (avevo sempre diciassette anni). Mi giocavo un cento da outsider – avevo meno crediti degli altri potenziali candidati – e volevo provarci, senza rinunciare a campare e quindi, come sempre, riducendomi all’ultimo minuto per la tesina – che avevo preparato solo nella mia mente – e per il temutissimo classico di greco, con la professoressa che mi odiava come poche persone al mondo.

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La colonna sonora di questi momenti era pressoché basata su Untouchables dei Korn, uscito proprio nei giorni clou di studio matto e disperato. Un disco che attendevo spasmodicamente: così come mezzo mondo insieme a me, ero curioso di conoscere il successore di un album dall’incalcolabile successo come Issues e che finì, incredibilmente, per deludere gran parte del pubblico e dei fan della band. A torto.

Perché, ora come allora, Untouchables – quasi un solista di Jonathan Davis che esorcizza i fantasmi degli anni ’80 che facevano capolino nei precedenti album – è un lavoro estremamente personale, eclettico e ispirato, che ha il solo “difetto” di apparire come un ulteriore tassello nel progressivo ammorbidimento del sound dei Korn.

In realtà, se parliamo di appeal strettamente commerciale, sia Issues che Follow The Leader sono molto ma molto più “costruiti” per raggiungere questo obiettivo, mentre Untouchables, pur essendo smaccatamente melodico, è anche molto più cupo, malinconico e con un numero di potenziali singoli sensibilmente minore (a parte la buona Here To Stay, comunque tra i brani meno rappresentativi dell’album).

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Ed è proprio nei momenti più melodici che Untouchables riesce a colpire maggiormente nel segno e a mischiare le carte in tavola, senza però snaturare il sound della band e rinunciare al proprio marchio di fabbrica. Make Believe è una perfetta esemplificazione di questo concetto, così come la notevole Hollow Life o l’incredibilmente sottovalutata Thoughtless. Ma ciò che rende davvero notevole Untouchables, fino alla conclusiva e straordinaria No One’s There, è il riuscire a non avere uno stile “definito” e a non subire momenti di stanca nonostante una durata molto estesa – quasi settanta minuti – anche grazie ad una cura maniacale per i suoni (il disco è costato uno sproposito) e a livello compositivo. Un’attenzione e un’ispirazione che poi comincerà a scemare in modo, purtroppo, sempre più evidente: se il successivo Take a Look in the Mirror, pur avendo alcuni riempitivi di troppo, ha dei pezzi talmente notevoli da trascinare tutto il disco, già con See You On the Other Side i Nostri imboccheranno un crinale sempre più scivoloso, fino a riprendersi, inaspettatamente, con gli ultimissimi lavori.

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Untouchables, che esce in un periodo di profonda crisi personale tra i vari componenti della band, diventa ex post il capitolo conclusivo del periodo d’oro dei Korn e, anche se la mia non è un’opinione popolare, resta uno dei loro lavori ai quali sono più legato.

Anche perché alla fine il cento alla maturità l’ho avuto, sono andato a Roma, città che amo visceralmente – nonostante la bestemmi quotidianamente – e che mi ha regalato le più grandi gioie della vita. E anche se non sono riuscito in tutto quello che volevo a diciott’anni, va bene così.

Anche perché, in fondo, diciott’anni sono pochiper promettersi il futuro. (L’Azzeccagarbugli)

6 commenti

  • L’ultimo capolavoro dei Korn. Un disco che ricorda come abbiano saputo cambiare sound in ogni album senza tradire troppo le loro radici, per me dal primo a questo sono tutti più o meno allo stesso (alto) livello. Al seguito due ottimi album e poi dopo l’abbandono del batterista storico nulla di rilevante e album pessimi a parte qualche canzone qua e là

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  • Basta coi 20 anni e Di Leo! Ha fatto il suo tempo. Dai 2000s è iniziato il degrado… a quando invece una rubrica Avere 50 anni dove andare a sfrugugliare tra i classici? Già solo per giugno 1972 avreste l’imbarazzo della scelta: Buffalo, Bowie, Jethro Tull, Golden Earring, Alice Cooper, Aprodithe’s Child, Free, Pink Floyd, Eagles, Black Oak Arkansas. Tra poco Luglio e allora via con Zappa, ELP, Foghat, White Witch, Nazareth, Jefferson Airplane, Captain Beyond. Agosto con Cactus, Styx ed Elf.

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  • Credo sia la prima volta che sono d’accordo con te, avvocà. Non che la cosa mi faccia gioire come un bambino con lo stecco intonso di zucchero filato. E manco a te, presumo.
    Tra l’altro: che cazzo te ne fregava di arrivare a una piotta all’esame di maturità? Veramente avevi questa aspirazione per te stesso a 18 anni? Stavi un anno avanti perché per mamma e papà dovevi primeggiare pure in questo? Così mi è parso. Ma chissà. Personalmente sono ancora incazzato con mia madre per avermi rovinato l’estate del 1979 a torturarmi con la scrittura, solo per mandarmi a scuola a 5 fottuti anni (così lo diceva alle amiche e si vantava con la famiglia). Vaffanculo mamma, ti voglio bene lo stesso.
    Spero ti sia passata sta bramosia da numero uno. Non serve a un cazzo. Solo a diventare opportunisti. O a sentire il peso del ripiego quando “non riesci in tutto quello che vuoi”. Sguardo in alto, senza de-siderare (togliere lo sguardo dalle stelle). Sguardo a terra, proiettando sempre una singola ombra. D’altro canto “essere con qualcuno” o “avere qualcosa di fronte”, resta una questione aperta.
    Bell’articolo comunque. E grande disco.

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  • Completamente d’accordo con l’Azzeccagarbugli, ci aggiungo il fattore emotivo legato al fatto che è il primo disco che ho sentito dei Korn

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  • mai piaciuti, e pensare che quando uscì il primo omonimo del 94 non so che rivista (forse proprio MS) li paragonò ai Black Sabbath per quanto “rivoluzionario” fosse il loro album….

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