Disperazione cosmica: ORNAMENTOS DEL MIEDO – Ecos

C’è da essere grati alla smania classificatoria dei metallari. A dire pop, si specificherebbe infatti ben poco. Synth pop, e già le idee sarebbero più chiare. Ma se dicessi atmospheric funeral (death) doom (metal) (… rock?) ecco che i tre quarti della recensione sarebbero già bell’e scritti. Cosa suoni il tuttofare che si cela dietro il nome Ornamentos del Miedo dovrebbe essere chiaro, quindi. Che poi io non avrei proprio dimestichezza con questo mesto microgenere, ma essere incappato negli stupendi Shape of Despair perché inclusi nella lista di band di un festival mi ha aperto, di un poco, gli orizzonti. Beh, entrando nel merito, Ecos è veramente un bel sentire. Con binari così definiti la differenza, al solito, la fanno le canzoni, ma, ancor di più, la capacità di tenere in piedi tensione e un senso di disperazione cosmica per tutta la durata dei pezzi che, dati i BPM, non può che essere considerevole.
L’artefice, dicevo, è uno solo, tale Angel Chicote da Burgos, Spagna, che sembra essere impegnatissimo nella scena metal locale con progetti di vari altri generi. Qui se la vede con quello con il quale finnici e sovietici hanno magari maggiore affinità geopolitica di chi proviene dall’assolata Spagna. Prima che ricerchi le statistiche metereologiche della Castiglia però lo dico subito: in Ecos di raggi di sole non ce n’è, anzi. Né nulla che faccia pensare al folklore iberico. Invece la tensione è semmai ascetica o, come appunto dicevo, cosmica, coi tappeti di synth che ammantano i paesaggi terreni delle chitarre ascendendo e rarefacendo ossigeno, rischiarando a tratti col bagliore di qualche stella lontana. Sotto, le chitarre si intrecciano, arrancano e affondano nel fango più nero.
Siamo davvero non lontani da un Monotony Fields. Quasi anche a livello qualitativo, per larghi tratti, ed è questo il bello. Certo, qualche difetto c’è: In un paio di episodi le chitarre decelerano ricercando un effetto di sfasamento, ma in realtà sembra non vadano proprio a tempo, e non è un risultato felicissimo. Ma son dettagli. Mancano gli intrecci con le incantevoli voci femminili del riferimento finlandese, ma forse con quelle sarebbe persino un ulteriore sub-genere? Oh, io ci scherzo su, sdrammatizzo. È che oggi non mi va di essere pesante, già ho i fatti miei. Ma Ecos è un disco dannatamente serio e al prossimo lockdown io so cosa mettere in cuffia, guardando melanconico dalla finestra. Che fuori nevichi o no. (Lorenzo Centini)