Uno split per domarli: Allegiance to Forgotten Blood

Allegiance to Forgotten Blood è un 4-way split uscito da pochissimo che include quattro gruppi piuttosto underground (Elegiac, Wintaar, Nyctophilia e Venymysgourvleydh) tutti quanti di formazione più o meno recente. Va bene, va bene, lo so: state già pensando “che palle, la solita roba”. No, falso, non è vero, ma la critica ci sta. E che recensire dischi come questo sia facilissimo è vero solo in parte: non sai mai come comportarti perché scriverne mirabilie non ha senso, scriverne male è impossibile, rimanere neutrali ancora peggio… insomma, un macello. Vediamo perché, cominciando dalla presentazione delle band partecipanti.
Gli ELEGIAC sono americani, più precisamente uno dei tanti progetti di Zane Young che, oltre agli Elegiac, ha o ha avuto in piedi almeno una decina – o forse una quindicina – di altri gruppi principalmente black metal, più o meno tutti con influenze elettro/ambient d’atmosfera. Il moniker circola da fine 2014 ed in questo lasso di tempo il Nostro ha pubblicato una demo, 8 full length, 3 EP e quattordici (14) split (incluso questo in esame); e aggiungiamoci anche tre compilation che radunano pezzi vecchi apparsi in questa o quella cassetta, perché la maggior parte dei suoi dischi sono usciti anche in cassetta, sempre ovviamente limitati ad un numero irrisorio di copie. Zane Young si occupa di tutto, scrive musica che deve cospicui tributi all’innominabile band norvegese che inizia per Bur e finisce per Zum (quella di “sarà capitato anche a voi di avere una musica in testa”… Mina e Sylvie Vartain, presente? Ci fece pure un film Bruno Corbucci ispirandosi a quella canzone) ma anche ai Graveland dei primi tempi, fino ad arrivare ai Behemoth, sempre di inizio carriera: From the Pagan Vastland, Sventevith, non oltre.
I WINTAAR sono ancora più estremi, per quanto riguarda la prolificità: nel solo 2020 la band del factotum WV, al secolo Evgeny Pilnikov, ha pubblicato nove (9) full lenght. Quest’anno solo 6, più un EP e questo split. Suona anche lui in almeno altri dieci gruppi (uno dei quali, i Times Heal Nothing, grandioso con il suo DSBM da ago in vena), e da quest’anno ha deciso di farsi aiutare da un paio di amici perché probabilmente cominciava ad essere a corto d’idee… non lo so, me l’immagino solo, ma se tanto mi dà tanto: dal 2017, anno di ingresso nel music-biz, Wintaar ha pubblicato ventinove (29) album, un EP (formato che evidentemente non considera) e dieci split. Fanno la bellezza di quaranta (40) titoli, compilation escluse, pure questi usciti prevalentemente in digitale ed in un ristrettissimo numero di esemplari in formato cassetta, a tiratura generalmente non superiore ai trenta pezzi. Qualcosina ultimamente è stato anche ristampato in CD, va anche detto che il tipo è onestissimo e spesso vende su Bandcamp l’intera discografia digitale a prezzi irrisori e non di rado ci mette pure un ulteriore sconto sopra. Io di tutta questa roba gliene ho comprata diversa perché il tipo ha buone idee, il suo black metal è freddo come il ghiaccio dei monti Urali, scolastico, semplice ma assai ben fatto. Anche lui non disdegna influenze della summenzionata innominabile band, mischiando con parecchio DarkThrone, roba francese Black Legions ed anche greca, per la spiccata tendenza a scrivere riff con tetre melodie celate nelle situazioni più veloci e violente. Con Evgeny ci scriviamo per e-mail ogni tanto, è un tipo molto cordiale. Io gliel’ho scritto che secondo me, se anziché tirare fuori un full al mese con una buona metà di pezzi favolosi ed altrettanti riempitivi sfoltisse la produzione e ragionasse più sui brani migliori, oggi sarebbe una star del black, altro che Vothana o Lamp of Murmuur, ma a quanto pare da quell’orecchio non ci sente.
Terza band, terzo solo-project, NYCTOPHILIA, in questo caso originario della Polonia. Attivo dal 2015, Grief suona attualmente solo con un’altra band (i Thurtul, poco noti ai più) e, pur senza raggiungere gli eccessi dei suoi colleghi, ha alle spalle due demo, tre Ep, quattro split e sei full. Pure lui non è che se ne stia con le mani in mano, insomma. Tra tutti probabilmente è il migliore perché suona musica molto intensa, veloce ed aggressiva pur avendo un’attitudine tipica del depressive black. Per le sue composizioni sceglie suoni piuttosto minimali, senza pasticciare più di tanto con continue sovraincisioni o arrangiamenti che in un progetto raw depressive black sarebbero privi di senso, e le vocals sono ammantate di malinconia, crude e gracchianti. Secondo i canoni dell’estetica tradizionale sgradevoli, ma nondimeno perfette per il black metal che suona lui. Ma le armonie sulle note alte che usa per conferire tragicità alle sue composizioni sono probabilmente uno dei tratti più esclusivi della sua band che, in questo modo, è riuscito a distinguersi dalla massa e a conseguire un discreto successo nell’ambito dell’underground. Anche nel suo caso molte edizioni fisiche sono uscite solo in cassetta in tirature limitata a pochi esemplari, impossibili da trovare nemmeno a prezzi da rapina a mano armata. Molta altra roba gliela pubblica Wolfspell, prestigiosa label polacca che tra l’altro ha un mailorder cinque stelle lusso a prezzi discreti e spese di spedizione abbordabili, e questa si trova facilmente.
Per ultimi gli inglesi VENYMYSGOURVLEYDH, anche loro una one-man band di tale Nostalggia (con due G), al secolo Sam Clark, altro personaggio che suona almeno in una decina di altre band tutte nel roster della fantomatica Inverse Solar records, cosa che mi fa supporre che l’etichetta sia sua o faccia capo a lui e che, in fin della fiera, lui si autoproduca i dischi. Niente di sicuro, è solo un mio sospetto. Appassionato di nomi criptici, forse per ritorsione nei confronti del suo nome che più banalissimamente inglese di così si muore, il Mister è solito mettersi davanti ad una tastiera di computer con la mappa caratteri aperta, digitare lunghe stringhe di lettere a casaccio e, con quelle più soddisfacenti, nominare uno dei suoi side-project. Per tutti valga l’esempio degli Forþfæderasþrymcymeúpsprungennes, nome che penso non abbia etimologia nemmeno nella lingua degli abitanti del sistema solare di Aldebaran. Altri suoi progetti hanno nomi meno assurdi, tranquillizzatevi. Questo tipo è sì un po’ sghembo ma non irrecuperabile, con un po’ di buona volontà lo si può salvare. I Venymysgourvleydh sono gli ultimi arrivati essendo attivi da un annetto abbondante, periodo comunque sufficiente alla pubblicazione di quattro demo e un EP e alla partecipazione allo split in esame. Con questa incarnazione suona un raw/ambient black metal dai connotati piuttosto moderni, quel tipo di sonorità che utilizza alcune peculiarità del black metal miscelandole con praticamente qualsiasi cosa gli venga in testa. Nome a parte, che farebbe meglio a cambiare ed anche alla svelta perché queste pagliacciate potevano funzionare nel 1992 quando le faceva Belketre ma oggi non impressionano più nemmeno i ragazzini in tempesta ormonale e conseguente crisi di ribellione al sistema, Sam scrive musica interessante. Magari a volte un po’ prolissa ma, siccome questa è di sicuro la sua intenzione, non è criticabile per questo, va a gusti. Secondo me per scrivere brani da venti ed oltre minuti ci vuole una ricerca ed un talento non alla portata di tutti, ben lieto di essere smentito.
Così, per farla breve, qualche tempo fa i ragazzi si sono radunati ed hanno come si suol dire “regalato ai fans” (previo pagamento di una certa quantità di svanziche) il 4-way split Allegiance to Forgotten Blood nel quale Elegiac mette due brani, Wintaar tre, Nyctophilia due e l’inglese (facciamola breve) uno solo, che però dura 19 minuti. Sarà pur vero che nessuno di loro sta inventando l’acqua calda, nessuno di loro suona musica mai sentita, originale e fresca come una folata di vento di montagna a primavera ma io sfido chiunque apprezzi il black metal a non scapocciare sui due pezzi epic coinvolgenti come Following the Voice of Blood che ci serve Elegiac, lo stesso per i freddissimi pezzi di Wintaar, per le melodie maledette di Nyctophilia e per la lunghissima, strana e dissonante Battle of the Tides che chiude il disco, dopo circa settanta minuti. Il formato 4-way split è tra tutti quello che adoro di più: ci sono quattro gruppi, ognuno dei quali suona per un tempo più che adeguato per capire se i pezzi e la band sono validi o no, si possono ascoltare modi diversi di interpretare il genere in un unico disco da parte di quattro gruppi che in caso contrario o non si sarebbero presi in considerazione oppure avrebbero comportato una spesa ben più elevata (sempre parlando dell’acquisto del pezzo fisico). Non posso che caldeggiarne l’acquisto o quantomeno l’ascolto, sia che i nomi dei gruppi già vi siano familiari sia che non abbiate mai sentito nominarne nessuno. Può essere un buon punto di partenza per recuperare altri loro lavori, partendo dal presupposto che, in discografie vastissime come le loro, non tutti i prodotti sono all’altezza. Allegiance to Forgotten Blood è divertente, vola via perché, costringendo le band ad essere sintetiche, le ha costrette a mostrare il proprio meglio (tolti i Nyctophilia, che brani inutili in tutta la carriera non ne hanno scritto manco uno e il loro meglio lo mettono in ogni suo disco: Grief è un fenomeno, ragazzi), ed il risultato finale è eccellente. (Griffar)
minchia, solo un mangiahamburger poteva usare per un gruppo black una foto promozionale pieno di tatuaggi, dilatatori alle orecchie, le bretelle e la faccia di Kabir Bedi con le coliche. Mi ha messo il buonumore per una decina di giorni. Un eroe dei nostri giorni.
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Sono rimasto incuriosito da Wintaar.
Una persona che riesce anche solo concettualmente a pensare 9 album per la sua band principale in un anno solare, più tutti gli altri album, EP, demo etc pubblicati con gli altri progetti (tutti sempre solisti) o è un genio o è completamente pazzo.
Sentendo un disco a caso tra i pubblicati nel 2021 (Tear you Down) devo ammettere che è roba carina.
Niente di rivoluzionario ma fatto bene.
La domanda giusta è stata già posta prima : ma perché non seleziona meglio e diventa una star?
Degli altri approfondirò.
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